11; in mutande ma con indosso una maglietta di Gucci come pigiama

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Ero davvero soddisfatto dei miei nuovi acquisti, e poi avevo scoperto che Jungkook era un bravo consigliere e avevamo uno stile simile nell'abbigliamento.

Certo, lui forse più tendete allo sportivo e io all'elegante, ma su alcuni capi riuscivamo ad andare perfettamente d'accordo e ciò faceva piacere ad entrambi.

I negozi di Seoul inoltre erano fantastici, sempre aggiornati e ricchi anche del stravagante, mi sembrava di essere in un mondo a parte in mezzo a quelle corsie ben ordinate.

Non riuscii nemmeno, per l'emozione, a trattenermi nel comprare qualcosa per Jungkook e Jimin, dovevo scusarmi in qualche modo per il mio essere stato scontroso nei giorni precedenti nonostante il giovane avesse insistito che non ce n'era il bisogno.

Ma, alla fine, il pensiero era piaciuto soprattutto al biondo dato che si era lamentato per la buona alchimia che avevo creato con il suo ragazzo, geloso della nostra amicizia.

Lui non sapeva, però, che lo invidiavo molto anch'io, perché desideravo avere la stessa relazione dei due con un ragazzo di cui conoscevo pressoché il nome.

Ed era davvero doloroso per me, ogni giorno, ricordarmi quanto i miei sentimenti fossero impossibile e irrealizzabili.

Cenammo tutti e tre insieme ma al termine della giornata venni scacciato dall'appartamento, i due neo fidanzatini volevano avere una serata molto intima e non poteva che dargli ragione, quindi feci una lunga passeggiata con Yeontan nel cuore della placa notte per un paio di ore.

Mi sentii rilassato, in pace con la mia anima sotto quelle strade illuminate da mille colori, ed ebbi l'occasione di riflettere riguardo a Yoongi nonostante mi facesse male al petto pensare a lui, il quale viso mi mancava terribilmente e avevo il timore di dimenticare i suoi delicati tratti.

Non ero pronto, di ciò ne ero più che certo, ma non potevo resistere più di un'altro giorno ancora senza poterlo vedere anche solo da lontano.

[...]

Quella notte lo sognai, un sogno proibito di mani che si sfioravano e sguardi timidi che si incrociavano, dove potei accarezzare quei suoi morbidi capelli pastello durante un bacio tenero e desiderato.

Ed era così bello, un momento indimenticabile, sembrava reale ma le lacrime che mi scivolavano sulle guance erano il simbolo del dolore della mia consapevolezza.

Il ragazzo nel sogno continuavaa chiedermi perché del mio pianto, accarezzandomi il viso per consolarmi, ma rispondevo con cuore spezzato di non farci caso, perché nonostante volessi non potevo smettere.

Ed eravamo arrivati in un punto cruciale, vicini a un incontro di intima passione, ma una voce lontana mi richiamò riportandomi nel mondo reale con un balzo, lontano da quelle immagini desiderate.

«KIM TAEHYUNG!».

Mi alzai con il busto sentendo tutto il corpo formicolare, un gesto azzardato dato che questo era ancora mezzo addormentato, i capelli mi coprivano la vista ma potevo chiaramente immaginare chi fosse l'artefice di quelle inconfondibili urla.

Chi altro se non Park Jimin, il mio migliore amico e coinquilino.

«... Jimin...» sussurrai spaesato, infastidito, guardandomi attorno come se non riconoscessi nulla di ciò che mi circondava.

«Ti rendi conto che ore sono?».

Lo guardai.

«Che ore sono?».

«Le 8.15».

Le otto... E quindici.

«LA SVEGLIA, MI SONO DIMENTICATO DI METTERE LA SVEGLIA!» subito mi alzai seppur per poco le ginocchia non mi cedettero, ma ciò che sentii e mi fece avvampare in volto davanti al mio migliore amico fu un forte e inconfondibile calore nel basso ventre.

caffè alla menta.   taegiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora