Angelo Azzurro

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Sbuffo, bevo un goccio di coca-cola e volgo lo sguardo sulla pista. Da è lì, avvinghiato a un ragazzo, o almeno quello che sembra un ragazzo. Nel mondo c'è molta più varietà di quanta immaginassi, anche perché in dieci anni che mi sono scoperto omosessuale, ne è passata di acqua sotto i ponti della libertà sessuale delle persone. Transessuali, genderfluid, agender, intersex, ogni tipo di queer che esista, Da ne è attratto. La sua bisessualità liceale è lentamente maturata in pansessualità. "Hai un bel viso e un bel corpo? Sei perfettə per una notte con me. Se sei simpaticə, possiamo anche berci una birra ogni tanto. Se proprio riesci a far breccia nel mio cuore, potrei pure pensare di ufficializzare la cosa. Ah, sei in un periodo in cui non riesci bene a capire il tuo genere? La parte negativa dov'è?".

Le discoteche proprio non mi vanno giù; poi a ventisette anni, mi basterebbe un bar, un pub tranquillo, una birra per gli altri e un caffè per me, non sono in cerca di divertimenti matti come un diciottenne. Da, invece, dall'alto della sua laurea in architettura, il suo studio avviato e un bambino di un anno, riesce comunque a dimenarsi come un forsennato a ritmo di questa canzone house, affinando le sue tecniche di seduzione serata dopo serata. Da padre... ma chi se lo sarebbe mai sognato. Certo, un preservativo rotto e una sbronza colossale sono i veri protagonisti di questa passata gravidanza, ma lui e la madre, che si sono categoricamente rifiutati di avviare una relazione tra loro, se la cavano bene con Felice, iperattivo come il padre e curioso come la madre.

«Hey...» mi dice, o, meglio, mi urla un uomo di fianco a me, appoggiato al bancone come me. Io mi volto e gli sorrido gentile, per ricambiare il suo saluto, ma non creandogli aspettative. Odio questa cavolo di discoteca gay e odio Da per avermici portato a tradimento. Non bevo, non mi piace ballare e non sono alla ricerca di nuove conoscenze, fugaci o durature che siano, direi che non ho motivo per essere qui. «Di molte parole, vedo...» continua lui. «Non sembri particolarmente entusiasta di trovarti qui»

«Non lo sono, infatti» brontolo. Lui scuote leggermente il suo bicchiere per mischiarne il contenuto.

«Sei da solo?» mi domanda. Scuoto la testa e ricerco Da nella folla, trovandolo esattamente come l'avevo lasciato. Lo indico al mio nuovo interlocutore con un gesto del capo.

«Sono con quel mentecatto laggiù, mi ci ha trascinato contro il mio volere». Ridacchia, senza neanche guardare Da, la sua attenzione tutta su di me.

«Che hai lì?» chiede indicando il mio bicchiere, sorseggiando poi dal suo. «Qui angelo azzurro»

«Oh, io coca cola. Sono astemio. Poi serve qualcuno che guidi». Non mi sembra stupito, non fa altre domande, continuando a bere il suo angelo azzurro. Poi fa un passo verso di me, facendo in modo che le nostre braccia, il suo destro e il mio sinistro, si sfiorino. Non ho nessuna reazione particolare: non mi scosto, ma non sono neanche euforico di questo contatto fisico.

«Non ci siamo neanche presentati... Vittorio, piacere» mi dice, allungandomi la mano. Gliela stringo, giusto per non sembrare troppo uno con una scopa in culo.

«Adam» asserisco brevemente. Avrei dovuto dare un nome falso? Bha, vabbè, sai quanti Adam ci saranno nel mondo, mica gli ho dato il mio codice fiscale. Lui mi sorride, fa per dire qualcosa, ma si blocca quando parte una canzone nuova. Non la conosco, ma forse potrebbe essere Rihanna... o Beyoncè. Sembra molto sensuale, non che mi interessi più di tanto. In ogni caso, non sarà di certo una canzone a incentivare questo stuolo di uomini arrapati a provarci con le loro rispettive vittime.

«Dai, bella! Balliamo!» esclama Vittorio, afferrandomi per un braccio e trascinandomi in pista. Io rimango fossilizzato sul posto, tra questa folla di erezioni, mentre lui inizia a ondeggiare i fianchi a tempo. Onestamente? È un bell'uomo, capelli quasi alla militare, scuri –o almeno, credo–, alto, stazza media, ben proporzionato, vestito decentemente, con una camicia chiara e dei jeans. Balla bene, sembra molto sicuro di sé e, nonostante solitamente lo vedrei come un sintomo di arroganza, ora mi appare più come estroversione. «Sciogliti un po'!» mi grida nell'orecchio per farsi sentire. Assolutamente no. Mai, mai e poi mai. Fosse l'ultima cosa che faccio.

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