20.

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Rimasi accanto a Daniel per due giorni. Mia mamma si occupò di avvisare la scuola, e, seppur contrariata, non commentò la mia scelta di stare vicino all’angelo. Migliorò a poco a poco, ma passavo notti insonni nel tentativo di sorvegliarlo durante i suoi incubi. Gabbie sosteneva che la mia vicinanza lo aiutasse.
   La prima notte, stavo scendendo in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, avevo incrociato Miles e Luana nel corridoio. Il primo mi aveva sorriso, con gli occhi un po’ tristi, mentre la ragazza mi aveva squadrata truce da capo a piedi, contraendo le labbra in una smorfia disgustata. Assolutamente non capivo che razza di problemi avesse contro di me, ma l’avevo ignorata, così come nel giorno successivo non feci caso ai suoi sguardi di odio gelido e infuocato. Mi metteva i brividi, con quelle sue iridi chiarissime, quasi trasparenti. Sembrava avesse solo le pupille, il che era agghiacciante. Ti faceva sentire a disagio, come se potesse scavarti dentro e far venire alla luce tutti i tuoi segreti. Io volevo che i miei restassero nascosti, così evitavo il più possibile di far incrociare i nostri sguardi.
   Non potei restare di più, perché Laura mi costrinse ad andare alla festa di Halloween. Non volevo che si arrabbiasse, ma non volevo nemmeno lasciare solo Daniel. Ma quest’ultimo mi disse di non preoccuparmi, e, tra una pausa e l’altra, mi assicurò che ce l’avrebbe fatta per un giorno senza di me.
   Non avevo nulla per la serata, però Laura, sempre preparata ad ogni evenienza -specialmente alla mia sbadataggine-, aveva provveduto a prendere un costume anche per me. Una tutina aderente nera e un cerchietto con attaccate delle orecchie da gatto. Che originalità. Ma non mi lamentai, il vestito era l’ultimo dei miei pensieri.
   -Jennifer, smettila di mangiarti le unghie!- mi rimproverò Laura. –Mi dà fastidio.
   -Scusa. Sono solo nervosa.
   Laura sospirò. –So che hai litigato con Cameron, e che ti dispiace sia finita male, ma non puoi sempre star male per ogni piccola cosa. Adesso, per una volta ti rilassi, e ti godi la serata. Va bene?
   Sapevo che il suo tono voleva essere dolce, ma mi sembrò più un ordine che una consolazione o un suggerimento. Nonostante ciò, annuii, per nulla convinta del mio gesto. Laura non avrebbe mai scoperto il perché della mia agitazione. Mi sentii in colpa a pensarlo, era la mia migliore amica, ma era pur sempre una tipa razionale e con i piedi per terra. Non mi avrebbe mai creduto se avessi cominciato a raccontare della mia vera natura.
   Ricominciai a preoccuparmi. E se Daniel avesse avuto un crollo mentre ero via? E se fosse successo qualcosa? E se si fosse fatto male? Basta farsi paranoie, Young! Lui starà bene. Lo sperai con tutta me stessa.

   ***

   Avevamo fatto un buon lavoro. Beh, diciamo che gran parte era merito di Laura. Io avevo più che altro obbedito agli ordini del sergente Benson. Le decorazioni nere, viola e arancio penzolavano dal soffitto, agli angoli della palestra c’erano zucche abnormi, probabilmente reduci di una tempesta nucleare: erano troppo grosse per essere naturalmente cresciute così. Le luci erano soffuse, la musica non troppo alta –potevi parlare senza urlare ma il chiacchiericcio non la sovrastava. Ogni studente indossava un costume, persino alcuni professori si erano travestiti.            
   Io e Laura ci avvicinammo al tavolo del rinfresco, e ci versammo un po’ di quell’intruglio insapore che osano ancora chiamare punch. Stavamo tranquillamente parlando, quando una Cleopatra si avvicinò a noi, seguita da altre tre eleganti e pesantemente truccate egiziane. Nonostante la parrucca nera, la faccia di plastica di Kelly la Barbie era riconoscibile da miglia di distanza. Sbuffai, infastidita dalla sua presenza. Quella sorrise, più falsa delle tette di silicone che si ritrovava, e si sporse a prendere un bicchiere sul tavolo, mettendo in mostra il seno. Arricciai il naso, disgustata, e feci per andarmene, prendendo per un polso Laura.
   -Ehi, dove vai? Ti devo parlare- gracchiò con voce irritante Kelly.
   Alzai gli occhi al cielo. –Che cosa vuoi?
   -Ho saputo che tu e Cameron avete litigato- disse con tono di superiorità.
   Inarcai un sopracciglio, come a chiedere “E allora?”.
   Lei continuò. –Quindi non c’è nessun problema se io e lui torniamo a essere, sai, una coppia.- A quelle parole mi irrigidii, e sentii Laura stringermi la mano con forza, come a intimarmi di trattenere la rabbia.
   -Non sono affari miei quello che volete fare- sputai.
   Kelly sorrise di nuovo, un ghigno che non coinvolse gli occhi. –Sarà meglio per te- sibilò. –Andiamo ragazze!- abbaiò poi alle sue sottoposte.
   -Lasciale perdere- disse Laura sprezzante, una volta che quelle quattro galline se ne furono andate fuori dai piedi. –Kelly è solo una…
    -Ah!- mi lamentai, prendendomi la testa fra le mani. Avevo sentito come una coltellata dritta al cervello, lancinante ma momentanea.
   -Tutto bene?- chiese preoccupata Laura, prendendomi per un polso.
   -Sì, sto bene, tranquilla- la rassicurai dopo un momento. Ma lei non mi stava più ascoltando, fissava insistentemente un punto alle mie spalle, con uno sguardo perso e quel luccichio negli occhi di chi ha visto qualcosa di particolarmente gustoso. Lentamente, mi girai.
   C’era un ragazzo, messo di profilo rispetto a noi, ma anche così si poteva vedere quanto fosse attraente. Aveva i capelli neri come l’inchiostro, la pelle chiara, gli occhi sembravano molto scuri su quella pelle di luna. La giacca elegante gli fasciava perfettamente il torace e le braccia asciutte, le gambe non troppo magre erano avvolte in un paio di jeans neri. Stava parlando con un ragazza dai capelli rossi, e ad un certo punto scoppiarono a ridere. Il ragazzo aveva gli occhi socchiusi mentre sorrideva, e si volse un po’ verso di noi.
   Sbiancai all’istante. Le fitte alla testa tornarono, più forti e ripetitive. Cercai di non darlo a vedere, ma sentivo che sarei potuta collassare da un momento all’altro. Il ragazzo disse qualche altra parola alla rossa, che annuì, e poi si avvicinò a noi, con la grazia di un felino predatore che si acquatta per seguire le mosse della sua preda, in attesa del momento perfetto per attaccare e ucciderla.
   -L’hai mai visto quello?- sussurrò al mio orecchio Laura. Scossi piano la testa, gli occhi sgranati fissi sul giovane che veniva verso di noi.
   Quello, una volta giunto davanti a noi, sfoderò un sorriso abbagliante. Afferrò la mano della mia amica, e, piegandosi leggermente in avanti, la portò alle labbra, posando un bacio leggero sul dorso. A me rivolse un cenno del capo. Tutte quelle attenzioni verso Laura e nessuna a me non mi seccarono, anzi, mi fecero salire il sospetto che qualche piano malvagio stesse prendendo forma nella sua contorta e perversa mente.
   -Sono Luke- si presentò il ragazzo. –Luke Black.
   Luke Black. Che fantasia, pensai, sprezzante e sarcastica.
   -Io sono Laura- balbettò la ragazza affianco a me, -e lei è la mia amica Jennifer.
   -Oh, io e la signorina Young abbiamo già avuto modo di conoscerci, qualche tempo fa.- Impallidii ulteriormente, mentre Luke ammiccava verso di me. Scrollai impercettibilmente il capo, sperando che lui notasse il gesto e si rimangiasse tutto. Ma fece finta di non aver visto la mia agitazione, e ghignò, evidentemente divertito da quella situazione.
   -Jenny, avevi detto di non averlo mai visto!- esclamò indispettita Laura.
   -Non me lo ricordo… forse l’ho visto a una festa- incespicai, in cerca di qualche scusa.
   -Sì. Ci siamo incontrati a un ricevimento di mio zio, che era amico di suo padre.- A quelle parole fremetti di sdegno. Lui non poteva neanche nominarlo, mio padre. Non dopo quello che ci aveva fatto passare.
   -È vero. Luke e io avevamo solo scambiato qualche parola. Ora, se volete scusarmi, dovrei andare al bagno- mi liquidai.
   Non mi piaceva affatto l’idea di lasciare Laura da sola con quell’essere, ma dovevo per forza avvisare qualcuno, o chissà cosa sarebbe potuto succedere. 
Quante bugie, quanti segreti pur di tenere Laura all'oscuro della pericolosa verità che ci circondava.
Mi diressi verso il bagno, in cerca di privacy. Mi chiusi in uno dei gabinetti, accucciandomi sulla tazza, le gambe al petto, il cuore che martellava forte, quasi volesse uscirne. Mi imposi di calmarmi, e afferrai il cellulare dalla borsetta che avevo con me. Velocemente feci scorrere i numeri in rubrica, fino ad arrivare alla lettera "g". Chiamai la ragazza, picchiettando nervosamente le dita della mano libera sul ginocchio. Continuò a squillare, e quando sentii la voce metallica della segreteria telefonica, mi irritai parecchio. Richiamai Gabrielle più volte, e ogni volta la voce della segreteria sembrava farsi beffe delle mie speranze. Gettai con ferocia il telefono nella borsa. Mi afferrai la testa, premendo le dita contro le tempie fino a farmi male, passandole ogni tanto tra le ciocche di capelli scuri, scompigliandoli.
Sentii qualcuno entrare nel bagno. Il ritmo dei passi era ipnotico, mi sforzai di concentrarmi su quanto potesse essere distante da me la persona appena entrata. Dopo qualche secondo che parve eterno cominciò a ridacchiare, una serie di sghignazzi agghiaccianti, che fecero correre brividi di terrore lungo la mia spina dorsale. Deglutii rumorosamente.
-Allora, hai intenzione di uscire da lì, principessa? Sei ancora mia, lo sai?
-Vattene all'Inferno- sputai. -Non sarò mai tua, Lucifero.

Angolo autrice:Woooo il ritorno di qualcuno ha messo un po' di scompiglio... perlomeno di sicuro lo provocherà ;)
Vi dico solo che saranno guai per qualcuno, non solo per Jenny...
Never stop dreaming, dudes
-STB

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora