55. The Water Strider

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Una lama di sole mi sfiora gli occhi, strattonandomi via da un sogno già dimenticato.

È una maledetta imposizione di Churchill, questa, il dormire con le tende spalancate.

Detesta svegliarsi nel buio, ed è evidentemente insensibile alla luce che mi ferisce ora lo sguardo.

"Come fa il mio cervello a capire che dobbiamo alzarci, se tutto intorno è ancora notte?" si giustifica, quando me ne lamento.

Phineas, che nell'estate del primo anno ha condiviso con lui una camera ad Amburgo, ci scherza ancora su.

"Churchill è una di quelle persone che, al mattino, ha bisogno di controllare che il sole sia ancora al suo posto"

Come sempre, quando dice cose così profondamente vere e in un tono così scherzoso, mi chiedo se ne renda conto.

Phineas è tanto trasparente quanto illeggibile, a volte.

Si muove tra di noi come uno di quegli insetti capaci di camminare sull'acqua, così leggero da non rompere mai la tensione che ci tiene insieme.

È un talento raro, che non appartiene a nessun altro -né a me, né a Shiva, né tantomeno a Churchill- e che, forse per questo, finiamo per non apprezzare mai abbastanza.

Sposto lo sguardo sul ragazzo che dorme accanto a me, i capelli arruffati e un pugno stretto sotto il mento, e mi chiedo in quanto tempo sarò capace di distruggerlo.

Io non sono capace di camminare sull'acqua, non conosco leggerezza.

Gli sfioro il volto con le dita: la linea dolce della mascella, il ponte del naso, la sporgenza dello zigomo.

L'ombra del mio indice traccia un solco sulle sue guance, come se lo carezzassi due volte.

Il mio tocco che si rifrange contro la sua pelle come un'onda, la mia oscurità che si proietta su di lui appena mi avvicino troppo.

Un sentimento di soffocante tenerezza che mi riempie il petto, la consapevolezza di non poter amare un essere umano più di così, con questo sentimento che è forse meno dell'amore romantico ma allo stesso tempo infinitamente di più.

Si agita nel sonno, arriccia appena il naso in risposta al tocco delle mie dita, e mi allontano all'istante per non turbare il suo riposo.

Io non sono capace di camminare sull'acqua.

Ogni mio movimento è destinato a perpetuarsi in onde concentriche, come un'onda o uno tsunami.

Mi alzo in piedi, ben attento a non svegliarlo.

Prima di uscire, non riesco a trattenere l'istinto che mi impone di tornare in camera.

Solo per un istante, solo per osservarlo per un'ultima volta.

Dorme ancora.

Dorme ancora

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𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora