CAPITOLO 27

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Il primo compleanno dei gemelli fu un evento per la famiglia Divit-Aydin.
Can riempì la piscina di gonfiabili colorati e il giardino si trasformò in un piccolo luna-park!
Ateş, Yıldız e Deniz, con passi incerti, camminavano verso mamma e papà che li attendevano davanti a tre mega torte. Sul finire del pomeriggio, alti nel cielo, furono sparati anche fuochi d'artificio.
Can e Sanem osservavano i loro cuccioli dormire nei loro lettini, poi si guardarono e come sempre i loro occhi si incatenarono e tutto il mondo intorno sparì.
"Siete la mia vita..." sussurrò Can alla sua Sanem che prese suo marito per mano e lo condusse nella loro camera per abbandonarsi nel loro mondo fatto di complicità e amore.
Il mattino seguente a Friki Harika era una giornata movimentata.
Sanem e Can, come al solito, erano nell'archivio a scambiarsi baci e carezze quando Deren chiamò Sanem al cellulare.
"Sanem, amore mio, che hai? Cosa ti ha detto Deren?" chiese Can a sua moglie più bianca di un cencio.
Ma Sanem non riusciva a parlare: tremava e un nodo le attanagliava la gola.
Can non capiva la reazione di sua moglie e l'arrivo di Deren in archivio lo allarmò ancor di più: lasciò le due donne lì, strette l'una all'altra, e si recò nel suo ufficio.
L'urlo di Can riecheggiò in tutto l'ufficio e svegliò Sanem dal torpore in cui era sprofondata.
Con Deren raggiunse suo marito nel loro ufficio.
"Non hai nessuna vergogna? Come osi presentarti qui?"
Can era furioso; Sanem era tanto tempo che non vedeva suo marito così adirato.
"Yiğit... Cosa ci fai qui ad Istanbul?" chiese Sanem.
Can tremava dalla rabbia e i suoi occhi erano due fessure.
Sanem strinse la mano di suo marito: quel contatto parve calmare un po' Can che non perdeva d'occhio quell'uomo tornato dal passato e che aveva fatto soffrire tanto sia lui che Sanem.
"Sono venuto a trovare mia madre e ho saputo della morte della signora Hüma... Mi spiace tanto Can per la tua perdita..." disse Yiğit senza togliere gli occhi di dosso a Sanem.
"E volevo chiedervi scusa per tutto il dolore che vi ho causato. Non ho scuse ma la paura di perdere Sanem non mi ha fatto ragionare..."
"Ma come parli? La paura di perdermi? Non potevi perdermi perché non mi hai mai avuta, perché io sono sempre stata di un solo uomo. Uomo che tu e la signora Hüma avete distrutto in nome del vostro amore malato nei nostri confronti..."
"Vattene!" urlò Can.
"Va via Yiğit... E non tornare mai più. Hai sconvolto fin troppo le nostre vite... Ho sofferto molto per colpa tua..."
Deren, che era ferma sulla porta, indicò all'uomo l'uscita.
Yiğit guardò Can e Sanem e andò via senza dire più nulla.
Sanem si buttò tra le braccia di Can che la strinse forte a sé. Restarono così, senza parlare, stretti, i cuori che battevano impazziti.
"Ho bisogno di aria Sanem... E di stare un po' solo..."
"Stiamo soli insieme..." chiese Sanem prendendo la mano di Can.
"Andiamo" rispose Can baciando sua moglie.
In auto Sanem chiamò Mevkibe chiedendole di restare con i piccoli fino al loro ritorno.
Can guidò fino al rifugio: era il loro posto speciale, pieno di ricordi, era la casa del loro amore.
Appena entrati, Can baciò sua moglie, un bacio appassionato, mentre le mani percorrevano il suo corpo, bramose di quella pelle, di quel profumo che era Inferno e Paradiso insieme.
Si spogliarono senza smettere mai di baciarsi, fecero l'amore arrivando insieme al piacere e rimanendo abbracciati, persi l'uno nello sguardo dell'altra.
Lo squillo del telefono distolse i due innamorati.
Era Mevkibe, preoccupata per Can e Sanem: aveva saputo di Yiğit da Leyla...
"Stiamo bene mamma... I bambini? Ok, torniamo presto..."le disse Sanem.
"Amore, prima di andare a casa, dobbiamo andare sulla barca" esordì Can.
Il tragitto si svolse in un silenzio pesante: Sanem non sapeva che pensare.
Arrivati alla barca, Can la portò al largo non molto lontano dalla costa poi si recò sottocoperta e ne ritornò con un diario.
"Sanem quando ti ho detto addio e sono andato via è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto... Ho pianto tanto e sofferto ancor di più. Anch'io sono impazzito... Ma, mentre tu eri circondata da tanto amore, io ero solo con i miei demoni... Questo è per te... Su questo diario ho annotato i miei pensieri, il mio dolore, il mio infinito amore per te... Perché, anche se ero lontano da te, tu sei sempre stata con me: nel battito del mio cuore, nelle mie lacrime, nei miei ricordi, nell'aria che respiravo, nel cielo, nella luna e nel sole e nel nostro profumo..." confessò tirando fuori dalla tasca del jeans la bandana.
Mentre Can riportava la barca in porto, Sanem accarezzava quel diario guardando il mare che loro amavano tanto e a cui lei, in quell'anno di lontananza, aveva chiesto di riportarle indietro il suo amore.
"Grazie mio amato mare..." sussurrò mentre lacrime silenziose le rigavano il viso...

CAN E SANEM ❤️  Una storia d'amore da raccontareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora