XVIII. L'iniziazione - prima parte

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Adhez.

Nel silenzio la parola risuonava e riverberava come un sasso gettato in un pozzo o il suono di una lastra di metallo percossa dall'incudine.

Adhez.

Aiuto...

«Stai bene?»

Distogliendo lo sguardo dal vuoto in cui per un momento si era persa, Aisha trovò gli occhi di Sasha che la fissavano, un po' incerti.

«Sì» rispose e il mondo ritornò coi suoi contorni e i suoi colori. Anche il viso di lui tornò, lungo e pallido, dai lineamenti morbidi, una presa sicura sulla realtà.

«Non pensare a quel tipo» le disse, sedendosi accanto a lei. Ilyas era già seduto e perlustrava il resto della sala. «C'è gente strana in giro.»

«Solo tra voi russi» sibilò Ilyas, smettendo di squadrare l'ambiente circostante.

Avevano trovato una buona posizione in una delle file più alte di quelle gradinate, costruite, si vedeva, in un'epoca più recente della costruzione della fabbrica. La sala, che avrebbe potuto contenere almeno trecento persone per quanto era ampia, aveva un soffitto altissimo ed era fredda. La mancanza di una fonte di calore si sentiva anche se erano stati accesi dei fuochi. Le fiamme troneggiavano andando a sfiorare la calce del soffitto, lingue rosse fumiganti attorcigliate come belve in lotta tra loro. Per via dell'ombra dei fuochi l'atmosfera era sinistra, stagnante; Aisha si guardava attorno trovando solo facce estranee.

«La stranezza non è prerogativa dei russi» stava borbottando Sasha, al che Ilyas gli scoccò un'occhiataccia.

«Sarà che tutte le teste di cazzo le ho incontrate qui.»

«Tu sei così normale invece!»

«Voi russi credete sempre di avere diritto a tutto, è questo il vostro problema.»

«Come fa a conoscere l'ashkale?» si chiese lei, per nulla interessata al loro battibecco. Ne avevano uno ogni cinque secondi, tanto.

«Non ci pensare. Se lo rivediamo gli pianto un coltello nelle viscere.»

«Ilyas, smettila.»

«Cosa dovremmo fare? Quello non è ashkale, si vede, e non capisco perché...»

«Smettila di fare così.» La voce risuonò stranamente dura anche al proprio orecchio. «Prima non dovevi porti in quel modo.»

«Che cosa?»

«Me la so cavare benissimo da sola. Smettila di metterti sempre in mezzo.»

«Io voglio solo...»

«Non sono più una bambina. So badare a me stessa, quindi non metterti in mezzo.»

Sentiva Sasha, accanto a lei, che accennava un moto d'accordo.

Ilyas si rabbuiò, ma non replicò. Tornò a fissare davanti a sé con quello sguardo cupo. Era cupo da giorni, in realtà, da quando aveva rivisto il generale. Aisha cercava di capirlo, tentava di giustificare i suoi sbalzi d'umore e le sue maniere più irritanti di una pianta d'ortica, ma a volte era davvero difficile.

Videro una faccia conosciuta, finalmente, in quella torma di gente. Lukas Maraskin stava parlando con qualcuno a pochi posti di distanza da loro, in piedi. Sasha sventolò una mano in sua direzione. L'uomo li raggiunse pochi minuti dopo, il passo elastico, cadenzato, la luce dei fuochi che rendeva i suoi lineamenti, se possibile, più affilati e la forma delle spalle più ampia. Indossava una giacca scura di pelle e la sua piastra d'identificazione militare spezzata.

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora