XIII. La notte della trasformazione - seconda parte

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L'ultimo giorno di festa giunse in fretta, tra fiumi di vodka e occasionali risse. Lukas non ne contò più di venti: considerato l'ambiente, era un bel traguardo di civiltà. Si diceva che una Maslenitsa senza almeno cinque morti e qualche pestaggio non fosse una vera Maslenitsa.

«Ehi, guarda chi c'è, il siberiano!»

Sergej Novikh stava tra i suoi, ai margini dell'area del ponte che Lukas stava attraversando affiancato da Kolja per raggiungere l'anfiteatro dove si sarebbero tenuti gli ultimi festeggiamenti. Il giovane vory aveva il suo solito sorrisetto, che gli ricordava quello di una carogna emaciata, e gli occhi iniettati di sangue. Non c'era Andrej con lui.

«Novikh, sempre un dispiacere vederti.»

«Mai quanto il mio. Dimmi, hai assoldato dei khachi nella tua druzina? Mi è giunta voce che stai mettendo su un campo di zingari. Cos'è, nostalgia delle origini?» Sghignazzò come compiacendosi della battuta, che generò ilarità tra i suoi.

Lukas gli rivolse un sorriso freddissimo. «Quanto andavi male in geografia per non sapere che la Siberia fa parte della Russia?»

«Sappiamo tutti che razza di sudicio miscuglio di razze sia la Siberia; non mi sorprenderebbe sapere che tua madre se la faceva con un nochčà o magari tuo padre era un calmucco.»

Usò il termine dispregiativo che si usava per i ceceni e Lukas glielo rigirò contro con soave calma. «Tuo fratello non se la forse coi ceceni? Uno dei suoi galoppini viene da Novgorod o sbaglio?»

«Chi, quel senza palle di Miroslav? Oh, sì, sì, e infatti Aleksandr lo tiene al suo posto. Mio fratello ha un sacco di difetti, ma non si può dire che non faccia rispettare le gerarchie.» Sergej fece un passo avanti, verso di lui. Tra le narici Lukas poté sentire il forte puzzo d'alcol che emanava il suo alito. «Tu invece che ti ergi come se ne avessi diritto...»

«Novikh, non rompermi. Sono russo quanto te e, anche se non lo fossi, varrei più della tua merda.» Fece anche lui un passo avanti. Avevano quasi la stessa statura, lui e Sergej, una cosa che non gli era mai piaciuta. «A proposito di galoppini, dov'è il tuo? Ha preso il trotto con qualcun altro?»

Novikh sorrise, sfregandosi un angolo della bocca. «Ringrazia che il tuo culo nero serva a qualcuno in questa città – non certo a me –, ma stai in guardia perché non servirà ancora per molto e quando verrà quel giorno...»

«Oh, ora siamo passati alle minacce?»

«Nessuna minaccia, siberiano, non ne vali la pena. Quando non servirai più non dovrò neanche sprecarmi a calpestarti. Intanto vedi di rimanere tra i ranghi, da bravo soldatino. Devo pisciarti in bocca perché tu senta il sapore del mare? Capisci l'antifona.»

«Conosci anche la parola "antifona", ma dai. Sergiski, sei una sorpresa ogni giorno di più.»

Lukas aveva le braccia incrociate e lo guardava con un sorriso annoiato. Tutta quella situazione lo annoiava, di fatto, perché non considerava Sergej un elemento per cui prendersi il disturbo, anche se le loro schermaglie, doveva ammetterlo, avevano un loro rozzo divertimento – gli ricordavano l'atmosfera della truppa.

Il figlio di Vor sparò qualche altro insulto, poi se ne andò col suo codazzo al seguito. Checché ne dicesse, l'allusione all'assenza di Andrej lo aveva irritato.

Lukas superò il ponte insieme a Kolja; l'anfiteatro apparve contornato di luci rade quanto le stelle bionde assise in cielo. C'era una pedana al centro dove il Vor Boris Novikh avrebbe tenuto il suo discorso – si festeggiava anche il suo compleanno. Si fermò all'entrata, dove si erano assiepate molte persone. Riconobbe alcuni della sua druzina, tra i quali Kirayev e i due fratelli ashkali. Non ci mise molto a capire che stavano scommettendo.

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora