33. The Unexpected Visitor

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Liberarsi di Phineas è stato sorprendentemente facile.

Mi è bastato accampare qualche pretesto confuso, il vago accenno a cose da fare e commissioni da sbrigare, e lui si è lasciato convincere senza fare troppe domande.

Ho declinato gentilmente la sua proposta di venire con me, e lo ho rassicurato quando mi ha scoccato un'occhiata perplessa.

"Sei sicuro?" mi ha chiesto infine, con una certa delicatezza.

Non ha insistito oltre.

Un'altra cosa che ci accomuna, e che ci distingue dal resto dei nostri amici, è la capacità di capire quando è il caso di farsi gli affari propri.

Così si è limitato a stringermi in un breve abbraccio, e a raccomandarmi di chiamarlo nel caso cambiassi idea.

E la verità è che sono tentato di farlo, ora.

Ora che il campanile di St Mary The Great si avvicina e il mio umore continua a calare, sprofondando a ogni nuovo passo come se i sampietrini fossero fatti di sabbia invece che pietra.

La scelta del punto d'incontro è stata casuale, dettata dalla necessità di fornire un riferimento facilmente rintracciabile a qualcuno che non conosce bene la città.

"Non puoi perderti" ho scritto, "Basta tenere la testa per aria"

"Come fai sempre tu" è stata la replica.

Non saprei dire se fosse da intendere come uno scherzo affettuoso o un semplice rimprovero. Probabilmente, un misto tra i due.

Qualche turista sfaccendato percorre le strade, godendosi il freddo sole di questo weekend e la temperatura ancora tollerabile, nonostante la furia del vento.

Non devo cercare.

Mi vede, come sempre, prima ancora che io abbia avuto il tempo di attraversare la strada con lo sguardo.

Come se qualcosa nella composizione dell'aria cambiasse non appena io mi avvicino, un mutamento che non è percepibile da nessun altro.

Questo piccolo dettaglio, questo suo immediato e inspiegabile alzare lo sguardo, mi ha sempre intenerito: la dimostrazione fisica di un legame che trascendeva il mero mondo materiale.

Una minuscola sensazione di calore attenua, per un attimo, il macigno che mi pesa sul petto.

Mi getta le braccia al collo senza neanche pensarci, e non molla la presa, nonostante la mia risposta sia solo il timido battere di una mano sulla sua spalla.

"È bello vederti" dice, e sembra pensarlo davvero.

Per me è più complesso di così.

Ma mi sforzo di nasconderlo, e ricambio l'abbraccio.

"Anche per me, Mikey" mormoro, contro la sua spalla.

Mi allontana, le sue mani ben salde intorno alle mie spalle, e studia il mio viso come se avesse bisogno di assicurarsi che la mia faccia sia rimasta la stessa.

Il mio fratellino, a cui dovevo tenere la mano prima di attraversare la strada, e che è ora alto quasi quanto me.

Sorrido, una reazione spontanea e incontenibile al largo sorriso che gli tinge il volto, e mi scrollo di dosso le sue mani.

"Cosa cazzo hai da guardare?" lo rimprovero, divertito, sollevando appena un sopracciglio.

"Sembri felice" constata lui, con tono d'approvazione, come se fosse un mio merito, "Ti trovo bene"

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora