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"Ma che sei pazzo?" Andrea mi ha appena svegliato di soprassalto catapultandosi nel mio letto. "Mi hai fatto prendere un infarto, pensavo fosse una scossa di terremoto." Lui si mette a sedere al mio fianco e alza un dito per poi dire: "Uno: quello pazzo non sono io ma tu che non esci di casa da ben due giorni e che ti svegli alle dieci e mezza la mattina." Mi porto le coperte a coprirmi fin sopra la testa e obbietto: "In realtà sei tu che mi hai svegliato alle dieci e mezza." Scommetto che sta alzando il secondo dito. "Due: non penso sia possibile causarti un infarto dato che sei senza cuore." Okay, questo è un colpo basso. Esco dalle coperte ancora più in disordine di prima, se ciò è possibile. "Io un cuore ce l'ho."

"Potrai anche averlo ma è ghiacciato e finalmente quell'involucro di ghiaccio, che hai lì intorno e che è spesso tanto quanto una di queste pareti, si stava sciogliendo. Allora tu sai che hai fatto? Te ne sei tornata in congelatore."

"Questa conversazione è ridicola."

"Tu sei ridicola." Il tono serio che ha usato mi quasi spaventa. Sembra più preoccupato lui per me di quanto non lo sia io. "Sono due giorni che non esci, ti rendi conto?" Sospiro, un po' per mantenere la calma, un po' per l'affanno dovuto alla tentata fuga da tutte quelle domande che ancora mi frullano in testa. "Sto benissimo." Lui scuote la testa. "Non dirlo, non mentire a te stessa solo perché pensi che questo possa farti stare meglio. Le bugie sono come i sogni, se non peggio, quando queste cadono ti ritrovi nel mondo reale. Nel buio e tetro mondo reale."
"Forse, se non avessi sognato, adesso non sentirei il bisogno di mentire a me stessa." Mi circonda le spalle con un braccio. "E' colpa mia se hai sognato, è colpa mia se hai scongelato il tuo cuore. Ma non posso dirmi di esserne pentito, ti serviva vivere veramente." Mi volto verso di lui per guardarlo meglio. "No, ciò che mi serviva era aspettare il risultato del mio esame senza farmi troppi problemi. Di sicuro non mi serviva incasinarmi la vita, la mente, il cuore." Mi bacchetta con un dito e storce un angolo della bocca. "So che stai cercando di cambiare argomento spostando l'attenzione sul tuo esame, ma questo non ti salverà. So già quanto hai preso." Sta mentendo, non lo sa davvero. Sta per cedere sotto il mio sguardo inquisitorio. "Va bene, non lo so. Ma non è questo il punto." Si infila anche lui sotto le mie coperte bianche e continua: "Il punto è che la vita non è fatta soltanto di voti universitari, successi lavorativi e carriera. La vita è fatta di cose concrete, come amicizia, amore, sentimenti."
"Da quand'è che sei diventato così saggio?"

"Non scherzare, Ginevra. Io sto cercando di fare un discorso serio."

"Non ho più voglia di serietà nella mia vita?"

"Bene, allora mi auguro tu sappia cos'è che scaccia la serietà." Lo guardo perché no, non so a cosa si riferisce. Presumo che qualsiasi altra cosa riesca a scacciare via la serietà. "L'amore." Risponde secco. Io scocciata mi giro dall'altra parte e cerco di riprendere sonno. Lui dopo un po' mi abbraccia e mi dice: "Non mi chiedi come mai non sono a lavoro?" Scuoto la testa, senza rispondergli. "Io te lo dico lo stesso. Prima al locale è passato Manuel Locatelli." Penso se girarmi oppure no. Mi prendo qualche secondo per pensarci, ma decido di non farlo. Non mi interessa se qualche amico di Barella è passato al locale. "Cercava te." Nemmeno se cercava me. "Mi ha detto di dirti che se ne hai voglia, puoi ancora andare alla festa a casa di Barella."
"Non ci andrò."

"Dovresti."

"Sei tu che parlavi tanto di destino. Ecco, il destino mi ha rinfacciato che Barella ha una famiglia. Quindi no, non ci andrò a quella stupida festa."

"Va bene. Non insisterò, ma almeno usciamo un pochino. Così liberi la mente e torni finalmente ad essere la mia Ginevra, la mia migliore amica non questa copia depressa." Mi costringe quindi ad alzarmi dal letto. Mi sceglie un outfit, e mentre io mi cambio lui va a prepararmi la colazione.
"Come siamo belle!" Si rivolge a me come se fossi una bambina. Odio quando si comporta da padre premuroso. "Allora, dove andiamo? Se proprio vuoi farmi uscire, almeno dimmi dove siamo diretti."
"Ti dico solo che ti conviene portare un costume da bagno." Io sorrido. "Stiamo andando in piscina, vero?" Lui annuisce. Sa come farmi felice e poi voglio approfittarne dato che ancora non ho fatto il primo bagno quest'anno. "Corro a prenderne uno." Così mi metto a preparare la borsa e quando ritorno in cucina da Andrea noto che con lui ci sono tutti gli altri: le mie coinquiline e Josh, anche loro pronti per la piscina. "Pensavo ti avrebbe fatto bene." Corro ad abbracciarli tutti quanti una cosa insolita, molto insolita.

Still you want me~ Nicolò BarellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora