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Quale era la statistica? Rachel cercò di ricordarsela. Doveva averla letta, da qualche parte. Sembrava che circa il 70% dei manifestati venisse catturato entro le prime dieci ore dalla denuncia. Un altro 20% veniva catturato entro le prime ventiquattro. Il 5% si suicidava prima di venire preso. Il 3% si consegnava spontaneamente agli Immacolati. Il 2% spariva, senza lasciare traccia, prima che gli Immacolati potessero prenderlo.

Ma cosa succedeva, a coloro che venivano presi? Nessuno lo sapeva con certezza, nessuno se ne interessava. Questa era una cosa strana. Man mano che i minuti passavano, i pensieri di Rachele si facevano sempre più frenetici, sempre più angosciosi. In venti anni di vita, non si era mai chiesta che fine facessero i Manifestati. Perdio, non si era mai nemmeno chiesta che fine avesse fatto Teresa!
Tutto quello che era rimasto in lei, dopo la scomparsa di quelli che riteneva la sua migliore amica, nonché una delle persone più eccezionali che avesse mai conosciuto, era stato un misto di tristezza e senso di inevitabilità.

Aveva studiato le fasi dell'elaborazione del lutto. Vi era stata l'incredulità, ma aveva completamente saltato la fase della rabbia, passando immediatamente alla contrattazione, la fase di depressione (incredibilmente breve), fino ad arrivare all'accettazione. Aveva già accettato la scomparsa della sua amica?
Sì, si rese conto. Non c'era alcun dolore in lei. Non c'era alcuna tristezza.
Teresa era scomparsa da sei mesi, ormai, e lei aveva già superato la sua perdita. Fino a quel momento.
In mezzo al turbine di emozioni dovute alla definitiva conferma del fatto che anche lei si stava Manifestando, le ritornavano sempre di più alla mente immagini e ricordi di loro due insieme.
Come di quei giorni in cui, scherzando tra di loro, si chiedevano cosa avrebbero fatto se fosse saltato fuori che una di loro due si sarebbe Manifestata.

–Beh, la città ti celebrerà per qualche ora, no?– aveva detto Rachele, considerando tutti i fattori. –La tua foto sarà su tutti i giornali, su tutti gli schermi, e tutti andranno dai tuoi a dispiacersi e a fare le loro condoglianze. Qualche ora di fama.

–Sì, ma tu non sarai lì a godertela.– aveva commentato Teresa.
–Beh, certo che no.
–E non ti fa scattare niente questo?– aveva commentato l'amica, osservandola come se fosse una pazza.
–In che senso?
–Voglio dire, un programma decide che c'è qualcosa che non va in te, dei tipi in uniforme vengono a prenderti, dopodiché non si saprà più nulla di te. Non si sa che fine fai, se vieni semplicemente incarcerata o... o peggio.
–Ma Teresa, che dici! È ovvio che IRIS abbia un piano per i Manifestati! Sono comunque cittadini di Babylon!
–No. Per legge non lo sono più. Non hanno più alcun diritto a nessuno dei privilegi dei cittadini. Per questo vengono cacciati dagli Immacolati.
–Beh, allora male che vada IRIS li farà sbattere fuori dalle mura.
–E tu non sei nemmeno un poco interessata a scoprire cosa ci sia fuori da queste mura, se è vero che ci manderanno là?
–Beh, nulla di buono, immagino.

Teresa aveva sbuffato, esasperata. –Io non capisco, davvero non capisco.
–Cosa non capisci?
–Non capisco te. Tu sei sempre una ragazza così intelligente. Ma quando si parla di questi argomenti, quando parlo con chiunque di questi argomenti, diventano tutti... tutti così stupidi. È come se non ci pensaste, come se anche solo il pensiero di cosa succeda ai Manifestati non riesca nemmeno a essere contemplato dalle vostre menti. Nessuno che si interroghi al riguardo, nessuno che faccia domande. E ogni volta che sollevo la questione è un continuo dire: "Ma Teresa, di cosa ti preoccupi? Non sono affari tuoi!". Come se la questione non avesse importanza! È qualcosa che mi dà ai nervi.
–Ma... Teresa...– aveva risposto timidamente a quel punto Rachel. –In effetti non sono cose che ci riguardano. Perché dovremmo preoccuparci?
–Ti sei mai chiesta perché noi ci interessiamo di politica, di religione, di filosofia?– aveva risposto Teresa, prendendole le mani in un disperato tentativo di creare un canale che evidentemente non sentiva presente in quel momento tra loro due. –Ti sei mai chiesta perché parliamo di tutte queste cose? In verità, non sono necessarie per noi, o sbaglio? A noi basterebbe parlare di cibo per nutrirci, vestiti per scaldarci, dimore per proteggerci...
–Ma Teresa, sai molto meglio di me che l'essere umano non è solo questo!
–Esatto!– aveva ribattuto euforica l'altra. –Esatto! È proprio questo! Non siamo solo quello! Siamo molto altro! Migliaia di domande apparentemente inutili, che invece rispondono a bisogni molto importanti, solo nascosti dietro i primi, più impellenti. È come se questa città avesse fatto in modo di coprire alcuni di questi bisogni, come se avesse rimosso alcune di queste domande. Cosa c'è fuori dalle mura? Chi sono veramente i Manifestati? Cosa c'è che non va in loro? Che fine fanno? E perché IRIS, o chi per lei, ha deciso questo? Quando, e con quale criterio?

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