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Scusatemi tantissimo per l'attesa.
Perdono.

***

La cosa che più mi spaventava, era perdere tutto. Perdere la possibilità di vivere, l’occasione di essere felice, i miei pochi amici, mamma, papà, nonostante non l’avessi ancora ritrovato, Daniel. Non volevo perdere tutto, non volevo abbandonare questa esistenza, così inutile eppure così significativa. La paura era qualcosa che ti prendeva dentro, ti annodava le viscere, ti bruciava nello stomaco, un fuoco acido e incessante, che ti corrodeva dall’interno, scivolava nelle ossa e ne mangiava il midollo, scavava in ogni anfratto e si impossessava delle membra, paralizzandoti.

Durante la mia permanenza all’Inferno, ero riuscita a percepire perfettamente la paura insinuarsi lentamente in me, ma l’avevo deliberatamente ignorata, non volevo cadere vittima dei suoi tentacoli di panico, non volevo lasciarmi andare al terrore che essa mi induceva a provare.

Osservai Daniel dormire accanto a me. Il suo braccio destro mi cingeva la schiena, l’altro era appoggiato sul suo addome, che si alzava e abbassava a ritmo con il petto muscoloso ogni volta che inspirava ed espirava. Sfiorai con tocco leggero i contorni del suo viso perfetto, la mascella leggermente squadrata, la pelle color caramello chiaro, il naso dritto. Gli spostai delicatamente la ciocca bionda che, ribelle, gli era ricaduta sulla fronte. Aggrottò leggermente le sopracciglia, facendo comparire la piccola ruga preoccupata. Le palpebre si muovevano impercettibilmente: stava sognando. Chissà chi

o cosa gli frullava nel subconscio. Sorrisi, pensando che forse… ma no, dovevo smetterla di essere così egocentrica.

-Smettila di fissarmi, mi fai sentire a disagio. Okay che sono stupendo, però…

Risi piano, imbarazzata. Daniel sorrise, anche senza vedere i suoi occhi capivo che voleva essere un’espressione piena di malizia e tenerezza.

-Quando evaderemo?- chiesi sussurrando, quasi avendo paura che qualcuno potesse sentirci e impedire la nostra fuga. Forse era davvero così… no, se fosse stato tale, Daniel non sarebbe stato accanto a me, a quel punto. Lucifero l’avrebbe sicuramente ammazzato, o torturato fino alla morte. Scossi la testa, scacciando quelle immagini raccapriccianti.

-Presto. Oggi chiedo a Robert come fare a uscire di qui.

Alzai un sopracciglio. –Scusa, ma per chiedere a Robert come uscire, devi uscire. O sbaglio?- chiesi sarcastica.

-Ma io non ho mai detto che io andrò da lui. Sarà lui a venire da noi- ribatté Daniel con un sorrisetto furbo dipinto sul volto.

Alzando gli occhi al cielo, mi alzai dal letto, e andai verso l’armadio. Quando lo aprii, vi trovai un abito semplice, color crema, stretto sotto al seno e con la gonna lunga, senza spalline. Troppo chiaro, lo ignorai. Sollevai la botola segreta e presi il diario di mio padre. Come la prima volta che lo toccai, mi sentii agitata ed emozionata. Curiosa, ripresi da dove mi ero fermata a leggere il giorno prima.

Giorno indefinito:
Diario, ancora non so che giorno sia. Lucifero continua a torturarmi senza sosta, con un perenne sorriso maligno sulla faccia. Non lo riconosco più. Non eravamo amici intimi, ma era nota la sua gentilezza, prima che mettesse in testa quelle stupide idee da megalomane. Mi viene da piangere, quando sono costretto a guardarlo: vedo l’angelo che era stato, e il mostro che è ora. Provo solo pena per lui: non ha mai capito cosa vuol dire amare ed essere amati. Non accettava l’affetto che tutti gli angeli provavano per lui, non voleva amarli a sua volta. Lui voleva comandare, e, ora, ci è riuscito. Ha un mondo tutto suo, sue le regole, suoi le creature che vi abitano.
È repellente, scappare non è possibile, ho perso tutto, anche la speranza. Spero solo di non morire.

Daniel mi stava abbracciando da dietro, sentivo il suo cuore battere sulla mia schiena mentre fissavo impassibile le pagine del diario. Le parole erano sfocate, senza senso. Chiusi il libricino, e lo posai a terra. Mi alzai, sciogliendo la stretta delle sue braccia, e andai verso il tavolino. Mi sedetti, fissando il mio riflesso. Il volto emaciato, gli zigomi sporgenti, le occhiaie viola e gonfie, le orme di un sonno tormentato o totalmente inesistente. Ero troppo esile, troppo debole per vivere ancora.

Io ero la Prescelta, ma non avevo nulla per aiutare nessuno. Avrei fallito.

***

Toc-toc.

Un rumore soffocato, che fece scattare Daniel come un felino che ha avvistato la preda. Lo vidi avvicinarsi, lento, calmo a passi misurati, al muro cangiante. La parete pulsava leggermente, come se fosse colpita dall’esterno.
Toc-toc.

Bussavano. Speravo non fosse Lucifero, se avesse scoperto Daniel l’avrebbe ucciso, e non potevo perderlo ora che l’avevo trovato.

Robert attraversò il muro pallido, trovandosi faccia a faccia con Daniel.

Chiusi gli occhi, non potevo vedere l’angelo pestato a sangue, gettato negli angoli più caldi e soffocanti dell’Inferno, oppure in quelli più gelidi e bui.

Non sentivo niente. Nessun urlo, né rumori di lotta. Riaprii gli occhi, e notai che Robert stava semplicemente squadrando Daniel, con un palese disgusto in faccia, la bocca storta in una smorfia di puro ribrezzo. Spostò lo sguardo su di me, e la sua espressione si tramutò in un cipiglio confuso e deluso, come se non si aspettasse che io facessi entrare nella mia prigione l’unica persona che volevo mi salvasse.

-Immagino ci sia un motivo preciso se Prism è venuto a onorarci della sua presenza- sputò velenoso, guardandomi negli occhi.

Abbassai il capo, non riuscivo a sostenere i suoi occhi rancorosi.

- Ci devi aiutare- tagliò corto Daniel. –Jenny non può stare qui. Sta morendo. Strabuzzai gli occhi, mi alzai di scatto dalla sedia e in due passi accorciai le distanze. Emisi un verso strozzato, troppo scioccata per spiccicare parola e chiedere spiegazioni. Io non stavo morendo. Non mi sentivo così bene, vero, ma non da perire.
“Gli angeli che hanno scelto di attenersi alla propria natura sono destinati a morire lentamente”.

Le parole di mio padre mi rimbombarono in testa, assordanti. Io non ero un angelo. Io ero una mezzosangue, una Nephilim. Ma ciò cosa voleva dire? Sarei morta più velocemente, data la mia parte umana? La mia metà mortale non poteva sopravvivere all’Inferno, o sì? Oppure sarei rimasta viva più a lungo del normale, grazie al miscuglio di sangue?

Ero così confusa, insomma, dovevo vivere o morire?

Angolo autrice
Mi dispiace veramente, cercherò di essere più attiva.
Cavoli, siamo a 439 visualizzazioni. Per me sono tantissime, grazie a tutti :3
Never stop dreaming
~STB

Nephilim ~ la PresceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora