XXIII. Aria di tempesta - seconda parte

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«Cosa succede?»

Inessa era in piedi, le mani ai fianchi. Soraya scosse la testa; anche lei non riusciva a capire. Al contrario della sorella stava seduta, ma continuava a gettare occhiate alla porta chiusa della sala grande dove si erano assiepati gli "Stati Generali". Suo padre aveva indetto una riunione d'urgenza tra i suoi pretoriani dopo aver ricevuto una chiamata da non sapeva chi, forse Dimitrij. Non aveva capito cos'era successo, ma doveva trattarsi di una faccenda importante perché era apparso teso: dopo la telefonata si era alzato da tavola intimando a entrambe di andare subito nelle loro camere, una volta finito di cenare. Ovviamente loro non avevano obbedito.

«Detesto che ci tagli fuori così» stava dicendo Inessa, sulla soglia del salotto. Batteva impaziente il piede sul pavimento, l'espressione che si faceva ogni istante più corrucciata. «Non dovremmo essere convocate anche noi? Parla di iniziazione, responsabilità, passaggi di consegne, matrimoni e quant'altro, e poi ci tratta ancora come bambine.»

Soraya si schiarì la gola. «L'iniziazione l'ho avuta io, tu sei ancora troppo...»

«Oh, non cominciare! Sono più piccola di te di un anno soltanto e ho tutto il diritto di essere coinvolta anche senza fanfare ad annunciarmi. Secondo te cosa sta succedendo?»

«Non ne ho idea.» Scrollò le spalle e cercò di arginare il nervosismo della sorella. «Stai tranquilla. Saranno le solite scaramucce di Mosca, lo sai che qui la gente ha la testa più calda, che ci sono lupi più... selvaggi.»

Era il motivo per cui loro padre aveva deciso anni prima di trasferirsi a Mosca, abbandonando la roccaforte di San Pietroburgo. Per i loro affari nell'Organizatsya, certo, ma anche per avere un maggior controllo della comunità vulkulaki moscovita che, come i suoi abitanti umani, era selvaggia, rude, scabrosa – incontrollabile. Mosca per secoli era stata popolata da branchi allo stato brado, senza regole se non quella di uccidersi a vicenda. L'influenza dei Vosikiev era accresciuta dall'Ultima Guerra e aveva reso la città meno instabile, ma tra le sue strade l'aria che si respirava – lei lo sentiva – era quella elettrica di un armistizio, non di una pace.

Forse un lupo aveva rotto i ranghi e attaccato un umano. In quei casi sapeva bene qual era la procedura: spesso e volentieri non era possibile cancellare la memoria dei testimoni, quindi chiunque avesse visto un vulkulaki in azione doveva essere eliminato.

Vide di non fasciarsi la testa, comunque. Se suo padre non le aveva convocate, aveva le sue ragioni.

Inessa, dopo aver sprecato altri cinque minuti appostata sulla soglia, perse presto la pazienza e la raggiunse in salotto. Si buttò sul divano di fronte alla poltrona dove, per ingannare il tempo, Soraya si era messa a leggere L'Idiota di Dostoevskij. Era alla sua quarta rilettura, in realtà. Non era una lettrice vorace come sua madre, preferiva rileggere libri che già conosceva, che aveva assaporato e metabolizzato, cercando tra le righe una nuova chiave di lettura, un aspetto nascosto che prima non aveva notato.

Era arrivata a una delle sue scene preferite: il compleanno di Nastasja Filippovna, quando la giovane donna avrebbe dovuto rispondere alla proposta di matrimonio di Ganja. Le era sempre piaciuto quel passo come le era sempre piaciuta Nastasja – una delle prime eroine letterarie di cui si era innamorata, forse. Le piaceva come tutto fosse calmo e dignitoso e poi d'un tratto, senza preavviso, esplodeva il dramma: il principe Myskin, la cui bontà faceva terrore a tutti, dichiarava il suo amore a Nastasja confessando di essere erede di una grossa fortuna, mentre Rogozin, che di Myskin era l'opposto, offriva a Nastasja centomila rubli invitandola a fuggire con lui. A quel punto Nastasja, fuori di sé, gettava il denaro tra le fiamme del camino e chiedeva al fidanzato Ganja di riprenderlo.

Che stai aspettando? Non vergognarti! Avanti! Si tratta della tua felicità!

Aveva riletto quel passo così tante volte da convincersi che la felicità che bruciava non era quella di Ganja, bensì di Nastasja. Perché lei allora fuggiva nella notte con Rogozin, rifiutando l'amore di Myskin e di Ganja; fuggiva mentre le davano della pazza e andava incontro al destino di donna perduta che tutti le avevano già attribuito.

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora