30.

263 18 1
                                    

Visto che è il 30° capitolo, ho deciso di farlo un po' più lungo. E, cavoli, 300 e passa voti e più di 5300 views. Wow. Grazie.

---

   Alcuni pensano che le scelte vadano ponderate, messe in discussione, confrontate con altre possibili decisioni prima di essere compiute. Altri, invece, sono contrari a questo metodo: agite d'impulso, seguite l'istinto. Siamo esseri che migliaia di anni fa erano animali, abbiamo ancora in noi quella scintilla selvaggia che a volte prende il sopravvento sul nostro volere. Quel rimasuglio dell'animale che eravamo è l'istinto, e bisogna interpretarlo per riuscire a fare le scelte giuste senza pensarci due volte.

Io ero d'accordo sulla seconda teoria, in quel momento. Per me era inutile stare a rimuginare, volevo agire, dovevo mettermi in gioco e fare quello che il mio istinto mi suggeriva: tornare all'Inferno e salvare mio padre. Sentivo che lui ci avrebbe aiutato, che lui aveva alcuni tasselli fondamentali per completare quel puzzle e risolvere finalmente tutti i nostri problemi. Era una cosa rischiosa, certo, e potevo anche morire, ovvio, ma percepivo in me che era la cosa giusta da fare. Forse il mio istinto era leggermente suicida, ma non stavo a preoccuparmene. Ciò che ora doveva occupare completamente i miei pensieri era il piano perfetto per compiere la mia volontà.

Robert ancora non aveva detto parola, eppure era da almeno cinque minuti che gli avevo comunicato quello che volevo. Aveva gli occhi verdi sbarrati e la bocca spalancata. A momenti gli si sarebbe slogata la mandibola e le mosche avrebbero fatto nido nella sua bocca.

-Uhm, stai bene?- Gli agitai una mano davanti alla sua faccia sconvolta, ridacchiando nervosamente.

-Come ti salta in mente di chiedermi una cosa del genere?!- urlò dopo qualche altro secondo. -Sei impazzita per caso?!

-No, sono Jennifer- risposi sarcastica. -Non sto scherzando, voglio andare là. E solo tu sai come si entra e come si esce. Ti prego!- lo scongiurai.

Robert mi rifilò un'occhiata scettica. Evidentemente stava dubitando della mia sanità mentale. In effetti doveva aver pensato che mi volessi suicidare quando mi ero precipitata in camera sua, gli ero saltata addosso con gli occhi sbarrati e gli avevo sussurrato la mia richiesta. Non era esattamente il migliore dei modi per chiedere un favore. 

-Io non ti ci porto- disse in modo categorico, ammutolendo qualsiasi mio tentativo di ribattere. Era stato secco, ma aveva lo sguardo preoccupato di chi ha a cuore la vita di qualcuno. 

Deglutii, prima di parlare lentamente. -Robert, ti prego. Io ho bisogno di andarci. So che mio padre ci potrà dare una mano, se solo lo andassi a liberare.

Tentai di convincerlo assumendo la mia migliore espressione da cucciolo smarrito, sperando che si sarebbe lasciato dissuadere dalle sue convinzioni e che mi avrebbe accompagnata all'Inferno. 

Passarono attimi interminabili, e avevo i muscoli della faccia irrigiditi dallo sforzo. 

Sbuffò, abbassando il capo e alzando le mani, in segno di resa. Il mio cuore si gonfiò di speranza. -E va bene. Ma non dirlo a nessuno. 

***

In casa non c'era nessuno, così non avrei avuto occasione di mentire. Non mi piaceva affatto dire bugie alle persone che mi stavano a cuore, e ormai consideravo le ragazze ed i ragazzi la mia famiglia. Anche se Luana faceva fatica a parlarmi senza quell'aria di arrogante sufficienza che riservava unicamente alla sottoscritta, Gabbie era sempre più silenziosa (forse perché adesso c'era Uriel a starle addosso, e se avesse aperto bocca l'avrebbe mandato a quel paese). Daniel... beh, era da molto che non parlavamo in modo pacifico. Praticamente da quando eravamo usciti dall'Inferno. Era imbarazzante, così avevamo deciso, di comune e muto accordo, di ignorarci a vicenda. Robert era l'unico "normale" con me. Riusciva ancora a ridere e a fare battute nonostante la situazione non fosse proprio adatta.

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora