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–Così, a Rachel piace scrivere?– domandò Laurence Moore, vice responsabile generale del dipartimento di ricerca e cattura dei Manifestati degli Immacolati, nonché istruttore capo di suddetto dipartimento, appoggiando la tazzina di porcellana sul suo piattino. –Un caffè davvero molto buono, signora Sondberg.

–Grazie– rispose, con tono appena esitante la signora, annuendo impercettibilmente.

La scena era imbarazzante a dir poco. I due coniugi Sondberg erano seduti al tavolo della cucina, insieme all'Immacolato Moore, mentre altri due giovani reclute stavano in piedi affianco alla porta. Un ragazzo ed una ragazza, entrambi in una posa che non era sull'attenti ma nemmeno rilassata. Erano le reclute Immacolate, affiancate a Laurence Moore per imparare il mestiere più rispettato ed ammirato dell'intera città di Babylon. Nonché il più temuto.

I bambini nelle strade giocavano ad essere Immacolati, l'uniforme candida come la neve, il distintivo d'argento, insieme all'anello con l'albero della vita, erano tra i simboli popolari più conosciuti e rispettati dalla gente.
In qualsiasi altra occasione, sarebbe stato un grande onore e privilegio avere gli Immacolati in visita a casa loro. Qualsiasi altra occasione, tranne quella.

Moore era un uomo alto e affasciante, con uno stile nel muoversi e parlare che denotavano una grande fiducia in se stesso. L'uniforme gli donava non poco, conferendogli un'aura di autorità e rispetto che aveva pochi eguali anche all'interno delle stesse forze dell'ordine di Babylon. La sua voce era calma e amichevole, non denotava assolutamente alcun intento intimidatorio. Dal suo atteggiamento, sembrava quasi un vecchio amico venuto in visita.

I coniugi Sondberg, d'altro canto, erano tesissimi. I loro movimenti, come le loro risposte, erano stati tesi e rapidi. Sembrava che stessero camminando su un tappeto di gusci d'uovo, preoccupati di produrre un disastro con il prossimo passo. Tuttavia, Moore non sembrava insospettito da tale comportamento, né tantomeno sembrava mostrare una qualsiasi sorta di ostilità nei loro confronti.
Non appariva, come si erano aspettati marito e moglie, come un cacciatore intento a raggiungere la sua preda. Sembrava che stesse deliberatamente ritardando l'inevitabile, a suo stesso rischio e pericolo. Ma questo, semmai, lo faceva apparire ancora più pericoloso di quanto non sarebbe apparso un mastino in cerca spasmodica della propria preda. Un uomo che non ha fretta è un uomo che sa di aver già vinto.

–Lo sapete, questi due ragazzi...– iniziò a raccontare, dopo aver cambiato posizione sulla sedia ed accavallato le gambe con estrema grazia, –sono davvero bravi. Due delle migliori reclute che io abbia avuto in molti anni. D'altro canto, erano sempre i primi nella loro classe di reclute come voti e prestazioni fisiche. Per questo, quando è stato il momento di affidarli ad un tutor per i loro primi passi nel duro mondo degli Immacolati, hanno scelto me. Personalmente, amo molto i ragazzi, i giovani. Penso siano il futuro di questa città, senza dubbio. Lo ripeto sempre a mia figlia, che se una società vuole progredire, deve guardare ai giovani. Quando una nazione, un paese, o anche solo una comunità, di qualunque magnitudine si parli, inizia a essere negligente nei confronti dei suoi giovani, significa che sta perdendo il senso della realtà. Significa che si sta avvicinando al suo declino.

Moore fece una pausa, sorridendo ai due ragazzi dietro di lui, i quali però non fecero una piega, né distolsero lo sguardo dal punto in lontananza che avevano fissato da quando erano entrati nella stanza.
Adam Sondberg li scrutava da quando erano entrati nella sua casa. Non aveva mai visto prima dei ragazzi così intimidatori come quelli. Né così tanto impauriti.

–Come si chiama sua figlia, signor Moore?– chiese Lidia Sondberg, lieta di poter continuare a prolungare quella lunga attesa.
–Oh, si chiama Sara.– rispose lui, sorridendo amabilmente. –Sa, ogni volta che mi metto a parlare di lei tenderei a non smettere più. La gente dice che le voglio troppo bene, davvero troppo bene. D'altro canto, rivedo in lei ogni giorno di più sua madre, e questo non fa che rendermela più preziosa, sempre che questo sia possibile. Vede, anche lei ama scrivere. Ha iniziato da piccola, con piccole storie di fate e maghi. Quello che immaginano ragazzini della sua età, ovviamente. Scriveva per tutto il giorno, alle volte senza nemmeno uscire a giocare con gli altri ragazzini. La sera poi, davanti al fuoco, chiedeva di sedere sulle mie gambe e si metteva a leggere quelle storie. Ed è una cosa bizzarra, non crede? Solitamente sono i genitori che raccontano le favole ai figli, soprattutto quando sono piccoli, per farli addormentare. Invece io arrivavo a casa, la sera, dal lavoro e... beh, effettivamente erano poche le sere in cui tornavo presto dal lavoro in quegli anni perché, sapete, la carriera, la giovinezza, la voglia di emergere, l'orgoglio, la competizione... cosicché ogni tanto tornavo a casa, e lei era sveglia ad aspettarmi. Aveva cinque o sei storie che aveva scritto nei giorni precedenti e non era riuscita a leggermi perché non era riuscita ad aspettarmi in piedi. Allora mia moglie mi guardava. Non diceva niente. Mi guardava e basta. E non c'era troppo rimprovero nei suoi occhi, ma era ovvio quello che mi chiedeva. Mi chiedeva di sedermi lì ed ascoltarla. Ed io allora mi sedevo, sulla sedia, mentre lei mi preparava qualcosa di caldo da mangiare, e Sara si sedeva sulle mie gambe e iniziava a leggermi le sue storie. E avreste dovuto vederla, sì, davvero, avreste dovuto vederla. E sentirla, soprattutto. Se ne stava seduta con questa schiena dritta dritta, e con una certa impostazione di voce, per darsi un tono. Ed io ogni volta mi chiedevo: come avrà fatto a imparare a leggere in questo modo?

Annuì, indulgendo su quei ricordi.
–Ad ogni modo, sto divagando. Non siamo qui per mia figlia, ma per la vostra.

Guardò dritti negli occhi i due suoi interlocutori. Il suo sorriso non vacillò, la sua voce non cambiò tono.

–Abbiamo ricevuto questa mattina l'avviso della sua prossima Manifestazione. Un calcolo ottenuto dalla vostra intelligenza artificiale di supporto domestico che presenta una stima dell'accuratezza della previsione del 97.8%. Odin. Un ottimo modello, davvero. Devo dire che come percentuale è molto alta. Una delle più alte che io abbia mai incontrato, a dire il vero. Subito dopo, la vostra intelligenza artificiale si è disattivata. La qual cosa mi fa intuire che la giovane Rachel o uno di voi due, tenderei ad escludere il piccolo secondogenito, abbia forzato il sistema di sicurezza dell'AI, disattivandola.

Lidia Sondberg impallidii, e i suoi occhi corsero colpevolmente verso il marito. I due uomini si guardarono per qualche istante, dopodiché Laurence Moore annuì, soddisfatto.

–Proprio così. Tecnicamente, la legge dice che io dovrei portarla dentro, signor Sondberg. Per intralcio ai miei uffici, o qualcosa del genere. Ovviamente, se lei non parlerà, io non parlerò.

Sondberg rimase confuso da ciò che aveva sentito.
–Cosa...

–Mi ascolti bene, Adam. Posso chiamarla Adam? Sa, lei mi ricorda molto un mio vecchio amico, giù in caserma. Sono sicuro che anche io e lei possiamo essere amici. Sono passato attraverso questo genere di situazioni talmente tante volte che ho perso il conto da alcuni anni, ormai. Io troverò sua figlia. Non ci sarà modo per lei di sfuggirmi. E né lei, né sua moglie, la rivedrete più. La città la celebrerà, dopo la cattura, per qualche ora, non di più. Dopodiché, si perderà ogni memoria di lei. Verrà completamente cancellata dagli archivi, scomparirà dai discorsi della gente, dalle pagine di diario dei suoi amici, dalle foto della scuola. Sembrerà come se non fosse mai esistita. E sa perché? Per legge. Ma la legge non ha alcun potere sul cuore di un padre o di una madre, dico bene? Mentre il resto del mondo potrà fottersene allegramente di vostra figlia, voi, d'altro canto, sarete soli in una battaglia in cui nessuno potrà aiutarvi. Dovrete sorridere quando tutto ciò che vorreste fare sarà piangere e disperarvi e cercare in tutti i modi di ritrovarla, di rivederla. Ma non accadrà. Voi non la rivedrete più. Questo perché è il mio lavoro assicurarmi che ciò non accada. Ed io sono bravo nel mio lavoro, terribilmente bravo. Ma sono anche un genitore. Dovrete vivere con un dolore che non meritate, in un mondo che non vi ascolterà. Inoltre, dovrete anche affrontare la sfida di spiegare al vostro secondogenito cosa è successo, insegnargli a dimenticarsi di sua sorella. È già abbastanza, per quel che mi riguarda. È molto più di quello che ho dovuto affrontare io.

Senza preavviso, Laurence Moore si alzò e guardò con un'espressione molto simile alla misericordia i due coniugi.
–Non fate null'altro di stupido, e tutto andrà bene. Una AI che non comunica più col quartier generale... cose che succedono. Guasti, malfunzionamenti nella linea. Nulla di insolito, se nessuno vi vuole vedere alcunché di insolito. E credetemi, nessuno vuole farlo. Non uscite di casa, oggi. Non andate al lavoro, non andate da nessuna parte. Attendete la notizia della cattura. Solo allora, solo allora potrete riprendere a vivere. Non vi dirò di non pregare, perché non ho un tale diritto su di voi. Ma sappiate che sarà inutile.

–Lei ha detto...– disse Lidia Sondberg, tremando da capo a piedi –Lei ha detto che... è più di quanto lei ha dovuto affrontare. Significa che anche lei... che sua figlia...

Moore non rispose subito. Si voltò, fece un cenno ai suoi due attendenti, ed essi scattarono, uscendo velocemente dalla stanza.
Moore raccolse il suo cappello dal tavolo e si avviò verso l'uscita a sua volta.

Si fermò ad un passo dall'uscio e disse, senza voltarsi a guardarli: –Le diedi la caccia io stesso. Non avrei permesso a nessun altro di farlo.

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