II. Bad Fellows - seconda parte

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Aveva iniziato a nevicare, fuori: grandine si abbatteva senza posa sui vicoli sudici della periferia; cristalli di neve friabile scorrevano come lente scie di lumache contro il vetro sporco di quel bar. Sembrava di essere finiti nel cesso di un qualche inferno; in effetti c'era scritto dietro il bancone, a caratteri cubitali, in un cirillico sbilenco: Benvenuti al cesso dell'inferno, per lo scarico seconda porta a sinistra.

«Ecco qui» fece Ilyas, mentre si risedeva con le birre.

Squadrò attentamente il ragazzo, Aisha era seduta accanto a lui. Lei si limitò a sorseggiare la birra scadente, continuando a guardarsi intorno con piatta attenzione, mentre il russo la bevve tutta in un sorso quasi strozzandosi.

«Quindi voi, coff, non siete russi.»

«Vacci piano con quella roba, chissà che agenti chimici ci mettono per farla così merdosa.»

«Veniamo dal sud dei Balcani» spiegò Aisha. «Uno di quei posti dimenticati da Dio.»

«Dio attualmente si dimentica di un sacco di posti» osservò il ragazzo.

«Ti assicuro che certi più di altri.»

Aisha strinse il suo bicchiere. C'era freddo, nonostante l'ambiente fosse chiuso: era pieno di spifferi, quel locale, l'odore stantio della fuliggine si mischiava al fiato greve degli avventori. Ogni tanto la porta si apriva per accoglierne un altro e faceva entrare così il silenzio smorto e gelido della strada. C'era quell'odore, l'odore che lei conosceva bene, a forza di aver battuto tante volte posti come quelli nelle loro peregrinazioni per la Russia: sentore di umido, la moquette sdrucita di troppi passaggi, gli aloni dei respiri lasciati sui bordi dei bicchieri; quelle tracce esangui di vita nell'aria acre di tabacco, di fondale sociale, di fogna.

Erano posti del genere, pensava, gli unici in cui, paradossalmente, si poteva respirare con libertà.

«Tu da dove vieni?» chiese al ragazzo, il quale si guardava intorno con lo spaesamento più evidente possibile.

«Dal Krasnodar.»

«È bello lontano.»

«Me ne sono dovuto andare.»

«Perché?»

«Perché... beh, diciamo che la mia famiglia non è l'ambiente migliore del mondo e io dopo aver scoperto questa cosa non...»

«Aspetta, andiamo con calma» lo interruppe fermamente Ilyas. «Noi ti diciamo quel che vuoi sapere sui vulkulaki – e vedi di usare un tono basso come il mio –, ma tu racconti per filo e per segno come sei arrivato qui.»

«Sì, ma anche voi.»

«Sei tu che hai bisogno di noi, non il contrario, quindi le regole le fissiamo noi.»

«Per noi intendi tu?» replicò stizzito Sasha, occhieggiando Aisha, la quale sospirò.

«Ilyas, per favore.»

«Ilyas cosa? Per quanto mi riguarda possiamo anche andarcene e lasciarlo a lisciarsi la pelliccia nuova da solo, cosa vuoi che freghi a me...»

«Un tripudio di solidarietà tra simili impressionante il suo» sbuffò il ragazzo, rivolto a lei, guadagnandosi un'occhiata truce da parte di Ilyas.

Aisha cercò di calmare gli animi: «Siamo tutti sotto la stessa neve, come si dice da queste parti, quindi è inutile stare qui a battibeccare. Non importa da dove veniamo perché non sappiamo neanche dove stiamo andando. In realtà...»

«Non sono fatti tuoi.»

«Nemmeno da dove vengo io allora sono fatti tuoi!»

«Io direi di andarcene.» Ilyas si stava già alzando, ma la mano di Aisha lo fermò; era esasperata.

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora