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Accarezzai i capelli di Maya, lisci e di un biondo scuro che ricorda il miele di castagno, come quelli di suo padre.
Da quanti anni non ne assaggio un po'?

Le api; piccoli esserini che spesso si davano per scontati, ma preziose, essenziali per la vita sul nostro pianeta.
C'è un alveare, nella serra sul retro dei condomini due e tre. Il poco miele che producono è un lusso che possono permettersi in pochi, ma la loro presenza è fondamentale per l'impollinazione.
Fuori non riuscirebbero a sopravvivere, le piccoline.

Abbiamo anche un pollaio, utile soprattutto per le uova. Il consumo di carne è limitato, e in molti si lamentano, ma quando arrivano i rifornimenti ci fanno avere anche carne bovina, suina e più raramente anche del pesce. Piccole quantità, sufficienti a soddisfare i palati più esigenti.

Personalmente, non ne sento la mancanza. Tutto quello che è successo mi ha resa più sensibile nei confronti delle altre forme di vita. Vedere il migrare degli uccelli, i gatti attraversare la strada, sentire i cani che abbaiano in lontananza... quanto mi manca!

Alcuni di noi hanno animali da compagnia: cani, gatti, conigli, tartarughe. Sono pochi. Molti degli animali sopravvissuti alla catastrofe erano sterilizzati; non è stato possibile farli riprodurre e alcuni di loro sono morti da tempo.

Avevo una gatta, Febe. Una bella micia dal pelo tigrato e argenteo. Se n'è andata un paio d'anni fa e mi manca moltissimo. Mi manca affondare le dita nel suo pelo morbido, il suo miagolio insistente quando ritardavo a darle la pappa, le sue fusa quando si accoccolava sulle mie gambe.

Molte cose, qui, sono diventate una rarità o un lusso.

Maya sbadigliò, spalancando gli occhi verdi: «È già ora di andare a scuola?»
«Sì, dormigliona!» le accarezzai la guancia.
Nonna, che dormiva su una brandina ai piedi del nostro letto, si era già alzata. Era sempre molto mattiniera. Dormiva poco, nonna Viviana. Spesso, mi accorgevo che durante la notte non era nel suo letto.
«Bevi tutto il tuo frullato, Maya. Ti darà l'energia per ascoltare bene le lezioni» la invitò nonna.

Nonna era l'unica sopravvissuta della famiglia, oltre a noi.

Avevo una zia splendida, Pandia, sorella minore di mio padre. Aveva solo dieci anni più di me e, quando ero una ragazzina, mi portava con sé in giro per locali e concerti di musica alternativa. Adoravo stare in compagnia: aveva sempre un sacco di avventure da raccontarmi e la ascoltavo sempre con molta attenzione. Devo molto a zia Pandia e, nonostante fossero passati più di otto anni, ancora mi tormentavo per non essere riuscita a salvarla, quel maledetto giorno. Avrei potuto fare qualcosa? Sarebbe potuta andare diversamente?

La scuola si trovava nel complesso centrale, che unisce i quattro condomini e che ospita gli uffici, il mercato, un bar, un ristorante, la palestra, il barbiere e l'ospedale.
Quest'ultimo, in realtà, consiste in sole due stanze: una piccola sala d'aspetto e una sala visite più ampia, dove eventualmente si può venire ricoverati. Si preferisce curare le persone a casa propria, a meno che non si tratti di qualcosa di grave.
Papà era l'unico medico del complesso 307. Oltre a lui c'erano due infermieri, Giovanni e Carola.
Nonna, da giovane, era un'ostetrica. Era andata in pensione da qualche anno, quando è arrivata la catastrofe, ma veniva ancora chiamata ad assistere ai parti. Rimaneva la persona più esperta a cui affidarsi, in caso di complicazioni, nonostante la sua età.

Da quando il complesso era stato occupato, erano nati solo venti bambini. Non erano molti, considerato che i morti, invece, erano stati ottanta su oltre diecimila abitanti.
Così come la Terra è diventata sterile, anche le donne sembravano pian piano diventarlo.
O forse, più semplicemente, nessuna donna sana di mente avrebbe voluto mettere al mondo dei figli in un mondo del genere.

Quel che resta della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora