VII. In gabbia

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Buona domenica! Capitolo più lungo anche stavolta, perché non mi sembrava avesse senso dividerlo. Nella prima parte c'è un accenno di violenza sessuale (tentata), attention!


VII. In gabbia


«Cosa state facendo?» chiese, allarmato, appena mise piede nella stanza.

Nikolaj Sotarov emise un grugnito. «Lo spostiamo.»

Aveva una frusta in mano, mentre un altro membro della druzina, Gavril Suskin, teneva uno strumento simile a una lancia con l'estremità a forma di cappio. Per afferrare la testa, capì Andrej.

«Bisogna pulire quella gabbia di tanto in tanto.»

«Ma lo avete sedato?»

«Certo, cosa credi, che apriamo la gabbia così senza averlo un minimo sedato? Io ci tengo a non farmi sbranare.»

Nikolaj sputò uno spesso grumo di saliva a terra, poi azionò i comandi per far scendere la gabbia e aprirla. Il lupo bianco aveva ancora gli occhi aperti ma sembrava frastornato. Quando Suskin tese l'estremità della lancia per afferrargli il muso, reagì di riflesso, un riflesso smorzato, blando, ma comunque reagì: emise un ringhio tra i denti e si acquattò sulle zampe. La frusta di Nikolaj schioccò in aria.

«Non così!» urlò Andrej quando lo vide colpirlo al fianco. Il lupo guaì e mostrò ancora di più i denti, addossandosi contro il fondo della gabbia. «Ma sei idiota? Così lo innervosisci! Prendetelo e basta.»

«Non dirmi tu quel che devo fare, ragazzino» grugnì Sotarov e agitò la frusta per un'altra sferzata.

Andrej si frappose tra lui e l'apertura della gabbia. «Fermati.»

«Vuoi rovinarti il bel visetto? Levati dai coglioni.»

«Ti ho detto di fermarti. Non c'è bisogno di usare violenza, lo avete già sedato.»

«Una botta non è mai di troppo quando hai a che fare con zanne appuntite. Levati da davanti, non te lo ripeto.»

«Ti ho detto di lasci...»

«Ehi, che succede qui?» Arrivò una voce, dal fondo della stanza, a cui seguì lo sbattere della porta. Era Sergej, il suo tono smaccatamente annoiato era inconfondibile.

«Vory.» Nikolaj si mise subito sull'attenti, Gavril Suskin si limitò a un cenno del capo, grattandosi l'orecchio. Scrutava il lupo acquattato nell'angolo.

«Che cazzo fate, idioti, una chiacchierata? Togliete quel lupo da lì.»

«Lo stavamo facendo, ma il ragazzino» c'era una tale dose di sprezzo mista a fastidio nel tono con cui Nikolaj Sotarov pronunciava quella parola che Andrej si chiedeva se fosse mai stato giovane, lui, «ce lo impedisce.»

«Lo stava frustando!» ribatté prontamente. «La sua pelliccia vale più di tutti i tuoi organi o te lo sei scordato? E poi non è così che si trattano i lupi.»

Da altezzosa l'espressione di Sergej si contorse e divenne accigliata. «Quella pelliccia è da tenere integra, coglione. Prova a rovinarla e ti faccio tagliare le palle. E poi ascoltate Andrej riguardo al modo di trattare il lupo, quante volte devo ripeterlo?»

Sotarov ingoiò. Andrej lo vide letteralmente ingoiare, il pomo che andava su e giù, l'avversione che tracimava nel suo sguardo ma che tenne a bada, per non mostrarla a Novikh. Fece passare Suskin, che si occupò di "agganciare" il muso del lupo. Lo tirarono fuori con non poca fatica.

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora