5; «... Posso raccontarti una cosa? Ma non dire nulla a Jimin»

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La sua voce era così particolare, indescrivibile come lo erano i suoi mille umori, e avrei voluto tanto avere una conversazione con lui, solo noi due, mentre bevevamo un caffè amaro senza quella cameriera a mettersi sempre in mezzo.

Erano passate ormai due settimane, ma mi sembrava di vivere lì da anni.

Mi ero abituato in fretta a quell'atmosfera caotica che caratterizza la capitale, e già potevo muovermi senza perdermi nelle stradine in continuazione come mi era capitato nei primi giorni.

Nel frattempo Jimin aveva fatto così successo come ballerino che aveva iniziato a lavorare come insegnante alla scuola di danza, senza parlare che con Jungkook stava creando ogni giorno un legame sempre più profondo, e che diventassero una vera e propria coppia era solo una questione di tempo.

Ma la fortuna stava girando nel verso giusto anche per me, e non potevo esserne più felice:

Il ragazzo di Seokjin, Kim Namjoon, oltre ad essere una persona carismatica e di davvero ottima compagnia - tralasciando le sdolcerie tra i due innamorati che mi facevano venire la pelle d'oca -, mi aveva raccomandato come fotografo per l'agenzia di idol per cui lavorava e al colloquio non ebbero alcuna esitazione ad accettarmi.

"«È un peccato che lei sia solo un fotografo e certo, di grande talento ne si è assolutamente sicuri, ma sarebbe perfetto come idol o modello e lo dico davvero... Se fossi in lei ci penserei signor Kim, conosco alcuni contatti che potrebbero fare a caso suo se ne fosse interessato»", mi aveva detto uno dei direttori del luogo porgendomi il suo bigliettino da visita, facendomi letteralmente saltare di gioia una volta uscito dall'edificio.

Sembrava tutto un sogno, era tutto così straordinariamente perfetto, se non fosse per un'unica dannata cosa che non riuscivo a togliere dalla mente:

Il barista dai capelli pastello.

Come era possibile che solo un'unica persona fosse in grado di farmi provare tali sensazioni? Un ragazzo poi, un ragazzo che mi aveva deriso perché mi ero imbarazzato quando mi guardò negli occhi.

Per colpa sua ero perennemente distratto e Jimin se ne era accorto come tutti gli altri, e sempre a causa sua avevo iniziato a bere giornalmente caffè nonostante continuasse a farmi davvero schifo, ma non riuscivo a farne a meno.

Non perché fossi diventato dipendente dalla caffeina o qualche altra cazzata simile, ma perché il solo pensiero che fosse lui a prepararlo mi faceva sentire bene, vicino in qualche modo a lui.

Ma ero etero, o almeno, avevo sempre pensato di esserlo, eppure lui riusciva a trasformarmi in una ragazzina del liceo di un drama coreano, che spiava il suo oppa sperando che lui la notasse e provasse lo stesso interesse.

Cosa pensa lui di me? Gli fa piacere quando entro dentro alla caffetteria insieme a Yeontan e lo saluto? Sono per lui un cliente speciale oppure uno come tanti?

«Sai Tae? A volte vorrei proprio riuscire ad entrarti nella mente, capire come tu riesca a distrarti nei tuoi pensieri da un momento all'altro senza preavviso».

Jimin, ancora una volta, mi aveva riportato con i piedi per terra.

Seokjin lo seguì subito dopo, con uno strano mezzo sorriso nel volto:

caffè alla menta.   taegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora