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Babylon occupava nel complesso una superficie immensa. Al suo interno aveva incapsulati due laghi ed alcuni fiumi, diverse colline, un'ampia pianura, e molto altro ancora. Le mura cittadine avevano un perimetro lungo svariati chilometri, costantemente pattugliati da alcune guardie robot il cui codice era stato negli anni aggiornato costantemente da IRIS. Nessuna minaccia, stando a quanto raccontavano gli annali, era mai riuscita a giungere all'interno della città, oltrepassando quelle mura.

Inoltre, qualunque cittadino sarebbe potuto uscire da Babylon, senza nessun tipo di restrizione, se lo avesse voluto fare. Una volta messo piede al di fuori delle mura, tuttavia, avrebbe perso a vita il diritto di cittadinanza, e un suo tentativo di rientro nella città sarebbe stato visto dai robot di guardia come un tentativo di invasione, e come tale osteggiato.
Tali robot erano creature dalla forma che rassomigliava a quella umana. Erano grossi e lenti, ma numerosi, armati con fucili ed altre armi celate dietro le spesse armature luccicanti alla luce del sole. Non avevano dei veri e propri volti, quanto piuttosto un intrico di sensori e telecamere che li formavano, e che monitoravano ciò che succedeva intorno a loro a 360 gradi. Si muovevano impacciati, ma solidi sulle gambe, e con un aspetto quasi nobile nel portamento. Erano perlopiù silenziosi, e quasi mai venivano sentiti negli agglomerati urbani all'interno delle mura, sebbene venissero costantemente riforniti di armi, creati nelle fabbriche interne cittadine, facendo quasi supporre ai cittadini di una guerra sul fronte delle mura. Una guerra a cui però non erano minimamente interessati.

Nel centro di Babylon vi era invece un grande giardino, uno dei più grandi giardini privati della zona residenziale della città. Questo giardino apparteneva ad un uomo che rispondeva al nome di Eugene Morgan che era uno dei più ricchi, se non il più ricco, di Babylon.

Il giardino era l'ingresso alla sua industria, la Morgan, una delle pochissime ad avere il monopolio della modifica del DNA degli abitanti della città.
Morgan, dal canto suo, era famoso in città in quanto passava la maggior parte del suo tempo a curare il suo giardino insieme ai molti giardinieri umani che lo aiutavano. Da molti anni permetteva a giovani ed adulti di visitarlo, spesso fermandosi a parlare con loro.
Durante i primi anni nessuno nemmeno sapeva che fosse proprio lui il magnate, così schivo alla vita sociale cittadina, sempre chiuso nella sua dimora. Poi, pian piano, la voce si era diffusa: un uomo di mezz'età, dai capelli color paglia, gli occhi azzurri, pieni di una tristezza distante e stanca, affaticata dagli anni e dai sacrifici. Un volto però spesso sorridente, pieno di comprensione. Amava le storie, amava raccontarle ed ascoltarle. I suoi robot all'ingresso erano dotati di particolari sensori in grado di riconoscere la maggior parte dei giornalisti che cercavano di entrare per intervistarlo (dopotutto, aveva nei suoi archivi il codice genetico della quasi totalità degli abitanti di Babylon), lasciando il passaggio ai semplici curiosi, i passanti, gli appassionati di botanica, i giovani innamorati che desideravano fuggire un attimo dal loro mondo.
Morgan garantiva loro che nel suo giardino non ci fossero telecamere, né sensori di altro tipo. Era uno dei pochi luoghi pubblici sicuri di Babylon, un luogo dove coloro che si sentivano schiacciati dalla città potevano rifugiarsi a guardare il cielo senza che esso fosse soffocato dai grattacieli della città.

–Una cosa che mi ha sempre rattristato molto...– stava raccontando quella mattina ad una vecchia donna con cui era solito parlare da anni, mentre intanto potava una siepe lì vicina, –è la caducità umana. Ci vogliono anni solo per istruire un giovane uomo. Renderlo adulto, capace di contribuire alla società. E poi, in un attimo, può essere spazzato via, ucciso, come se la sua vita non fosse stata di nessuna importanza. Ho sempre trovato tutto questo... ingiusto. Non trovi?

La donna era seduta in una panchina, poco distante. Era vecchia, all'apparenza molto fragile. Indossava un abito dal colore rosa molto chiaro, un cappellino ed una spilla dorata raffigurante una farfalla dal colore bluastro.

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