Parte 26 - Grazie, Ari.

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Il rientro a casa fu a tratti tenero e commovente. Perché avevano provato a indovinare quale sarebbe stata la reazione di Ari al conoscere di persona i gemelli. Non ci avevano preso del tutto. La realtà superò di gran lunga la loro aspettativa.

Nelle ultime settimane di gravidanza di Stiles il danese era diventato come Derek, anche lui troppo protettivo. Infatti accompagnava Stiles ovunque. Invadeva con prepotenza la sua privacy, piangendo e latrando come se lo stessero torturando qualora si azzardava a chiudere la porta quando andava a fare un bagno rilassante o i propri bisogni.
«Ricordi quella volta in cui piansi perché avevo le voglie?» domandò dal sedile posteriore.
«Come dimenticarlo?» rabbrividì il moro, scuotendo la testa «Quasi mi mordeva?» ricordò «Eppure ero io il suo padrone prima di te».
«Sì, ma io gli facevo fare mille passeggiate la mattina e diciamocelo, gli animali mi adorano di più. Per loro sono più simpatico di te».
«Certo, adesso vediamo se amerà più te o loro?» asserì, senza volergli dare troppa soddisfazione, cercando di prendere più morbidamente possibile il sentiero  sterrato che li stava portando alla villa.

Una volta arrivati al piazzale asfaltato e aver parcheggiato si guardarono e tirarono entrambi un sospiro di sollievo.
«Il piano di attacco?» aveva chiesto Stiles, dando poi anche subito la risposta «Scendiamo tutti e due e poi prendiamo un ovetto a testa» Derek si ritrovò d'accordo.
Scese per primo e aiutò Stiles a fare lo stesso, poi andarono verso il patio «Aspettate qui, io entro da dietro e lo lego» aveva proposto il primo padrone del danese, appoggiando Olivia sulla seduta del dondolo, Stiles lo imitò, posando vicino alla loro bimba il loro bambino ed attese.

Era nervoso, avevano declinato l'aiuto che gli avevano offerto i loro famigliari perché volevano cavarsela sin da subito da soli.
Sentì l'abbaiare possente di Ari, un tonfo e Derek le cui risate echeggiavano fino a lui. Avrebbe scommesso il proprio utero che lo aveva gettato a terra e adesso gli stava leccando faccia e mani come se non ci fosse un domani.
Fortuna che i loro figli sembravano davvero aver preso da lui la pesantezza del sonno. Anche se alcuni pediatri affermano che caratteristiche come abitudini del sonno o i "veri" colori dei bambini, si rivelano solo dopo alcuni mesi dalla nascita.
«Missione riuscita, anche se sei un po' mal messo, eh, soldato?» scherzò osservando come i vestiti fossero sgualciti e come tra i suoi capelli ci fosse un bel po' di bava.
«Per voi questo e altro» gli andò dietro, spalancando del tutto la porta dietro di sé e aprendo l'antiporta «L'ho portato di sopra, in camera nostra, io disinfetto le mani e prendo un ovetto».
«Non serve, guarda: sono così leggeri che riesco a portarli io fino a camera loro» disse con un sorriso smagliante «Quello che mi salverà è l'aiuto che mi darai aprendomi la porta della loro cameretta».
«Ci sono le scale, meglio che ne portiamo uno a testa. Hai ancora la pancia coi punti: super uomo» gli ricordò Derek consigliandogli di portarli fino al salotto, intanto che lui si dava una veloce lavata alle mani e alla faccia «Poi ti do anche un bacio, se li appoggi sul divano e fai loro un cinque o venti foto!» urlò quando ormai era quasi nel bagno nel sotto scala.
«Senti come piange» aveva detto mentre saliva le scale con l'ovetto di Olivia ben saldo in una mano e con l'altra si reggeva alla ringhiera.
«Sai bene che l'ottanta percento di quei pianti è finto, vero?».
«Sì, ma siamo dei genitori adesso. Anche le lacrime da coccodrillo di questi due angioletti mi farebbero male» commentò, andando avanti piano.
«Tranquillo. Ti aiuterò io a resistere» promise, raggiungendolo sul gradino e baciandogli una tempia «Pensa che adesso siamo quasi nella loro stanzetta» cercò di fargli coraggio.
«Perché stiamo al secondo piano con le camere da letto?».
«Perché gli studi e quelle degli ospiti è meglio tenerle al primo» disse tanto per dire, giacché gli sembrava poco galante e carino ricordargli che era stato lui a insistere in quella disposizione.
«Dovevi fermarmi» venne comunque colpevolizzato, senza cattiveria.
«Sì, ma eri incinta e il motto di quel periodo era: mai contradire l'uomo incinta di casa.
«Okay vero anche questo» affermò facendo un broncio che Derek trovò adorabile, mentre silenziosamente accettava che prendesse anche l'ovetto di Olivia «Ti amo».
«Ti amo anch'io e appena avrò le mani libere ti abbraccerò e bacerò come non ho fatto in questi tre giorni che eri in clinica» lo avvisò, facendogli un occhiolino malizioso.
«Aspetta che sto meglio e altro che baci e abbracci» sentenziò ammiccante anche lui.

Our FOREVER [COMPLETA da revisionare]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora