Sotto le zampe le foglie gelate scricchiolavano. Lukas alzò il muso, verso la luna pallida e silente. Emise un lungo ululato, attirandosi lo scorno del suo compagno.
"Non ti preoccupare" gli fece. "Non ci sente nessuno qui."
L'altro non rispose.
La notte si stendeva limpida e gelida, il nitore del cielo era un conforto. Pensò alle notti bianche della Siberia, alla loro oscurità color cobalto, alle aurore cangianti sul venire dell'alba. Ogni cosa in quel buio si vedeva con nitidezza, stagliata contro il lindore di un cielo sconfinato; ogni cosa stava al suo posto, quasi incredula, come appena creata. Si sarebbe quasi detto, in quelle notti, di sentirsi vicino a un dio.
La sera prima era caduta la neve; sotto lo strato bianco si nascondevano insidie – pietre, radici, affossamenti – che sapeva evitare, conoscendo ormai a menadito quel bosco. Era lui a fare strada, Ilyas lo seguiva malvolentieri, scocciato all'idea di stargli dietro invece che correre libero. Lukas però era stato categorico: se non voleva farsi scoprire, doveva stare alle sue regole. Pur così bizzoso pareva almeno tenere alla sua pelliccia.
"Siamo quasi arrivati" disse, intravedendo la biforcazione degli alberi che portava a un piccolo lago naturale.
Un tempo c'era una ferrovia nei paraggi: erano rimasti resti di binari tra i ciuffi di gramigna. Si era creato un terrapieno e, a causa dell'altezza, sembrava che il terreno digradasse fino a espandersi in una radura vuota e selvatica. Era un terreno sul quale era fin troppo facile cadere, così fangoso e molle, cosparso di radici affioranti e di pietre, ma loro si muovevano ben saldi sulle zampe, confondendosi nell'oscurità lattescente della luna.
"Ecco."
La radura si apriva come una promessa, come un abbraccio che accoglie. I fruscii degli alberi erano l'unico suono oltre i loro passi. Lukas sentì il sobbalzo del respiro del lupo accanto a sé, quasi riuscì a percepire la sua eccitazione.
"Corriamo."
Non lo aspettò: si slanciò, la terra che iniziava a scivolare sotto di sé. Il vento diventò una lama contro il muso, che lo accarezzava e lo feriva al contempo. Era come se il mondo si stendesse davanti a lui, di colpo alla sua portata. Poche cose nella vita gli davano quella sensazione di lacerante libertà che provava correndo sotto forma di lupo. I suoi passi percuotevano la terra e sentiva il calore serpeggiargli fin dall'imboccatura dello stomaco mentre i polmoni aspiravano a grandi boccate l'aria tagliente. Nient'altro, neanche il sesso, forse, era in grado di dargli tanto, e tutto in una volta. Diventava un'ombra nella notte, l'unica compagna era la luna.
O meglio: non sempre solo la luna.
Ilyas correva al suo fianco. All'inizio gli stava dietro, poi lo superò. Era veloce, più di lui, se ne sorprese: la sua sagoma snella saettava tra le ombre degli alberi quasi volesse fondersi con essi. Lukas ringhiò e mandò un profondo ruggito. Ilyas lo imitò, facendo tremare le foglie attorno a lui.
"Corri veloce" riscontrò Lukas quando si fermarono.
Nel buio gli occhi dell'altro erano oro liquido mischiato a rame verde.
"Io e mia sorella lo facevamo sempre" rispose, come soprappensiero, donandogli una confidenza che non si era aspettato. "Tra le montagne."
"Nel Caucaso?"
Fece un cenno col muso, lo alzò ed emise un lungo ululato. I suoi occhi brillavano.
"Mi è mancato."
Non capì se si riferisse alla corsa o al Caucaso; forse a tutti e due. Non indagò.
Ripresero a correre, lo fecero per quelle che parvero ore, il cielo che scivolava dietro di loro. A un certo punto, Lukas cominciò a sentire dolore alle giunture; il fiato si spezzava in nuvole di condensa che si sperdevano nell'aria simili a suffumigi di fumo. Si fermò e il ragazzo fece altrettanto, a un paio di metri di distanza. Lo vide alzare il muso e allargare le narici.
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Wolfen - Vol. 1
FantasyRussia, anno imprecisato, nel futuro di un'umanità decaduta. Li chiamano vulkulaki, mitici esseri metà lupi e metà umani. La loro estinzione, narrano le leggende più antiche, porterà la fine di un mondo già a fatica risorto, ma una guerra è in arriv...