32.

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   -Sicura che era lì?- mi chiese per l'ennesima volta Robert.
-Ci vedo benissimo, sai?- lo rimbeccai, alzando gli occhi al cielo dall'esasperazione. Ero certa che lui fosse lì, o almeno, lo era fino a pochi secondi prima. Non c'erano lapidi abbastanza grandi da nascondere un ragazzo, né tantomeno alberi o cespugli. Perciò l'unica spiegazione plausibile era che fosse scomparso nel nulla.
-Non te lo sei immaginato?- domandò scettico Daniel. In quel momento odiai mia madre, che mi aveva costretta a scegliere quei due come scorta per proteggermi. Erano assillanti, e si stavano comportando come se fossero superiori a quelle che loro ritenevano le inutili baggianate che la mia mente formulava.
-No- sbottai secca. –Lui era lì, si è girato quando l'ho chiamato, e poi è sparito.
-Magari è corso via.
-L'avrei visto. Non si può essere talmente veloci da fare quindici metri in mezzo secondo.
I due si guardarono, scambiandosi irritanti occhiate complici. Che nervoso.
-Torniamo a casa- ordinò dopo qualche secondo il biondo.
Costretta a seguirli, salii sulla Mercedes argentata di Luana, che ci aveva "gentilmente" prestato ("Se trovo anche solo un minuscolo graffietto vi faccio mangiare dal gatto della vicina!" E no, non scherzava affatto). Profumava di costosa pelle e di auto nuova, non c'era una macchia sulla carrozzeria né una singola cacchetta di mosca sui finestrini. Era perfettamente immacolata, e sembrava essere stata igienizzata e disinfettata in modo maniacale.
Quando Daniel posteggiò l'auto nel parcheggio sotterraneo della villa, Luana accorse in fretta e furia, non lasciandoci nemmeno il tempo di scendere, e cominciò a ispezionare ogni singolo centimetro quadrato della sua adorata e preziosa vettura. Quella ragazza era strana. Lasciandoci alle spalle i brontolii di Luana sui capelli che erano malauguratamente caduti dalle nostre "ignobili zucche vuote", entrammo in casa salendo per la piccola rapa di scale che collegava il corridoio e il seminterrato. La risata di Uriel, calda e da asmatico, ci accolse. L'angelo era in salotto, seduto con mio padre sul divano, con in mano i soliti fogli. Ormai si era stabilito anche lui qui. Mi sembrava avesse la camera più di stante da quella di Gabbie, e non c'era da stupirsi della scelta della ragazza. Le avances di Uriel non erano ben accette dalla bionda; ogni volta che lui le faceva l'occhiolino o le mandava un bacio volante seguito da vari strizzi di occhi (era come se un moscerino stesse tentando di riprodursi sulla sclera e lui cercasse di schiacciarlo chiudendo compulsivamente le palpebre), lei alzava lo sguardo verso l'alto, emettendo chiari versi di esasperazione e disagio. Forse, sotto sotto, lei ne era attratta: Uriel era un angelo con i fiocchi e controfiocchi. Alto, fisicato, con i capelli castani e gli occhi scuri capaci di emanare scintille. Se fosse stato più giovane, avrei scommesso che Laura ci avrebbe fatto ben più di un pensierino...
Laura. Quel pensiero mi fece star male. Mi mancava troppo. E non potevo fare nulla per salvarla. Ancora mi sembrava impossibile che lei fosse la figlia di Lucifero. Ancora ci pensavo, e ancora mi stupivo della mia stupidità nello sperare che sarebbe andato tutto bene, che quello era solo uno sciocco sogno, e che non esistevano né angeli né demoni né quant'altro. Ma non era la verità.
-Ciao tesoro- mi salutò mia mamma, arrivando dalla cucina per abbracciarmi. Ricambiai la stretta, annusando il suo profumo delicato e familiare. –Com'è andata?- chiese dopo aver sciolto la presa.
Alzai le spalle, ricevendo un'occhiataccia contrariata dalla donna che avevo di fronte. Sapevo bene quanto la irritasse vedermi fare spallucce. –Normale- risposi cercando di nascondere una risatina.
-Hai fatto le condoglianze a Yvonne?- Erano molto amiche, nonostante io e Cam, prima di iniziare ad uscire insieme, non ci vedevamo spesso.
-Sì... c'era persino Kelly Sileese.- Girai gli occhi nominandola.
La bocca di mamma si contrasse in una smorfia di disprezzo. –Non mi piace per nulla quella ragazza- borbottò, per poi andarsene.
Andai verso i due angeli seduti sul divano.
-Ciao- salutai.
-Ciao Jennifer- replicò mio papà. Aveva preso abbastanza bene la notizia di quello che ero. Era rimasto un po' scioccato, ma nulla di preoccupante.
-Qualche novità?- chiesi subito, speranzosa.
-Sì- rispose Uriel. –Thomas ci ha fatto vedere come decriptare totalmente il suo testamento. Sappiamo come trovare la Chiave. O, per meglio dire, sappiamo chi è la Chiave.
Il suo volto cupo e la sua voce atona mi insospettirono. Lo incitai a continuare, alzando le sopracciglia. I due si scambiarono uno sguardo rapido, uno di quelli che valgono più di mille parole.
Si girarono in sincrono verso di me, osservandomi con una particolare gravità negli occhi freddi.
-Sei tu la Chiave. Il tuo sangue lo è.

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora