8.

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Daniel è ferito.
Lucifero arrabbiato.
Cameron confuso.
Robert soddisfatto.
Sono tutti e quattro davanti a me, tutti hanno le ali spiegate (mi domando come mai Cameron abbia le ali).
Daniel bianco candido e oro lucente, Lucifero nero pece e blu notte, Cameron dall’azzurro pallido a una sfumatura più intensa, Robert grigio ferro e verde profondo. Sono tutti bellissimi.
Siamo in un’ampia sala medievale, con suggestivi arazzi e grossi stendardi di tela pesante alle pareti.

Devi scegliere.
È una voce sconosciuta, mistica, sembra arrivare dalla stanza stessa.
Quando i ragazzi sentono la voce, i loro sguardi si fanno speranzosi, senza cancellare del tutto la sfumatura precedente.
Li guardo uno ad uno: Daniel, il ragazzo perfetto; Lucifero, il Re delle Tenebre; Cameron, l’umano innocente; Robert, il bello & dannato.
Che cosa voglio?, mi chiedo. La felicità dei buoni? Essere la Regina del Male? Vivere una vita normale? O una vita spericolata e libera da ogni regola?
Non so rispondere. Certo, voglio la felicità, ma mi piacerebbe anche avere una vita pazza; dopo tutto quello che ho passato, però la normalità sembra ottima; sebbene una parte di me desidera il potere dell’Oscurità.
Mi giro, dando di spalle agli angeli. Davanti a me c’è uno stendardo raffigurante quello che probabilmente è il simbolo della famiglia del castello: uno scudo alato diviso in quattro parti sormontato da una luna argentata. Nello spazio in alto a sinistra c’è un sole, di lato la Morte incappucciata. Sotto il sole una casa di campagna, in parte ad essa due lame incrociate. Sotto lo scudo noto un drappo con una scritta: "Capere iustum consilium difficilis est". Non ho idea di che lingua si tratti, ma la mia mente traduce automaticamente le parole: "Prendere la decisone giusta è difficile". Quanto era vero.

Un picchiettio insistente mi svegliò. Cercai di ignorarlo, ma continuava ritmicamente. Alla fine, esasperata, sgusciai via dal bozzolo di lenzuola. Ormai era l’una. Mi guardai intorno, in cerca della fonte di quel rumore fastidioso. Guardai fuori dalla finestra; all’improvviso vidi qualcosa andare a sbattere contro il vetro. Sussultai. Aprii la finestra, e guardai di sotto: c’era una figura avvolta nell’oscurità, il braccio alzato pronto a scagliare un altro sassolino del vialetto contro il mio povero vetro. Intorno era tutto silenzioso, coperto dal velo muto della notte.

-Ehi!- dissi, cercando di urlare sottovoce (non chiedetemi come ci sia riuscita!). La figura alzò lo sguardo. Alla luce dei lampioncini che illuminavano i cortile sottostante intravidi un baluginio azzurro e dei ciuffi castani sotto il cappuccio della felpa. Con la mano mi fece cenno di scendere.

-Non posso- dissi scuotendo la testa. –Mia madre ha tutte le chiavi, sono bloccata. Cam socchiuse gli occhi con fare pensieroso. Notai lo zaino che aveva in spalla solo quando lo poggiò a terra e si mise a frugare dentro. Ne tirò fuori trionfante una corda. –Ce la fai ad afferrarla?- chiese.

-Penso di sì.

Sorrise, e gettò la corda verso di me. Ci vollero quattro tentativi prima che riuscissi a prenderla. Per sicurezza la legai alla gamba del letto (per fortuna che era lunga almeno una quindicina di metri). Cameron si issò, e, dopo dieci minuti passati nel terrore che cadesse a terra e si sfracellasse, varcò la finestra, le guance un po’ rosse dallo sforzo, i capelli tutti scompigliati e gli occhi luminosi.

-Come mai questa gita notturna?

-Volevo chiederti come stavi.

-All’una di notte?- Trattenni una risata. Mi piaceva quel ragazzo: sapeva sorprenderti con niente.

-Già- rispose sorridendo, sincero e divertito.

-Sto bene, grazie.- Mi innervosii quando il mio cervello ritardato realizzò che ero nella mia stanza, in pigiama (costituito da una canottiera e dei pantaloncini), con un ragazzo stupendo che avevo già baciato e per cui provavo un’attrazione strana e un affetto che non sapevo se classificare come “amore” o “amicizia”. All’improvviso la canottiera mi sembrò fin troppo leggera e semi-trasparente, i pantaloncini troppo corti mostravano troppa pelle. Rabbrividii. Mi sporsi a chiudere la finestra, allungando il braccio oltre Cam. Azzardai un passo per avvicinarmi di più ai vetri, ma, ironia della sorte, inciampai. Oh, andiamo. Sembra che il destino ce l’abbia con me. Era di almeno mezza testa più alto di me, se non di più, e andai a sbattere contro il petto muscoloso reso forte dai duri allenamenti.

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora