Gli raccontai di me, delle mie paure, del mio essermi persa e del mio passato.
Mi ascoltò senza quasi mai interrompermi, come se avesse capito che avevo bisogno di far tracimare il mio fiume.«Sei stata forte, Selene. Sopravvivere in questo mondo non è facile, soprattutto se si era conosciuto quello precedente.»
«Per tanti anni mi sono sentita debole, succube di rabbia, paura e rancore. Solo adesso mi rendo conto che quei sentimenti erano normali e, se lo avessi accettato prima, forse non avrei sofferto così a lungo.»
«Forse era così che doveva andare. Dovevi seguire il tuo percorso; dovevi arrivare qui» affermò, poggiando la testa sulla mano, sorretta dal gomito.
Eravamo rimasti su quel tetto deserto, sotto la luce degli astri, ora nuovi amici.«Cos'è successo dopo che hai lasciato il tuo complesso? Visto che Oleia è con te, suppongo tu abbia ritrovato la tua famiglia. Tua sorella, però, non è qui...»
Il suo sguardo si fece triste. «Mia sorella non è più con noi.»
Mi si spezzò il cuore.«Lasciato il complesso camminai a lungo, sopravvivendo come potevo. Per fortuna riuscii a trovare un furgone funzionante e potei spostarmi con quello. In giro non vedevo che devastazione. Le strade erano quasi tutte impercorribili e non fu facile raggiungere Elizondo.»
Mi spiegò che, raggiunta la propria meta, era rimasto deluso. Il paese era deserto. Era corso a casa di Izar ma non c'era nessuno. Molti dei loro effetti personali erano ancora lì.
Aveva girato stanza per stanza, alla ricerca di un segno.
«Mi venne in mente di aprire il frigorifero. Non c'era corrente elettrica ma, analizzando la poca verdura presente, realizzai che non era lì a marcire da due anni. Quella roba era lì da massimo sei mesi. Qualcuno era stato lì e, sperai, fossero loro. Vedi, anche lì c'era stato un forte terremoto; molte case erano crollate o pericolanti. Altre avevano resistito, fra cui la loro.»
«Ti prego, continua» lo esortai, percependo come per lui dovesse essere stata una scarica d'adrenalina fare quella scoperta.«Mi cadde l'occhio su una foto di famiglia che Izar teneva all'ingresso. Ritraeva noi due da piccoli, coi nostri genitori. Loro se ne sono andati prima dell'apocalisse e, anche se allora avevamo sofferto molto, da una parte sono sollevato che non abbiano vissuto tutto questo» disse, sospirando. «Con un pennarello, qualcuno aveva cerchiato noi due e aveva scritto: "Ricordi il nostro nascondiglio?"»
Ero sempre più curiosa. Pendevo dalle sue labbra.
«Quando eravamo piccoli, nascondevamo i nostri tesori dietro una piastrella del bagno che non era ben fissata. Mi ci fiondai.»
«Trovasti qualcosa?»
Annuì, sorridendo al ricordo. «Sì. Una vecchia cartina della zona con una X su un punto preciso in montagna, a una ventina di chilometri da lì.»
«Come una mappa del tesoro!» esclamai.
«Già.»
«Immagino tu ci sia andato.»
«Certo. Partii subito.»
Mi narrò di come, a un certo punto, dovette abbandonare il furgone e proseguire a piedi, perché il sentiero si restringeva troppo e non era possibile continuare col veicolo.«Il sentiero era battuto, di certo qualcuno passava spesso di lì. Già a Elizondo avevo notato che c'era vegetazione e avevo incontrato alcuni animali. C'era vita e le cose sembravano migliorare, più salivo in altitudine. A un certo punto, in lontananza scorsi del fumo che, realizzai, usciva dal comignolo di un vecchio casolare in pietra.»
«Era la tua famiglia?» chiesi, impaziente.
«Un momento. Una cosa alla volta. Stavo avanzando spedito, quando un uomo, sbucato alle mie spalle, mi puntò un fucile.» Fece una pausa d'effetto. «Alzai le mani in segno di resa e mi abbassai la mascherina, mostrando il mio volto. "Mi chiamo Eric Arteaga, sto cercando Izar e Malik Jalal. Sono il fratello di Izar."»
Spiegò che l'uomo, senza abbassare il fucile, gli fece cenno di proseguire fino alla radura dove sembrava sorgere un piccolo villaggio.
Il casolare era antico ma ben tenuto e, nel suo cortile si avvicendavano una decina di persone. C'era chi dava da mangiare alle galline, chi coltivava l'orto e chi stendeva il bucato.
«Era una scena surreale. Lo immagini? Dopo due anni rinchiuso in un complesso, pensando che fuori fosse tutto morto, mi ritrovai di fronte a quell'immagine quasi bucolica.» Rise.
Provai a immaginare la scena, per me da film.
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Quel che resta della Luna
Science FictionAnno 2052. In seguito a un susseguirsi di catastrofi, la Terra è diventata un posto arido e inospitale. Parte dell'umanità, però, è sopravvissuta e vive all'interno di quelli che vengono chiamati "complessi": un insieme di palazzi sopraelevati e qua...