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Prima il suono di clascon. Il segnale, ovviamente.

–Preparati, Roxanne!– gridò allora Laurence Moore, afferrandosi alla sua gabbia. A cosa, nemmeno lui lo capiva.
Natalya Long si sollevò dalla gabbia dell'Immacolata che aveva torturato fino a quel momento con sottile piacere per guardare sorpresa l'uomo.

–Oh, ho, siamo svegli, vedo, mio caro veterano. Non ho ancora pensato a nulla per te, purtroppo, ma vedrai che ci sarà modo di divertirci, tu ed io, insieme...
Fu allora che ci furono gli spari di mitragliatore. E Natalya Long, che fino a quel momento aveva vissuto nel suo piccolo mondo magico, dovette ritornare improvvisamente alla realtà.

–Ma che diavolo...

Fu allora che il camion colpì qualcosa. Poi il mondo si capovolse, la gravità impazzì, e Laurence Moore si ritrovò a volare nella sua gabbia, aggrappato alle sbarre in un inutile tentativo di tenersi a qualcosa.
Durò pochi istanti, ma fu puro panico, fino a quando non colpirono terra, e tutto intorno a loro esplose.
Moore rimase senza sensi per qualche secondo, ma si riprese in fretta. Sentiva sapore di sangue nella sua bocca, ma non gli importava assolutamente nulla. La gabbia era stata danneggiata. Si sentiva ancora debole, doveva essere qualcosa che gli avevano dato, ma con qualche calcio riuscì a farla saltare.
Più lentamente del previsto, in un tempo che gli parve lunghissimo, riuscì a trascinarsi fuori, gemendo e strisciando.
La luce si era spenta, ed intorno a lui c'era solo buio. Qualcuno gemeva, da qualche parte, ma non riusciva a capire se fosse Roxanne, Natalya Long oppure Montgomery.
Quello che gli avevano dato, qualunque cosa fosse, aveva ridotto la sua forza e i suoi riflessi, ma non la sua capacità di vedere nel buio. Mentre fuori iniziava a sentire i primi suoni di una nuova sparatoria, i suoi occhi si erano già abituati all'ambiente.

Il camion si era ribaltato di fianco, qualunque cosa avesse escogitato colui che si era infiltrato nel sistema di comunicazione degli Immacolati, aveva funzionato. Ora doveva solo prendere Montgomery e Silas ed andarsene da lì, chiedere rinforzi.
Fece per andare al trasmettitore impiantato nella sua tempia, per l'abitudine, ma ovviamente nessuno rispose alla sua chiamata. Lo avevano staccato dal sistema di comunicazione degli Immacolati.

Ci fu un grugnito vicino a lui. Si voltò e vide una figura muoversi per terra, contorcersi, gemere e, infine, sghignazzare.

–Oh, complicazioni, nuove complicazioni...– disse. Dopodiché si mise faticosamente in piedi. L'incidente doveva averla proiettata da una parte all'altra dell'abitacolo, si teneva un braccio, dolorante, eppure era nuovamente in piedi. Sorrideva.
–Mi domando che cosa stia succedendo adesso...

Il portello si aprì brutalmente, venendo quasi sradicato vero l'esterno. La luce del sole irruppe violentemente all'interno, ferendo agli occhi Long, che non riuscì a capire chi fosse l'uomo che era comparso.

–Oh...– fece Natalya, una volta visto l'uomo sulla soglia. –E tu chi saresti, una sorta di mercenario? Non mi pare di averti mai visto prima. E quella maschera? Davvero di pessimo gusto.

L'uomo non disse nulla. Si limitò ad avanzare nell'abitacolo, diretto verso Natalya Long. Moore lo guardò sconcertato. Nella mano destra reggeva un martello da fabbro. Aveva fermato il camion con un martello da fabbro?

–Così... sei venuto a reclamare le mie prede?– continuò Natalya Long. –Devo avvisarti... ti stai mettendo contro dei poteri formidabili. Per arrivare sin qui... ho speso enormi risorse. Risorse messe in campo da persone che non accettano i fallimenti. Rischi di attirare su di te un enorme vespaio...

L'uomo si era guardato in giro, ed aveva individuato facilmente la cella dove era stata collocata Rachel Sondberg, ancora esanime, legata ed imbavagliata. Era riversa in un angolo, poco distante da Natalya Long, che si affrettò a mettersi tra la ragazza e il nuovo venuto.

–Mi sono spinta troppo in là.– ansimò. –Ho utilizzato un'arma segreta, sviluppata dai laboratori clandestini di organizzazioni abbastanza potenti e senza scrupoli da volermi morta se non porto a termine la missione. E facendo ciò, ho ucciso due Immacolati. Se mi fermo ora, c'è solo un destino che mi attende.

L'uomo sembrò non volerla stare a sentire. Sollevò la mano destra, indicandole il petto.

La donna iniziò a boccheggiare, come se qualcosa l'avesse afferrata per la gola. Fu lì che le mani annasparono, tastando il collo, alla ricerca di qualcosa su cui poter far appiglio. Ma non c'era nulla. Sembrava che stesse facendo tutto da sola. Moore osservò tutto ciò incredulo, senza capire cosa stesse accadendo.
Infine la Long si accasciò a terra, esanime, e solo allora sembrò ritornare a respirare normalmente.
L'uomo si avvicinò alla cassa e, afferrate le sbarre, le divelse con facilità. Afferrò Rachele Sondberg e se la caricò in spalla come se fosse stata un fuscello.
Girandosi, incrociò lo sguardo di Laurence Moore.
Fu così che l'Immacolato vide la sua maschera, che gli copriva interamente il volto. Dal buio del cappuccio, si vedeva a malapena. Quello che risaltava enormemente, era la luce rossa degli occhi, intensa come sangue.

L'uomo in nero rimase immobile per un interminabile secondo, come se volesse giudicare il destino di Moore, se dovesse vivere o morire lì, in quel giorno.

Dopodiché uscì da quel luogo, scomparendo con la ragazza.

–Missione compiuta, Moore.– disse la voce del giovane nella sua testa. –Ce ne andiamo con quello che volevamo. Buon divertimento, a fare pulizia laggiù. Passo e chiudo.

Long iniziò a sghignazzare, per qualche motivo impreciso. Dopodiché Moore sentì che le sue forze venivano meno, e perse conoscenza.

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