Prologo

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Le porte della sala operatoria vennero aperte.
L'intervento si era concluso, con grande successo per loro. Il paziente stava bene, il Primario aveva fatto miracoli come al solito e un'altro intervento era andato a buon fine.
Louis si sentiva come mai prima.
Era un periodo decisamente felice per lui, pieno di soddisfazioni e di obbiettivi raggiunti.

-Ottimo lavoro, Tomlinson!- gli sorrise il suo superiore. Louis sorrise al Primario, raggiante.
I due tolsero i guanti, lavarono le mani, e cominciarono a togliere le varie mascherine. Mentre tutti gli altri medici, assistenti e colleghi vari uscivano assieme a loro, Louis tolse anche la protezione che indossava sopra la divisa.

Percorse il corridoio, massaggiandosi il collo indolenzito, e raggiunse i suoi colleghi nell'ascensore. Insieme salirono al piano superiore, poi uscirono.

Se nel corridoio del piano -2 c'era tranquillità, silenzio e calma, via via che si saliva c'era sempre meno pace.
Dove uscirono loro, ossia al quinto piano riservato a neurochirurgia, le cose erano molto meno calme di dove si trovava prima.
Per avere il caos vero, Louis avrebbe dovuto lavorare nel reparto dedicato al primo soccorso, li si che le cose erano quasi impossibili da gestire.
Non solo per il carico di pazienti che arrivava di continuo ma anche per tutti i medici e gli infermieri che si facevano in quattro per risolvere i problemi di tutti, ed erano problematiche sempre diverse l'una dall'altra, inaspettate, che richiedevano prontezza di spirito e capacità di pensare lucidamente per poter risolvere il tutto. Non era una passeggiata lavorare lì, per questo Louis non l'aveva scelta come specializzazione.
Nello stesso ospedale in cui si trovava, uno dei migliori d'America tra l'altro, aveva scelto quale sarebbe stato il suo futuro quando era ancora uno specializzando. Il pronto soccorso non faceva per lui, lo aveva capito subito. Lo agitava non sapere cosa sarebbe accaduto durante la giornata e per quanto essere un medico, in ogni caso, richieda questo genere di prontezza mentale, Louis preferiva di gran lunga arginare questo ignoto che incombeva sulla loro professione.
Perciò neurochirurgia. I suoi pazienti dovevano affrontare delle visite e poi dopo qualche tempo, tranne in rari casi, venivano ricoverati e si operava. Non era di certo come nel pronto soccorso e a Louis poi la neurochirurgia aveva sempre affascinato immensamente.

Lungo il corridoio vide tre infermieri affaccendati nelle loro cose ed un'altra che, dalla loro stanza privata, usciva per raggiungerlo e parlare con lui.

-Dottor Tomlinson, il suo paziente è arrivato con un'ora di anticipo.
-Un'ora?- chiese stupito lui.
Lei annuì.
Louis sospirò.
Il signor Smith era un uomo di sessant'anni circa, bassino, con una pancetta sblusata ed una calvizie già avviata da molti anni.
Ma soprattutto, era l'uomo più ansioso che Louis avesse mai incontrato. Anche più di quanto fosse lui di natura.
Passò le dita tra i capelli, gesto che faceva spesso ormai.
-Dov'è?
-L'ho fatto accomodare nel suo ufficio.- rispose la ragazza.
-Grazie Amelia.- e detto ciò continuò a camminare.
Con passo spedito, dopo che Amelia tornò al suo lavoro, Louis raggiunse il suo ufficio, aprì la porta e vide subito un uomo seduto su una delle due sedie per gli ospiti, posizionate davanti la sua scrivania.
-Buon pomeriggio, signor Smith.
L'uomo si voltò.
-Buon pomeriggio, dottor Tomlinson.
-Come va?- chiese Louis porgendogli la mano.
L'uomo si alzò e la strinse poi si misero seduti entrambi.
La sedia di Louis, la più comoda che avesse mai trovato in commercio, accolse la sua schiena ridotta a pezzi. Aveva girato ogni negozio che vendesse mobili, poltrone, sedie, divani o qualsiasi altra cosa comoda, di tutta la città pur di trovare un oggetto del genere. Gli serviva o veramente non sarebbe arrivato a fine giornata, soprattutto dopo le ore in piedi di operazioni che si faceva ogni giorno quasi.
-Beh, insomma..- rispose l'uomo.
-Cosa le succede?
-Vede dottore, io continuo ad essere sicuro di avere qualcosa che non va. Ho fatto tutte le visite, i controlli e le analisi che lei mi ha suggerito di fare. Tutte! Anche una nuova che dicono servi molto e le ho portate tutte oggi, per farle vedere che non sto bene.
Louis lo vide cercare nella sua borsa di tessuto che teneva sulle gambe.
Ne estrasse una cartella piena fino quasi a scoppiare.
-Signor Smith quante analisi ha fatto?- chiese Louis quasi divertito dalla situazione.
-Le ho portato anche quelle degli anni passati.
Louis rispose con un esclamazione colpita ma il signor Smith, agitato e ansioso come sempre, non lo sentì nemmeno.
Gli porse le sue analisi ed aspettò che Louis le leggesse.
Il dottore aprì il fascicolo e cominciò a visionare le varie analisi che il suo paziente aveva fatto.
Era tutto lì, sotto i suoi occhi.
Come aveva detto e ridetto al signor Smith, stava bene. Aveva bisogno solo di un periodo di riposo, senza stress e preoccupazioni che gli facevano venire le sue solite emicranie e l'abbassamento della vista era solo un sintomo dell'età che andava avanti, del tempo che passava.
Non voleva essere sgarbato. Non voleva smettere subito di leggere quelle analisi e voleva essere al cento per cento, anzi al mille per mille, sicuro che quando avrebbe detto al paziente di darsi una calmata, quella fosse la verità. Così controllò tutte le analisi prendendosi il suo tempo e, quando concluse, solo allora, con calma, disse quello che doveva dire.
Rimise tutte le analisi dentro la cartella, poi:
-Signor Smith, lei è sano come un pesce. Deve solo prendersi un bel periodo di relax, una vacanza. Bella lunga! Si riposi e non pensi ad altro.- gli sorrise cercando di confortarlo mentre sotto sotto però una vena di presa in giro c'era.
-Lei dice che sto bene?- chiese ansioso l'altro.
-Certo! Sano come un pesce le ho detto.
-Ma..
-Niente "Ma". Io sono il medico e lei il paziente e le posso garantire che lei sta bene.- disse con calma l'altro -Si deve solo rilassare.
Il signor Smith annuì e si riprese le sue cose.
-Allora la ringrazio per il suo tempo.
-Si figuri.
-Buona giornata, dottore.
-Buona giornata a lei!
E così, finalmente, Louis ebbe qualche secondo per rilassarsi.
Si era fatto quattro ore di sala operatoria, tutte e quattro chino e teso sul paziente. Il collo gli faceva male, la schiena gli faceva male e le mani erano tutte indolenzite a forza di maneggiare gli strumenti da lavoro piccoli, quasi minuscoli. E poi la tensione di un operazione ti metteva sempre k.o. una volta passata.

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