⁕Capitolo 4⁕

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Ci vogliono venti minuti buoni per arrivare a scuola e per la prima volta nella mia vita sono in anticipo. Cammino abbastanza lentamente prendendomela con calma. Ho tempo.

Lungo il tragitto più di qualche ragazzo mi ha fischiato dietro. Detesto quando lo fanno.

Che problemi hanno? Una ragazza non può farsi una passeggiata da sola? Quanto mi snervano. Se sono con i miei fratelli, anche solo con uno, non osano nemmeno fiatare, poi se esco da sola, anche se devo fare solo due metri, tutti mi guardano come se fossi un trofeo.

Immersa nei miei pensieri non mi accorgo neanche di essere arrivata davanti la scuola. Mi fermo di scatto appena mi rendo conto di essere dinanzi l'edificio e prendo il telefono per chiamare Benedicta. So che Sabrina è con lei dato che abitano vicine, al contrario di me che sto dall'altra parte della città.

"Hey" sento la sua voce dopo appena due squilli.

"Ciao, dove siete?" le chiedo avviandomi verso il parco.

"Alla solita panchina. Perché, sei già arrivata?" mi dice l'ultima parte stupita.

"Sì, sono davanti scuola, arrivo." le dico e chiudo la chiamata.

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Neanche un minuto dopo sono alla nostra panchina. È una normalissima panchina solo che è un po' in disparte, nascosta da un cespuglio. 

È il nostro posto preferito: ci incontriamo sempre qui ed è anche un po' il posto dove nasconderci dai familiari, soprattutto per me. 

Infatti solo noi sappiamo di questa panchina e così deve restare. Abbiamo fatto un patto: non dire a nessuno di questo posto. Il parco vicino scuola è quasi sempre vuoto e anche questo va a nostro vantaggio.

"Allora? Cos'è successo?" mi chiede Benedicta.

Io non capisco e la guardo stranita

"Sei arrivata in anticipo per la prima volta in 14 anni, deve essere successo qualcosa." mi spiega lei avendo capito il mio sguardo.

"Ah, no, non è successo nulla. Ad essere sincera sono tanto stupita quanto voi." dico ironica e scoppiamo tutte a ridere.

"Dicci: come hai fatto a convincere i tuoi fratelli?" mi chiede Sabrina.

"In realtà è stato più semplice di quel che mi aspettavo: Erik e i gemelli erano in salotto a vedere un film, ho chiesto ed Erik mi ha detto di sì."

"Ed Evan ha accettato?" mi chiede Benedicta, sapendo che Evan non mi lascia fare neanche un passo fuori casa senza uno dei miei fratelli.

"Certo che no!" rispondo io e scoppia un'altra risata generale.

Passiamo l'ora seguente a parlare di quelle cose di cui mai potrei parlare con i miei fratelli: ragazzi, vestiti, trucchi...

"Hey ragazze che ne dite di prenderci un gelato?" chiedo verso le 17 iniziando a sentire fame.

"Sì, ci sto!" dice Sabrina alzandosi di scatto.

"Anch'io, poi fa caldo:" afferma Benedicta e con ciò ci alziamo e ci dirigiamo verso la gelateria più vicina.

Io e Benedicta prendiamo un cono alla stracciatella e Sabrina un cono alla nutella e fior di latte. Decidiamo poi di farci un giro e dopo un'oretta e mezza di camminata torniamo alla nostra panchina.

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Dopo un po' di tempo, che sinceramente non so neanche quanto sia, suona il telefono di Benedicta. Lei guarda per qualche secondo lo schermo e poi risponde.

"Pronto?... Sì, chi è?... Ah, ciao ... Sì... D'accordo." dice e poi mi passa il telefono dicendomi che è mio fratello. Prima di rispondergli guardo l'ora sul telefono di Benedicta e mi rendo conto che sono le 20:30. Oh Dio, i miei fratelli mi uccidono!

"Pronto?" dico io con la voce tremante.

"ELIZABETH, DOVE DIAMINE SEI?" mi urla Edward dall'altra parte del telefono, non mi chiamano mai Elizabeth, il che vuol dire che sono arrabbiati.

"Con le mie amiche?!" gli rispondo non volendo né potendo dirgli il posto preciso.

"Quanto ci metti a tornare?" mi chiede cercando di calmarsi un po'.

"Una ventina di minuti"

"Se tra venti minuti non sei a casa, ci dirai dove sei e verrà uno di noi, intesi?" dice il tutto con quel tono di voce serio e arrabbiato, ma senza urlare, che mi fa sempre venire i brividi.

Io annuisco, come se lui potesse vedermi, poi allontano il telefono dall'orecchio, spengo la chiamata e ridò il cellulare alla proprietaria. Poi prendo tutte le mie cose, saluto di fretta le mie amiche e mi avvio correndo verso casa.

Faccio tutto il percorso correndo, riuscendo a metterci solo quindici minuti, e arrivando a casa con il fiato corto. Metto la mano sulla maniglia, faccio un bel respiro, e apro la porta trovandomi la scena che mi ero immaginata.

I miei fratelli sono tutti davanti a me (tranne Edison ovviamente) con le braccia incrociate e con delle facce che dimostrano chiaramente rabbia pura.

"Dov'eri?" mi chiede Edward sempre con lo stesso tono usato al telefono.

"Dai ragazzi, sapete che non posso dirlo" dico sicura, loro sanno benissimo del patto stretto con le mie amiche e infatti rinunciano alla domanda.

"Ah, giusto, almeno il motivo del tuo ritardo puoi dircelo?" continua Edward, chiaramente irritato dal fatto che non gli dica dove sono stata.

"Scusate, ci siamo messe a parlare e ho preso la concezione del tempo:" rispondo con voce fioca

"E dicci: perché non rispondevi né alle chiamate né ai messaggi?" mi chiede Erik, è stato lui a darmi il permesso di uscire, quindi la responsabilità del mio ritardo è sua.

"Mi si era spento il telefono."

Erik si batte una mano in fronte e sussurra: "Avrei dovuto dare ragione ad Evan." e qui le lacrime minacciano di scendere. Per la prima volta mi danno qualche libertà in più senza prima riempirmi di domande ed io li deludo

"Starai una settimana senza uscire, e ora fila in camera tua e non provare ad uscire di lì prima che uno di noi venga a chiamarti per la cena." e con queste parole di Edward mi dirigo verso la mia stanza e mi chiudo dentro.

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Qualche minuto dopo sento bussare alla porta. Probabilmente avevano già preparato la cena quindi non mi hanno lasciato sola per più di cinque minuti, mi alzo e apro la porta trovandomi Eliot davanti.

"Dai scendiamo." mi dice e ci avviamo in sala da pranzo.

Passiamo tutta la cena in completo silenzio e con un'aria molto tesa, cosa che odio ma so già come farmi perdonare. Quando finiamo di mangiare, infatti, mi alzo e vado ad abbracciare Erik urlando un "MI DISPIACE" rivolto a tutti.

Erik, dopo un attimo di sorpresa, ricambia il mio abbraccio e restiamo così per quasi un minuto. Poi mi separo da lui e guardo gli altri che mi sorridono e annuiscono.

Sparecchiamo, saluto tutti e me ne salgo nella mia stanza, mi metto il pigiama, che in realtà è una maglia a maniche corte di Edward che mi arriva fin sotto le ginocchia, e mi metto a letto dove cado quasi immediatamente tra le braccia di Morfeo.

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Nota autrice

Ecco a voi il 4° capitolo.

Cosa ne pensate?

Credete che la punizione di Elizabeth sia meritata?

Non ho altre domande quindi spero che il capitolo vi sia piaciuto. Lasciate un commento e una stellina✯. A lunedì prossimo.

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