Giustina lanciò loro delle occhiate divertite durante tutta la colazione, se ne stava lì seduta sulla sedia di plastica a guardare prima lei, e poi lui, in silenzio.
Giovanni quella mattina si era svegliato presto, aveva visto l’alba colorare il cielo e le colline ed entrare nella stanza, aveva sentito il calore del sole sul petto, lì dove Adele aveva appoggiato la mano prima di addormentarsi. Poi i suoi respiri gli erano finiti tra il collo e la spalla e i suoi capelli gli solleticarono le orecchie.
Adele era bella quando si svegliava, Adele era bella sempre e in qualsiasi situazione, anche a sedere su un tavolino di legno mangiato dalle tarme, in un giardino, con i capelli scarmigliati e gli occhi assonnati.
Giustina si era accorta del sentimento che c’era, era riuscita a vederlo riflesso nei loro occhi non appena li aveva incrociati, diventando un’eco della sua storia bloccata nel passato.
Versò un po’ di tè freddo nella tazza di Adele con eleganza e avvicinò al piatto di Giovanni un barattolo con varie verdure sottolio.
«Dunque, avete mai visto Positano? Vi consiglio davvero di andarci, oggi è una bella giornata! Siamo a inizio settimana, non ci dovrebbe essere troppa gente.»
Giovanni le sorrise.
«Potremmo fare un giro, sì.»
«A Positano ho dato il mio primo bacio, sapete? Avevo quindici anni, la Vespa della mia amica Silvia aveva avuto un guasto al motore ed eravamo rimaste in mezzo di strada. A un certo punto arrivò un ragazzo con un suo amico, si chiamava Gennaro ma si presentava come Gennarino – non ricordo quale fosse il nome dell’altro – e iniziò subito a farmi la corte! Da dove vieni, che scuola fai, ti piace l’estate, esci con qualcuno, insomma mi riempì di domande mentre stavamo sedute sulla Spider di suo padre. Era bello, sfacciato, più grande di me di qualche anno e molto sicuro di sé. Io e Silvia rimanemmo con loro fino alla sera quando organizzarono una festa sulla spiaggia, non ero mai stata ad una festa, pensate! Poi ballammo insieme, e ad un tratto mi baciò, così, come se fosse una cosa naturale. Era così alto che si dovette abbassare un bel po’ prima di arrivare alla bocca, ah!»
Adele aggrottò le sopracciglia e finì il pezzo di crostata che le rimaneva nel piatto.
«E non vi siete più visti?»
«No, cara», si pulì le labbra con un fazzoletto e lo accartocciò in una mano, «L’estate dopo ho incontrato mio marito e sono sempre rimasta qui. Ho saputo che fa il pescatore – d’altronde qui che altro lavoro puoi fare – e che è sposato da tanti anni ormai. Però mi piacerebbe incontrarlo di nuovo.»
Giustina associava quell’uomo alla felicità, senza saperne esattamente il motivo. Forse perché l’aveva conosciuto in un momento bello della sua vita, quando non aveva problemi, responsabilità, rimorsi. Quando pensava solo a godersi il mare e a divertirsi con le sue amiche di paese.
La ragazza dalla pelle marmorea si sentì comprimere la gabbia toracica, accavallò le gambe per non darci peso.
Quindi, due persone potevano incontrarsi e perdersi così facilmente nonostante fossero innamorate o fatte l’una per l’altra?
E allora qual era, effettivamente, la cosa che teneva due persone insieme e non le faceva separare per niente al mondo?
Scacciò i pensieri con una mano, come si fa con una mosca fastidiosa, poi si ordinò i capelli dietro le orecchie.
«Sarebbe bello visitare Positano. Come ci si arriva?»
«Ma tesoro vi può accompagnare Fabio con l’Ape! Aspetta che lo chiamo…» Si alzò dalla sedia facendola grattare sul pavimento e uscì dalla zona d’ombra che si era creata grazie ai limoni piantati attorno al tavolino. Sparì dentro casa insieme al suo poncho, le frange che dondolavano a destra e sinistra. Tornò pochi istanti dopo con Fabio appena sveglio, quei pochi capelli rimasti gli si erano rizzati sulle tempie e mise una mano sopra gli occhi per la troppa luce. Appoggiò il giornale che portava sottobraccio sul tavolino, e si sedette.
«Che ti siedi, Fabietto? Devi portarli a Positano, sennò fate tardi!»
«Ma devo fare colazione, mamma!»
«Mangi qualcosa mentre guidi, dai su.»
Così, dopo mille lamentele della madre, il povero Fabio si dovette accontentare di un biscotto e mezza tazzina di caffè, e fu presto alla guida dell’Ape con Giovanni e Adele seduti sul retro che si scambiavano sguardi furtivi, sempre un po’ più innamorati.

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Il tempo di una sigaretta
Romance«Tu potresti salvarmi» disse lui. Lei, con lo stomaco sottosopra e il labbro fra i denti, tentennò. Salite e discese, questo era il ritmo stancante della loro ingarbugliata relazione, di quell'amicizia improbabile, di quel gioco in cui vince chi è p...