Mamma anatra

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«Dado!» sento gridare e mi sveglio di soprassalto, giusto per vedere Felice saltare di scatto sopra il letto e lanciarsi su di me, stringendomi le sue braccine attorno al collo. «Sei tornato!» uggiola, guardandomi con occhi luccicanti. Mugugno, annuendo e passandomi svogliato una mano sulla faccia. Non è esattamente quello che intendo io come buongiorno. Feli, dal canto suo, decide di stritolarmi ancora di più, lasciandomi ben poche possibilità di respirare correttamente.

«Dado è tornato, ma se continui così, ci molla di nuovo, Felice, lascialo un po'» borbotta Da, infilandosi sotto le coperte e seppellendo la testa sotto il cuscino, a mo' di struzzo. Ma che ore sono? Ma cosa sta succedendo? Ouch, ho capito che essere fertile non è tra le mie priorità, Feli, ma ti prego, lascia in pace i miei testicoli.

«Sei tornato, sei tornato, sei tornato!» continua, saltellandomi sopra. Una scena che vista dall'esterno potrebbe essere tanto ambigua. «Dov'eri?»

«In un'altra casa...» mormoro dubbioso.

«Questa è casa tua, non devi mica averne un'altra!» esclama, leggermente crucciato, appoggia nuovamente la testa sul mio petto e decide di porre fine alla mia esistenza strangolandomi con le braccia. Ricambio l'abbraccio e gli do un paio di carezze sulla schiena. È stato molto carino a dirmi così. E ha ragione, questa è casa mia, questo è il mio posto. «Ma... sei andato via perché ti ho fatto arrabbiare io?» mi chiede, poi.

«Oh... no, tu non mi hai fatto arrabbiare, tranquillo...»

«Ti ha fatto arrabbiare papà?»

«Papà non ha fatto niente...» brontola la mummia alla mia destra. Bha, circa, maledetto. Finalmente, il mio cervello mette in moto tutti i neuroni e ieri sera torna a galla con tutte le sue informazioni. Ecco, ora sono un po' irritato. Ieri abbiamo dovuto affrontare l'ansia e la disperazione, oggi avremo a che fare con questo dramma di Manuel. Devo incazzarmi e far sentire in colpa il quasi traditore, un goccio di più di quanto si senta già. E pensare a una punizione adatta.

«E allora perché sei andato via?»

«Ehm... io... io e papà dovevamo... pensare a delle cose... da soli» provo a dire. Ok, le probabilità di fare un altro bambino sono colate a picco. Mi ero disabituato a Felice e al mostro domanda e l'idea di rifare il discorso "a cosa servono le palline" con un nuovo pupo mi fa venire voglia di uscire di casa e andare a comprare una fornitura a vita di preservativi. Sia mai che possa succedere l'impensabile.

«Potevi venirmi a trovare! Ero triste, se non ci sei tu, è noioso giocare coi Lego! Il tuo personaggio litiga sempre con quello di papà!». Questo è vero, quando Licia e Gian Beppe litigano, Feli si scompiscia. «Ma ora sei qui! Non te ne vai più, vero?»

«No...» esalo. Poverino, adesso mi sento in colpa io a non aver minimamente pensato a lui in tutto questo tempo. Gli accarezzo la testa, non so se aiuta, ma solitamente è facilmente corrompibile con le coccole.

«Promesso?» guaisce. Basta con ste promesse. Ma che gli è preso ai Loduca questo weekend? E non andare in panico, ed eredita la responsabilità genitoriale di Felice, e non andare più via. E che cavolo.

«Promesso» mormoro. Squittisce e mi tira una testata sul petto per abbracciarmi ancora più forte. Ottimo.

«Oggi facciamo tutto quello che vuoi tu! Così capisci che ti vogliamo bene e ti vogliamo con noi!» esclama, entusiasta. Ok, troppo tenero, non ce la posso fare così. «Cosa vuoi fare?»

«Adesso, devo fare pipì...» rispondo. Col suo ginocchio a schiacciarmi la vescica, non ho molte altre opzioni. Almeno ha avuto la precisione di puntare la rotula contro la vescica e non contro il mio glande, due millimetri più a sinistra.

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