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Atterrammo in una radura spaziosa,molto più grande di quella vicino a Gabriel's City. Tutto intorno anoi era verde, non un singolo filo d'erba seccata dal sole. Mille sfumature tra foglie, alberi e cespugli. Era stupendo. Il pensieroche tra meno di ventiquattro ore tutta quella natura incontaminata sisarebbe sporcata di sangue era come una blasfemia, disgustoso eterribilmente ingiusto.
Uriel appoggiò l'enorme zaino che siera portato dietro a terra, e, apertolo, ne tirò fuori due tende dacampeggio ripiegate, di quelle che si auto montavano. Gabbie dal suocominciò ad estrarre svariati sacchi a pelo, sembrava che quellacartella non avesse fondo.
Ci accampammo, maschi e femmineseparati. Non ci scambiammo alcuna parola, se non per brevi e secchedirettive sul punto migliore dove montare le tende. Avremmo dovutodormire, nonostante fuori fosse tarda mattinata, visto che avevamovolato per tutta la notte. Ma non riuscivo a chiudere occhio. Sentivola stanchezza pesarmi sulle spalle come un macigno di piombo, eppurela mia mente non ne voleva proprio sapere di spegnersi. E se nonerano i pensieri proibiti di Robert allora erano orribili previsionidi quello che sarebbe a poco successo.
Uscii in punta di piedidalla tenda, Luana e Gabrielle stavano dormendo da ormai un paiod'ore. Cercai un albero che avevo visto appena atterrati, e, qualcheminuto di perlustrazione dopo, lo trovai. Era perfetto: nodoso eresistente, con delle larghe foglie di un bellissimo verde brillante,molto più alto degli altri intorno. Lentamente e con massima cautelacominciai ad arrampicarmici su, tentando di evitare di scivolare emorire prima del dovuto. Arrivata ad una buona altezza, mi sedettisul grosso ospitale ramo che avevo scelto come brandina. Guardaioltre le fronde che cercavano di toccare il cielo. L'oceano erastupendo, il paesaggio suggestivo mi faceva salire le lacrime agliocchi, desideravo avere una macchina fotografica per poter scattaremigliaia di foto di quel meraviglioso panorama, per poi mostrarle amia madre e a Matt... che era morto.
Non mi resi conto diessermi addormentata finché non sentii qualcosa picchiettarmi su unaspalla. Sbattei gli occhi, frastornata. All'inizio non capii chi oche cosa fosse stato, poi mi resi conto che quelle non erano partistrane delle foglie dell'albero, ma le iridi di Robert che mi stavanoscrutando con curiosità ed apprensione.
-Dobbiamo cominciarea prepararci. Tra qualche ora vi sarà il tramonto, e non vogliamoessere colti di sorpresa- mormorò il ragazzo di fronte a me.
Fui colta dall'istinto di sporgermi e baciarlo. Mi vergognai di mestessa, ma che andavo a pensare? Non potevo fare una cosa del generea Daniel! Anche se effettivamente io e lui non stavamo insieme, ma misarebbe sembrato di tradirlo se avessi permesso alla parteirrazionale di me di poggiare le mie labbra sulle sue, carnose eirresistibilmente invitanti.
Robert sembrò macchinare i mieistessi pensieri, ma evidentemente giunse ad una diversa conclusione,poiché d'improvviso si era fatto più vicino al mio volto.Velocemente mi ritrassi, prima di commettere quello che sarebbe statoun errore madornale, nonché una delle cose più belle che misarebbero accadute di lì a qualche ora.
-Va bene. Ancoraqualche minuto, per favore- lo pregai, sperando capisse che volevorimanere sola per un po'.
Lui annuì, mi rivolse un ultimosguardo e saltò giù dall'albero. Non controllai se stesse bene,dopo un paio di secondi le foglie scricchiolarono sotto il peso deisuoi passi, erano la mia rassicurazione. Guardai all'orizzonte.Riuscivo a scorgere le acque profonde dell'Atlantico, chissà chetipi di animali popolavano gli abissi. Specie sconosciute che siproteggevano da occhi indiscreti, nascoste in grotte inesplorate ocoralli giganti e cavi. Non avevo mai fatto un bagno nel mare, non neavevo avuto l'occasione.
Scesi rapidamente dall'albero, ecominciai a correre verso la spiaggia. Non poche furono le volte incui rischiai di storcermi una caviglia a causa delle grosse radiciche spuntavano dal terreno, ma ogni volta che cadevo mi rialzavoimmediatamente, decisa a raggiungere il mio obiettivo. La sabbia erafine e bianchissima, pareva uno scorcio di paradiso. Nonostante laforesta nell'entroterra dell'isola fosse inospitale, quella strisciachiara che contornava il verde sembrava perfetto per rilassarsi etrovare uno po' di pace. Senza aspettare un minuto di più, mispogliai impaziente, gettando i vestiti a terra; sicuramente sisarebbero riempiti di sabbia, ma non mi interessava minimamente.Rimasta in intimo, mossi piccoli passi verso le onde che lambivano lacosta. Era gelida, la pelle d'oca si irradiò dalle piante dei piedifino alle punte dei miei capelli. Proseguii, determinata a farealmeno una delle cose che avrei voluto compiere prima di morire.Ovvio, non era certo che sarei morta, ma dubitavo delle mie capacità,e con questo non erano molte le probabilità a favore della miasopravvivenza.
Appena fui circondata dall'acqua fino a sottoil seno, mi buttai in avanti, andando incontro all'oceano. Non eracome la piscina, né come il lago dove ogni tanto io e mammaandavamo. L'acqua era in qualche modo più spessa e avvolgente,terapeutica e calmante. Meno chimica della piscina, più profonda dellago, perfetta. Quando cominciai a battere i denti mi decisi che erameglio se fossi tornata a riva. Mi rivestii in fretta, gli indumentisi appiccicarono in modo fastidioso alla pelle, sperai che siasciugassero in fretta, o mi sarei ammalata – sempre se ci fossestato un domani per me.

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora