La mia chitarra

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-X READER-

Richiesta di Piarecca_supremancy

T/N's pov
Pensavo di essere spacciata, in quel momento ero convinta di dover dire le mie ultime parole o quelle stupide cose che si fanno nei film che, però, tanto stupide non sono.
Ero convinta che se non avessi detto nulla, da lì a poco, me ne sarei pentita o non avrei neanche potuto farlo.
Ero contro ad un muro, una mano possente e che sembrava non voler staccarsi mi teneva per il collo e il mio corpo era leggermente sollevato, impedendo così ai miei piedi di toccare il suolo.
Era un ragazzo quello davanti a me, ne avevo altri due vicini: uno alla mia destra e l'altro a sinistra.
Sembravano ubriachi o qualcosa del genere, il loro odore e i loro occhi non mentivano.
Non avevo fatto assolutamente nulla che potesse aver dato fastidio loro, come se l'aver fatto qualcosa potesse giustificare il fatto di starmi strangolando.
Non potevo più starmene in casa, soprattutto dopo l'ennesima lite avuta con mia madre.
L'allontanamento di mia sorella non aveva aiutato e mio padre, ormai in un posto migliore, non poteva intervenire.
Sono uscita di casa nel cuore della notte, non potevo restare nella mia stanza sapendo che non avrei chiuso occhio e sarei rimasta a rimuginare tutto il tempo sul litigio.
Non è stata una scelta molto saggia, ma purtroppo mentre mettevo qualche cianfrusaglia nella mia borsa e giravo la maniglia della porta d'ingresso lentamente per non svegliare mia madre, la mia coscienza era assente, forse dormiva come avrei dovuto fare io.
Ancora peggiore è stata la scelta di girare in vicoli sempre più stretti, dove la luce dei lampioni non illuminava, ma anche in questo caso, me ne accorsi troppo tardi.
Non riuscivo neanche a piangere in quella situazione, ero troppo impegnata a cercare di far arrivare almeno una piccola quantità di ossigeno ai miei polmoni.
Continuavo a dare pugni sul braccio del ragazzo che era intendo a comprimere il mio collo e, se solo gli altri due non fossero rimasti a tenermi ferme le gambe, avrei dato anche calci.
I miei lamenti erano inudibili, non avevo fiato per chiedere aiuto, avevo la vista sfocata e, se non fossi morta in quel momento, mi sarei ritenuta immortale per il resto della mia vita.
Ho un ricordo sfocato del resto, solo urla e qualche bottiglia di birra che, cadendo al suolo, si rompeva in mille pezzi.
Ricordo delle mani che comprimevano il mio petto e una voce che urlava di tenere gli occhi aperti, cosa che non fui in grado di fare.
Più tardi riaprii gli occhi e, davanti a me, un ragazzo con i capelli ner-

<Svegliati! Alzati, veloce, dobbiamo andare> mi svegliò bruscamente il mio amico.
<Cosa? Perché?> dissi alzandomi impanicata.
<Te lo spiego in macchina, forza, prendi le valigie già pronte e caricale> continuò lui correndo da una parte all'altra dell'appartamento cercando di mettere più cose possibili nello zaino.

<Quindi sì, per l'ennesima volta delle persone hanno visto la mia pistola e da lì a poco avrebbero chiamato la polizia... Non doveva andare così, non anche questa volta... Però, t/n, non preoccuparti, avevo occhiali e parrucca, non hanno visto bene il mio viso> cercò di spiegarmi Piadina mentre premeva sull'acceleratore e girava leggermente verso destra il volante nero.
<Va bene, hai caricato la mia chitarra?> chiesi poco curante mentre mi sistemavo meglio sul sedile.
<Sì, certo... Come mai sei così tranquilla? Capita spesso che mi becchino con una pistola o altro e siamo costretti a cambiare hotel e ti arrabbi sempre... Questa volta non hai detto nulla...>
Detto questo si formò un silenzio opprimente all'interno dell'auto.
<Non ho nulla, sono solo abituata a queste tue distrazioni che ci costringono a traslocare>
Proprio così, non avevamo mai avuto una casa fissa, tra hotel, ostelli e appartamenti in affitto avevamo girato gran parte dell'Italia.
<Mi fai sempre la predica solitamente... Sei strana>
<Non ho nulla, fidati>
Ci fermammo ad un semaforo rosso, c'eravamo solo noi per strada.
<Non mi fido> disse Piadina girando la testa verso di me e guardandomi negli occhi.
I suoi occhi verdi illuminati dalla luce giallognola della macchina brillavano, bellissimi.
<So quando non sei sincera> disse avvicinandosi ancora di più.
Il mio battito aumentó e capii che non si sarebbe allontanato fino a che non avessi confessato.
<Va bene... Ho, di nuovo, fatto un incubo...> dissi d'un fiato.
Il suo viso si illuminò di verde, il semaforo aveva cambiato colore e potevamo ripartire.
<Hai sognato sempre la stessa cosa?> disse Piadina con voce roca e con gli occhi sulla strada.
<Sì, quel vicolo buio, la litigata con mia madre, quei tre ragazzi, le bottiglie di birra e la tua voce... Dopo di che mi hai svegliata..> confessai.
Da quando ho avuto quell'aggressione la mia vita è cambiata: mia madre riceve mie lettere ogni tanto pensando che io sia in qualche parte del mondo a spassarmela, se solo sapesse che io e il ragazzo che mi ha salvato la vita stiamo conducendo una vita criminale e andiamo avanti grazie a piccoli furti nei confronti delle persone più deboli.
Ho conosciuto la persona più importante della mia vita che mi ha salvato in punto di morte.
Dopodiché il mio stile di vita si è stravolto e gli incubi hanno iniziato a presentarsi, tutte le notti sempre la stessa storia, le mani al collo, le mie ultime parole e poi Piadina.
Quel giorno sarà sempre impresso nella mia mente e Piadina è come un promemoria vivente di ciò che ho vissuto quella sera.
<Dovresti andare da un dottore t/n, hai subito un trauma e continui a riviverlo tutte le notti e-> disse Piadina facendo una curva brusca.
<No, non andrò dal dottore per degli incubi> dissi estremamente imbarazzata.
<T/n è una cosa seria> cercò di convincermi il mio amico alzando la voce.
<No, basta Piadina> dissi aprendo il bocchettone dell'aria condizionata.
<Mi sto solo preoccupando per te, ti prego, vai a fare una visit->
<No, la questione è chiusa!> dissi alzando anche io la voce.

<Addirittura duecento!> disse Piadina finendo di contare i soldi contenuti nel portafoglio che aveva appena rubato a una qualche signora.
Sorrisi.
Erano cambiate molte cose.
Dal nostro ultimo trasloco, o meglio, fuga dall'hotel per paura di essere arrestati, erano passati tre mesi.
Avevamo affittato una piccola casa autonoma così, il rischio che qualcuno vedesse qualcosa che non doveva essere visto, era basso.
Gli incubi sembravano essere sempre meno e il nostro lavoro poco onesto stava aumentando sempre di più.
Forse era ingiusto, anzi, sicuramente lo era, però dovevamo andare avanti con qualcosa e da subito assecondai Piadina, già esperto nel campo.
Come potevo dire di no alla persona che mi aveva salvato la vita?
Mia madre continuava a mandare lettere al quale rispondevo svogliatamente, avevamo sempre avuto un brutto rapporto e di certo non mi faceva piacere parlare con lei.
Era all'oscuro della mia quasi morte e in un certo senso era colpa sua.
Sono stata io ad uscire di casa ma l'ho fatto a causa sua, indirettamente mi ha spinta lei a farlo.

Io e Piadina eravamo sul divano, le sue mani erano sopra alle mie e comandavano i miei movimenti sulle corde della chitarra.
Un'altra cosa per il quale sono legata a lui, oltre all'incidente, è proprio la chitarra.
Mi ha insegnato lui a suonarla ed è diventata una delle cose più importanti per me, un elemento di svago, di gioia e serenità.
Mentre, attraverso le mie dita, faceva vibrare le corde della chitarra il mio cuore batteva forte e, forse a causa della troppa vicinanza tra noi due, sentivo che anche il suo cuore aveva un battito irregolare.
Che fosse imbarazzato?
Si avvicinò di più a me, le sue braccia mi facevano da scudo e nella stanza si sentivano solo le corde pizzicate che emettevano pacati suoni, rendendo l'atmosfera ancora più romantica.
Il suo viso era vicino al mio collo scoperto e, con la coda dell'occhio, riuscivo a vedere un suo piccolo sorriso che mostrava i denti bianchi.
Si abbassò lentamente fino a poggiare il suo mento sulla mia spalla, lasciando delicatamente le mie mani e poggiando le sue intorno alla mia vita, stringendomi.
Mi fermai dal suonare la semplice melodia che stavo imparando con lui a causa di un brivido che percorse la mia schiena quando Piadina lasciò un bacio sul mio collo.
<Continua> disse lui tornando con il mento su di me.
Senza parole ripresi a muovere le dita sulle corde.
Mi fermai solo quando fui incapace di continuare, non conoscendo le note successive che avrei dovuto suonare.
Piadina prese il mio viso con una mano e mi girò verso di lui, guardandomi negli occhi.
<T/n, sei bellissima> disse guardando le mie labbra.
Si avvicinò senza preavviso e, chiudendo gli occhi, mi baciò.
Portò le sue mani sui miei fianchi e mi strinse.
Fu un bacio totalmente inaspettato, dolce.
Le nostre labbra si muovevano all'unisono, si sentiva solo il rumore delle sue mani che, percorrendo il mio corpo, sfioravano i miei vestiti.
Ci allontanammo lentamente l'uno dall'altra con le labbra socchiuse e il respiro affannato, ero rossa in viso.
<Piadina io..> provai a sussurrare qualcosa ma, a causa dell'imbarazzo e dello stupore, le parole si rifiutavano di uscire.
Per fortuna intervení proprio lui.
<Non dire niente t/n, non dire niente> disse appoggiando la sua fronte sulla mia.

"Senza volerlo sei entrato nella mia vita, in un modo molto strano, ma ci sei entrato. È un po' bizzarro comunicare con un bigliettino come si faceva da piccoli alle elementari, però non ho il coraggio di parlarti di persona e l'opzione di mandarti uno stupido messaggio è esclusa, una lettera è più romantica. Le uniche lettere che io abbia mai mandato sono quelle per mia madre, quindi è molto strano essere sul tavolo della cucina a scriverne una per te. Quel bacio che ci siamo dati qualche settimana fa è stato incredibile, tu sei incredibile. E queste sono tutte cose che non riesco a dirti. Sarò diretta e scusa per la mia brutta scrittura ma la mia mano non smette di tremare. Ancora prima di quel bacio avevo capito che non ti vedevo più come il mio migliore amico o come un fratello, come invece ti ho sempre detto. È stato proprio quel gesto a darmi la conferma di tutto ciò che provavo. Piadina, ti amo, ti amo come la mia chitarra.
T/n.
Piegai il bigliettino e sul fronte scrissi "per piadina".
Lo lasciai sul tavolo da pranzo, così che quando Piadina sarebbe entrato in casa gli sarebbe saltato subito all'occhio.
Decisi di uscire, forse a causa della forte pressione e agitazione che quello che avevo scritto eservitava su di me.
Chiusi la porta facendo un giro di chiavi e tirai un forte respiro, mi girai e camminai sul marciapiede.
Dopo un paio di minuti la vibrazione del mio telefono si fece sentire: era un messaggio da parte di Piadina.
Non persi tempo e aprii la chat, lessi un "anch'io" sul display e sorrisi.
Si riferiva alla mia lettera.



Spazio autrice
Piarecca_supremancy, spero che la one shot ti sia piaciuta!
Ricordo che chiunque volesse un capitolo sotto richiesta deve solamente scrivermi in privato e comunicarmi le sue idee💕

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