30; mandato a cagare come miele sopra zucchero filato

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Nemmeno nei miei peggior incubi mi sarei mai aspettato, all'età di 22 anni, di ritrovarmi di punto in bianco scacciato dal mio stesso appartamento.

Ed ero appena stato dimesso dall'ospedale dopo due infiniti giorni steso su un lettino, avvolto dall'odore di sanificante e con la febbre alta; ma a Jimin questo non interessava e continuava a fregarsi di farsi passare quella dannata e futile incazzatura nemmeno per mia pietà!

Che gran rottura.

Tra l'altro il nostro letigio era sfociato proprio perché non gli avevo detto di me e Yoongi.

Di essere gay, insomma, niente di così grave calcolando che lui lo fosse probabilmente dalla nascita.

E avevo provato a parlargli e arrivare ad un punto di incontro, ma non aveva fatto altro che urlarmi contro sostenendo che la nostra amicizia fosse finita, e che il mio viso non lo volesse più vedere per almeno un secolo.

«Com'è andata?» mi domandò il gattino.

Mi strinsi sulle spalle «mi ha lanciato una valigia in faccia e il resto ha detto che lo venderà».

«Capisco».

L'ennesimo sospiro volò via dalle mie labbra, «oh povero, oh povero me!» e continuai a lamentarmi come se tutta quella situazione fosse frutto di una sceneggiatura scritta per una penosa sitcom americana.

Il viso del menta si contorse in un'espressione trattenuta e divertita, aprendo il bagagliai dell'auto e aspettando che, una volta che sistemai la valigia, mi sedessi al posto del passeggero per continuare a parlare.

«Fa sempre così quando litigate?» mi chiese poi.

«Più o meno...» passai una mano tra i capelli argentati che sistemai guardandomi nello specchietto, «solitamente sono io ad essere quello esagerato, ma non ho nemmeno la forza di controbattere alle sue parole».

«Capisco».

Yoongi mi guardò in silenzio per qualche attimo, appoggiando con delicatezza una mano sopra la mia senza distogliere lo sguardo.

«Taehyung».

L'alzò e fece intrecciare le nostre dita, formando nelle sottili labbra un leggero sorriso.

«Vedrai che gli passerà».

«Ma se vendesse davvero le mie robe?».

«Non lo farà».

«Ma sono tutte cose di valore — mi lamentai ancora più forte —, potrebbe pagarsi almeno tre anni d'affitto se lo facesse!».

«Taehyung, è il tuo migliore amico».

«Appunto!».

Un breve silenzio accompagnò il momento il cui il maggiore sospirò e girò la chiave sul cruscotto, dando così in moto il veicolo.

«Guarda il lato positivo» uscì dal parcheggio e prese la strada che portava alla caffetteria, che stava a pochi minuti da lì.

«Almeno potremmo passare qualche giorno insieme, no?» sorrise.

A quelle parole mi sentii le punte delle orecchie scottare, e cercai di nascondere il viso dal suo sguardo guardando fuori dal finestrino.

Per l'imbarazzo mormorai a voce bassa «... ci siamo confessati nemmeno una settimana fa, hyung, e non volevo arrivare mica così presto alla convivenza».

«Come se tu non vivessi già da un bel po' con il tuo migliore amico» controbattè lui per stuzzicarmi ancora di più.

«Ma— ma è diverso!» affondai il viso all'interno della grande felpa, nel panico.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 27, 2021 ⏰

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caffè alla menta.   taegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora