Capitolo 23 "Sempre e per sempre"

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Ricordi

8 Novembre (Anno indefinito)

Erano passati mesi da quando mia sorella era definitivamente divenuta regina di Eldiocër, da quando non ero più rinchiusa nelle segrete del castello, da quando avevo baciato Adanedhel.

Il marito di mia sorella, il principe consorte.

Perchè l'avevo fatto? Chissà.

Adanedhel aveva convinto Annael a liberarmi e, dopo esserci a malapena guardati, mi aveva bandito da palazzo. Letteralmente. Se avessi osato anche solo rimetterci piede sarei stata segregata a vita in una lurida cella. Perchè avevo una vita così allegra?

Girovagavo per boschi e praterie, senza una casa a cui tornare, senza qualcuno a cui tornare. Ero sola, tremendamente sola. Ma non mi arresi, continuai a lottare per ciò che era giusto, dato che mia sorella era una sovrana indegna di essere chiamata tale. I sudditi erano costretti a pagare esorbitanti tasse, pena la carcerazione, e per cosa? In teoria quel denaro sarebbe stato investito per costruire nuovi edifici di accoglienza per gli orfani, gli Elfi in età avanzata indisposti ad occuparsi di se stessi da soli, gli Elfi in crisi finanziare. In pratica quei soldi servivano solo per arricchire le casse del Regno, monete intascate dagli esattori, dai collaboratori della Regina, spese solo per gingilli inutili ma che Annael agognava di possedere.

Ecco cos'era: una Regina disinteressata al benessere dei propri sudditi.

Mentre camminavo, un urlo interruppe i miei pensieri. Mi diressi correndo verso il punto da cui provenivano le grida, ritrovandomi davanti una scena già vista, purtroppo. Al centro della spoglia piazza del piccolo Regno di Miirw, degli esattori stavano riscuotendo le tasse seduti dietro un tavolo, circondati da centinaia di sacchetti tintinnanti, ovviamente contenenti denaro, e da una folla di persone. Osservando meglio, vidi che le persone erano vestite poveramente, prive di qualsiasi tipo di gioiello, la maggior parte era composta da agricoltori, allevatori e pescatori, taluni accompagnati persino da qualche animale. Dappertutto erano presenti galline che svolazzavano, maiali che grugnivano in ogni angolo della piazzetta e anatre che starnazzavano: uno spettacolo davvero singolare. La gente sbuffava, c'era chi aspettava da ore di poter versare la propria somma di denaro, chi era stato costretto a dare il proprio contributo, dato che un ristretto gruppo di persone era circondato da delle guardie, onnipresenti quando si trattava di riscuotere soldi. Sentii di nuovo degli strilli e portai la mia attenzione al banco degli esattori. Una donna, contadina a giudicare dagli abiti, era in ginocchio supplicante:

-Vi prego, è l'ultimo sacchetto di soldi che possediamo. Siamo una povera famiglia di agricoltori, il nostro lavoro è lavorare la terra e non porta immensa ricchezza. Ho dei bambini che mi aspettano a casa, affamati e infreddoliti, dato l'avvicinarsi dell'inverno. Non potete privarmi anche di quel denaro, vi supplico.

Osservai meglio la contadina: aveva i capelli castani raccolti in uno stretto nodo sulla nuca, ormai sfatto, portava una veste color cenere sporca di terra e il viso, ancora giovane, era segnato da enormi occhiaie e da delle rughe di preoccupazione.

l sottoposti di mia sorella, che non perdevano occasione di ostentare atteggiamenti raffinati in presenza degli abitanti per dimostrare il loro ruolo potente nella società (una sola parola: odiosi), la guardarono disgustati e, con finta cortesia, uno di loro rispose:

-Non si preoccupi. Questo denaro contribuirà alla causa che la nostra amata Regina- urlarono in coro un Lunga vita alla Regina- sta cercando di portare avanti. Lei e la sua famiglia sarete ricompensati poichè sarete orgogliosi di abitare in un regno funzionale e sostenibile. 

Luce nell'OscuritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora