⁕Capitolo 12⁕

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Passiamo tutto il viaggio in un silenzio glaciale. Edward non parla per evitare di urlarmi contro mentre guida per non distrarsi e io non fiato per paura della sua reazione.

Arriviamo a casa, Edward apre la porta ed entra ed io lo seguo. Sul divano ci sono Erik ed Ethan che probabilmente stavano aspettando Edward e che, appena mi vedono, fanno delle facce preoccupate.

"Cos'è successo? E perché Beth è uscita prima?" azzarda Erik.
Edward si siede accanto a lui, chiude gli occhi e fa un profondo respiro.

"Alla signorina qui presente è venuta la splendida idea di dipingere le pareti di un'altra aula." dice poi con un tono chiaramente arrabbiato.

"COSA?" urla subito Ethan mentre Erik mi guarda sorpreso più che mai.

"Aspettate un attimo, quando l'avrebbe fatta sta cosa?" chiede Erik confuso.

"Questa notte." risponde freddo Edward.

"Quindi, questa notte Beth sarebbe uscita di casa di nascosto per andare a scuola e disegnare sulle pareti di un'altra aula?!" chiede nuovamente Erik.

Edward annuisce. Ormai è diventata una conversazione tra loro due mentre io sono di fronte a loro con la testa bassa e Ethan mi guarda impassibile e arrabbiato.

Non posso vederlo ma sento il suo sguardo fisso su di me. Non ho il coraggio di alzare la testa per paura sia della loro reazione che delle loro espressioni, sicuramente arrabbiati e delusi al tempo stesso.

Gli occhi iniziano a pizzicarmi ma non piangerò, non davanti a loro, o almeno ci proverò.

"E come avrebbero fatto a scoprirla?"

"Hanno trovato i colori a spray nel suo armadietto."

"Non è da lei. E poi nostra sorella non è così stupida da farsi scoprire tanto facilmente. Ci sarebbe un motivo?"

"Non mi hanno detto di nessun motivo, solo il numero dell'aula."

"Beth, sai di chi è l'aula? Puoi darci tu qualche spiegazione?" dice poi Erik rivolgendo lo sguardo su di me seguito a ruota da Edward.

"Non sono stata io, ve lo giuro." dico io.

"E la classe? Di chi è?" mi richiede Edward.

"Di Julia." dico in un sussurro.

"Ed ecco il motivo." esclama semplicemente Edward.

"Non sono stata io. Davvero. Dovete credermi. Siete i miei fratelli maggiori e sapete che non vi mentirei mai."

"ORA BASTA! Io ci ho provato a restare calmo, davvero, ma non è possibile. Noi le abbiamo dato un'educazione e, no Elizabeth, non ti credo, i colori erano nel tuo armadietto ed è l'aula di Julia quella in cui è stato fatto il murales, guarda caso proprio la ragazza che odi, un odio di cui ancora non ci hai spiegato il motivo tra l'altro. Partiamo dalle basi: non si esce e niente tecnologia per due mesi, inoltre, ti ricordi quando per il tuo dodicesimo compleanno avevamo deciso di smetterla perché credevamo che ormai eri abbastanza matura?! Bene. Ci sbagliavamo! Quindi ora tu ti metterai qui senza fare storie." dice Edward alzandosi in piedi con un urlo iniziale che mi ha fatto prendere un colpo e poi portando la voce al classico tono di quando è arrabbiato che mi fa venire i brividi e quando finisce il suo discorso si risiede sul divano picchiettandosi le ginocchia.

So bene cosa intende: fino ai miei dodici anni le punizioni consistevano quasi tutte in sculacciate, per educarmi, poi, per i dodici anni, hanno smesso dicendo che ormai ero abbastanza matura e che essendo più grande mi sarei vergognata, soprattutto essendo in una casa di soli maschi.

La seconda non è mai stata vera dato che loro sono i miei fratelli ma in questo periodo lo è: loro non possono vedermi, non possono vedere i miei lividi.

Alzo la testa e vedo che Edward si sta ancora picchiettando le ginocchia come segno di mettermi lì. So che dovrei farlo senza protestare altrimenti la situazione peggiora ma invece faccio un passo indietro.

Non posso lasciarglielo fare. Non so se ho più paura per il dolore che provocheranno i lividi in pancia al contatto con le sue ginocchia, per il fatto che se mi abbassano i pantaloni possono vedere quelli sulle gambe o per il trucco che sicuramente colerà a causa delle lacrime, lasciando scoperto il livido sulla guancia. Da ciò che ricordo la mano di Edward è molto pesante.

"Elizabeth, non fare storie. Sai che altrimenti non solo te le darò comunque ma saranno anche di più." ed ecco l'ultimo avviso di mio fratello.

Se non vado ora mi prenderà con la forza. Cosa mi conviene? Andare da sola ovviamente.

Faccio i passi lentamente, uno alla volta, le gambe mi tremano, ho paura di cadere a terra da un secondo all'altro, mi avvicino ad Edward e mi sdraio sulle sue ginocchia, immediatamente un forte dolore in pancia mi fa stringere gli occhi e appena lui inizia emetto un gemito di dolore, dovuto però, al contrario di ciò che pensano i miei fratelli, alla pancia.

Dopo le prime tre sono scoppiata in lacrime, è stata dura trattenersi visto che stavo per piangere già da prima, ma il mio pianto non è dovuto solo al mio povero sedere ma anche al dolore alla pancia.

E poi sento ciò che al momento non avrei mai voluto sentire: le sue mani sull'elastico dei miei jeans.

Istintivamente porto lì le mani e cerco di tenere i pantaloni su.

"T-ti pr-prego... N-no... I-i-io s-sono u-na r-rag-ragazza... E v-v-voi si-sie-siete tu-tut-tutti m-mas-chi." dico fra i singhiozzi.

"Avresti dovuto pensarci prima, e ora togli quelle mani."

"A-al-m-me-no n-non sc-scen-scen-derli t-tro-p-po. P-per-f-fa-v-vore." dico ricordandomi che i primi lividi sono sulle ginocchia.

"Va bene, ma togli le mani." mi dice Edward con un tono che definirei... comprensivo?!

Io tolgo le mani e lo lascio fare e come mi ha detto non li scende più sotto delle cosce. Ne dà una trentina, ancora più forti di quelle di prima, poi abbassa anche le mutande, anch'esse senza scenderle sotto la coscia, e inizia a massaggiarmi il sedere che ormai ha iniziato a bruciare e credo sia più che rosso.

"Ethan, mi prendi il cucchiaio per favore?" chiede Edward.
Sento Ethan alzarsi dal divano e dirigersi in un'altra stanza probabilmente per prendere il cucchiaio di legno.

Aspetta... cosa? Il cucchiaio? A sedere nudo? È impazzito? Questa non è una punizione ma una tortura.
L'istinto mi dice di dirgli basta ma non serve, qualcun altro ci pensa al posto mio.

"Non credi di star esagerando?" chiede infatti Erik.

"No, lei ha esagerato dipingendo le pareti di un'altra classe, io mi sto solo assicurando che la prossima volta ci pensi due volte."

Appena Edward finisce di parlare Ethan torna e porge quell'arnese mortale ad Edward che lo ringrazia.

"Edward, ti prego no, non sono stata io.

"Basta con questa sceneggiata Elizabeth, farò in fretta, solo dieci." dice come se non fosse nulla, ma non è così: il cucchiaio fa già male di suo ma unito alla forza di Edward...

Prendo un profondo respiro e subito dopo sento un dolore fortissimo nel mio amato lato B.

Trattengo il respiro durante le altre nove e appena finisce mi alza le mutande e i jeans, poi mi alzo finalmente dalle sue gambe e senza neanche guardarli in faccia me ne corro in camera.

I miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora