XXIX. In your memories - prima parte

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Suo padre era stato livido appena lo aveva saputo, ma non aveva esitato un istante.

«Le faremo tornare la memoria. Soraya?»

Le aveva rivolto uno sguardo che lei conosceva bene: duro ma fiducioso, che non attendeva una risposta, bensì una semplice conferma. Da quando era bambina suo padre l'aveva sempre ritenuta capace di fare tutto quel che le avrebbe chiesto.

Lei aveva esitato solo un attimo. «Va bene.»

Non era tanto sicura di quel piano, in realtà. Raisa sembrava convinta che, se lei e Sasha Kirayev fossero entrati nella mente di quella ragazza, Aisha, sarebbero riusciti a schiuderle i ricordi. Come se ci fosse una porta che entrambi avrebbero potuto sfondare. Tuttavia, se aveva imparato qualcosa in tutti quegli anni, era che la mente umana può rivelarsi una muraglia più impenetrabile di qualsiasi fortezza.

«La memoria è un meccanismo affascinante» esordì Bogdan quando si riunirono nella stanza adibita per quella "sessione di recupero". «Affascinante ma... insidioso.»

Lei e Sasha avevano passato gli ultimi due giorni a esercitarsi. Soprattutto per Sasha, Raisa aveva voluto che fosse preparato, vista la sua inesperienza. Era la prima volta che sarebbe entrato a comando nella testa di un'altra persona; Soraya lo avrebbe guidato.

«Se è sempre insidiosa, lo è ancora di più di fronte a un trauma» continuò Bogdan.

Stava parlando a tutti, ma il suo interlocutore principale era Aisha, che sedeva rigida davanti a lui, poco distante da Soraya, che si era andata a sedere vicino a Sasha. Nella stanza che era stata preparata per loro erano presenti, oltre suo padre, anche Raisa, Viktor e Nikita, due dei più fedeli dei Khlysty, e infine il fratello di Aisha, quell'Ilyas che aveva insistito per accompagnare la sorella anche se imbragato nel gesso e costretto a muoversi con le stampelle. Sedeva dietro di lei, gli occhi stretti e l'espressione cupa, diffidente, rivolta a Bogdan che, in quanto vulkulaki senziente capace di manipolare i ricordi delle persone, spiegava cosa avrebbero fatto nei termini più chiari possibili.

«Si chiama "memoria traumatica" ed ha caratteristiche particolari. Non voglio tediarvi con dettagli troppo tecnici, ma è importante sapere come funziona il nostro cervello per poter "entrarci". Nella profondità dell'encefalo, nell'antichissima struttura del sistema limbico, la prima cosa da considerare è l'amigdala, che immagazzina la memoria emotiva. È così: simile a una grossa mandorla.» Alzò una mano e chiuse il pollice e l'indice per formare un ovale. «Poi c'è la corteccia prefrontale per la memoria cognitiva.» Si picchiettò la fronte. «E infine viene l'ippocampo, sede della memoria semantica, il nostro archivio a lungo termine.

«Quando succede qualcosa di grave l'amigdala è la prima a suonare l'allarme. Ci permette di reagire subito. Vi faccio l'esempio di un incidente d'auto: il motore della macchina va a fuoco e l'amigdala scatta a chiedere al corpo di secernere l'adrenalina e tutte le altre droghe endogene necessarie affinché possiamo toglierci da quella situazione, uscendo dalla macchina, correndo via eccetera. Sono quei momenti in cui quasi non si sente nulla, solo l'odore del pericolo. Soltanto una volta in sicurezza interviene la corteccia prefrontale, che avrà avuto il tempo di analizzare la situazione, mentre l'ippocampo l'avrà comparata con la sua banca dati e insieme andranno così a modulare, affinare e far sentire la risposta emotiva dell'amigdala. Cosa significa? Che è allora che ci renderemo conto di avere, che so, una costola rotta che fa incredibilmente male o di sanguinare dal naso o di non riuscire a camminare. Penseremo di sdraiarci, di premere con una mano la ferita e cercare aiuto. Poi giorno dopo giorno quel ricordo verrà archiviato nella nostra memoria autobiografica dall'ippocampo e diventerà una di quelle storie interessanti da raccontare agli amici. Chiaro fino a qui?»

Ci fu un breve mormorio d'assenso. Bogdan assentì e continuò.

«Di fronte a un trauma la memoria reagisce in maniera diversa perché i meccanismi cerebrali che registrano, immagazzinano e recuperano i dati associati alle manifestazioni emotive di un evento traumatico sono diversi da quelli che consentono la memoria conscia e la riflessione razionale sullo stesso evento. Si sviluppa spesso quel che in gergo viene chiamato "disturbo da stress post traumatico". Sono sicuro che ne avete già sentito parlare. Tu non sei stato un soldato, ragazzo?»

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora