⁕Capitolo 1⁕

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A volte la mia vita è un inferno. Vi starete chiedendo perché. Beh, semplice: sono l'ultima di otto figli. Il problema è che i miei fratelli sono tutti maschi! Non fraintendetemi, io li amo più di qualsiasi altra cosa, sono tutto quello che ho, la mia ragione di vita, ma a volte, la maggior parte, sanno essere davvero insopportabili. Ma cominciamo dagli inizi. Mi chiamo Elizabeth e ho 14 anni. Come credo avrete già capito, sono nata in una famiglia abbastanza numerosa.

All'inizio per i miei fratelli ero una specie di tesoro: facevano a gara a chi passava più tempo con me, letteralmente. Ad oggi credo me lo dicevano solo per farmi sorridere altrimenti sarebbe stata una scena da film comico.

I drammi iniziarono quando avevo solo 2 anni, il giorno del mio compleanno. I miei nonni erano anziani, nonno non stava molto bene in quel periodo, ci ha lasciato qualche mese dopo, ma loro ci tenevano a vedermi quel giorno e a farmi gli auguri e chiesero ai miei genitori se fosse possibile portarmi a casa loro e questi non ci pensarono due volte ad accettare.

Eravamo solo noi tre: i miei fratelli erano tutti all'asilo o a scuola, mamma e papà erano stati intransigenti su questo nonostante le varie suppliche da parte dei loro figli di fare assenza.

Quel giorno, però, le cose non andarono come pianeggiato: ci fu un incidente, un uomo, ubriaco, stava guidando nel verso opposto. Sbucò da dietro una curva e mio padre, non avendolo visto, non riuscì ad evitare l'impatto. Ci fu uno scontro frontale.

Anche se avevo solo 2 anni ricordo le loro urla, le ultime parole di mia madre: "Bambina mia! Non aver paura andrà tutto bene. Sii sempre forte e coraggiosa come ora." Quelle parole, l'unico ricordo che possiedo di loro, furono il mio tormento per anni e un po' lo sono anche ora.

I passeggeri dell'altra auto, l'uomo e la moglie, e mio padre morirono sul colpo, mia madre qualche minuto dopo, io, invece, anche se riportai ferite gravi, riuscii a sopravvivere.

Non si sa quale miracolo mi abbia tenuta in vita quel maledetto giorno, l'impatto fu brusco, i soccorsi arrivarono tardi, era una strada quasi deserta e gli unici adulti presenti erano morti, eppure quella piccola, fragile bambina, di appena due anni, riuscì a sopravvivere per tre ore in quell'auto quasi distrutta.

Io non ricordo nulla, tutto quello che so me lo raccontò il maggiore dei miei fratelli: quando arrivarono i medici, chiamati da un uomo che per puro caso passava di lì, la situazione era pietosa: i vetri in frantumi, le parti anteriori di entrambe le auto accartocciate e sangue ovunque. Io ero priva di sensi, gli altri ormai senza speranze.

Quando mi risvegliai ero sola in una stanza tutta bianca, inutile dire che la prima cosa che feci fu scoppiare a piangere, non mi è mai piaciuto stare da sola. Rimasi in quella struttura per otto mesi prima di poter finalmente uscire, in fondo ero felice di tornare a casa ma non fu così semplice.

Ormai eravamo tutti orfani, quei mesi che io avevo passato in una camera d'ospedale i miei fratelli li avevano passati in orfanotrofio. I nostri nonni, anche se lo volevano con tutto il cuore, erano troppo anziani per poter accogliere e accudire otto bambini, mio padre era figlio unico mentre la famiglia di mamma non poteva prenderci tutti e un paio di noi sarebbe comunque finito in una casa famiglia ed Edward, il più grande di noi, aveva solo 16 anni.

Nei due anni successivi passammo di famiglia in famiglia, o meglio, io passai di famiglia in famiglia. Ero piccola, dolce, non facevo molti capricci ed erano in molti a volere una bambina così, ma quando veniva detto loro che avevo sette fratelli e che non volevamo separarci, rinunciavano a me e tutto ricominciava.

Però quel posto per me fu un inferno. Il direttore mi odiava! Detestava il fatto che io non volessi farmi adottare. Ogni volta che la famiglia diceva che voleva prendere solo me o al massimo due dei miei fratelli, io ci rinunciavo e lui me la faceva pagare cara, molto cara! Mi prendeva per il polso, mi portava nel suo ufficio e dopo essersi accertato che nessuno ci vedesse iniziava a picchiarmi.

I miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora