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Ci voltammo tutti verso la fonte della voce. Non potevo crederci: era quella di Morgan Del Vecchio!

«Non alzate il ponte» corse verso la guardia, spostandogli il braccio e attirando gli sguardi irati della sua famiglia e quelli incuriositi del resto dei presenti. «Mi scuso per non averlo fatto prima, ma sono stato testimone di qualcosa che può cambiare le cose.»

La sua famiglia lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Il padre gli si avvicinò, insieme agli altri dirigenti e, avvicinandosi al suo orecchio, riuscii a leggergli sulle labbra un: «Che diavolo stai facendo?»
Morgan rimase impassibile e ribadì che voleva deporre.

I dirigenti non sapevano cosa fare, erano visibilmente confusi, non si erano mai trovati in una situazione del genere e di certo non potevano compiere gesti avventati davanti a metà del complesso, o quasi.

Si consultarono e, nel frattempo, Kevin era corso dall'altra parte del ponte, trascinando con sé il fratello. Frank si guardava attorno sbigottito; non capiva cosa stesse succedendo. Aveva notato del trambusto e aveva visto Morgan avvicinarsi alla guardia, ma non aveva idea di cosa stesse accadendo.

«Va bene. Il signor Morgan Del Vecchio non ci aveva detto di avere un'importante testimonianza da fare. Lo avessimo saputo prima», rimarcò Tobia Rossi con enfasi, «lo avremmo sentito durante il processo. Ora non c'è tempo di tornare dentro e ripetere l'iter, quindi alzi bene la voce e dica ciò che ha da dire così che almeno le prime file riescano a sentirla.»
Lia fissava il fratello con aria terrorizzata e minacciosa al tempo stesso; la madre la teneva a braccetto, la bocca socchiusa in una smorfia d'angoscia.

Elio, poco lontano dal figlio, lo osservava con aria di rimprovero.

«La sera in cui il condannato è stato arrestato, anche io mi trovavo fuori durante il coprifuoco. Non ero in casa; per questo non ho incontrato Frank D'Angelo e non ho assistito o udito la presunta aggressione.»
«Dove si trovava?» chiese Rossi, quasi in soggezione a fare domande che non erano state concordate in precedenza coi suoi collaboratori.

«In giro per il complesso» ammise.
«Era in compagnia? C'è qualcuno che può confermarlo?»
Alzò lo sguardo su di me per un attimo, poi rispose: «No, ero da solo.»
Rimasi meravigliata. Perché non aveva detto che c'ero anche io? Avrebbe potuto alleggerire la sua posizione.
«Non vedo come questo potrebbe cambiare le sorti del verdetto» affermò Rossi, quasi ridacchiando.

«Aspetti, mi faccia continuare. Sono rientrato poco dopo le due. Ero all'ultimo piano dell'edificio centrale e aspettavo l'ascensore, quando ho notato le porte dell'altro aprirsi. Mi sono nascosto e ho visto le due guardie che trascinavano D'Angelo, scaraventandolo a terra e picchiandolo ogni volta che lui provava a divincolarsi. Mi sono chiesto cosa stesse succedendo, ma ho preferito non mettermi in ulteriore pericolo e tornare a casa.»
"Allora lo avevi visto, bugiardo!" pensai.

«Quando sono arrivato al venticinquesimo, a casa mia, sono rimasto sorpreso nel non incontrare le guardie nell'androne. Ammetto che, quando mi avevano visto uscire qualche ora prima, li avevo corrotti per non dire a nessuno che stavo uscendo.»
Le guardie di turno quella notte, si defilarono fra la folla, timorosi di eventuali ripercussioni su di loro da parte dei loro superiori.

«Rientrato a casa, mi stavo dirigendo verso la mia camera da letto, quando ho sentito dei gemiti provenire dalla stanza di mia sorella, Lia. Mi sono avvicinato e l'ho vista mentre si procurava dei graffi sulle braccia e sulle gambe, fino a farsi sanguinare.»
Dalla folla si sollevò un grido di stupore.
Lia cominciò a scuotere la testa, mentre la madre la teneva stretta nel suo abbraccio.
«No, no, no, no, no, no...» ripeteva sottovoce.

«Prosegua» lo invitò Rossi.

«Le ho chiesto cosa stesse facendo. Ero preoccupato, pensavo stesse male ma, quando ha alzato lo sguardo su di me ho visto che non stava piangendo. Mi ha detto: "Così la mia versione sarà più credibile; crederanno a me e quel perdente avrà ciò che si merita." Poi mi ha raccontato la versione che tutti conoscete. Lì per lì ho voluto crederle, è pur sempre mia sorella ma, appunto per questo, la conosco e so di cosa è capace quando viene rifiutata. Non è cattiva... Lia,» si rivolse a lei, che lo guardava con disprezzo e paura, «ti voglio bene, ma non posso lasciare che un innocente rischi la vita per questo.»
«Stai rovinando tutto!» sibilò lei fra i denti.

Quel che resta della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora