CAPITOLO 28

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Sono distesa nel letto a fissare il soffitto, Amras non è ancora tornato in camera. Gli avvenimenti di oggi continuano ad assillarmi la testa. Pensieri su pensieri mi ronzano nel cervello, non riesco a concentrarmi su uno per analizzarlo ed elaborarlo. Scosto le coperte e scendo dal letto. Apro la finestra ed esco sul terrazzo, il freddo del terreno a contatto con i miei piedi nudi mi provoca dei brividi di freddo ma avanzo fino al cornicione e mi ci siedo sopra, tirando le gambe vicino al petto. Osservo le stelle e mi perdo nella loro immensità. Magari Aredhel è lassù che mi guarda. Spero solo sia in un posto migliore di questo. Perché bisogna soffrire?

"Cosa ci fai qui fuori?" mi giro verso la porta dove Amras mi fissa con sguardo interrogativo.

"Non riuscivo a dormire, troppe cose per la testa"

"Capisco" dice venendomi incontro e sedendosi davanti a me.

"Sei riuscito a parlare con Falathar?"

"Si, abbiamo risolto" che sollievo. Ara e Fal sono come me ed Aredhel, o meglio; come eravamo. Le litigate tra migliori amici sono davvero brutte. L'ultima volta che noi abbiamo litigato...scuoto la testa per scacciare il pensiero. Se ci penso sono sicura che spunteranno le lacrime, e i miei occhi ne hanno avuto abbastanza per oggi.

"Sono contenta" rispondo con la voce roca.

"Nim, stai bene? So che la domanda è stupida, ma non so come aiutarti" nei suoi occhi vedo preoccupazione vera. Quando è morta mamma questo sguardo lo aveva solo Aredhel. Perché qualunque cosa mi ricorda lei?

"Non lo so, qualunque cosa mi riporta a lei"

"Lo so" mi dice tirandomi vicino a lui e abbracciandomi. Mi accoccolo tra le sue braccia. Le sue mani mi accarezzano i capelli e la schiena. Il suo tocco è rassicurante, mi sento bene. È la prima volta in tutta la giornata in cui provo un po' di sollievo.

"Andiamo dentro, prima che tu prenda freddo" sussurra alzandosi e accompagnandomi dentro. Mentre mi distendo lui si toglie gli stivali e la giacca, per poi stendersi vicino a me. Mi abbraccia e io nascondo la testa nell'incavo del suo collo.

"Ora dormi Nim" mormora dandomi un bacio tra i capelli. Chiudo gli occhi, una lacrima scende e io mi perdo tra le braccia di Morfeo, o meglio, di Amras.




"È passata una settimana, e ancora non sappiamo nulla di quello che succede ad Idrial" esclamo esasperata mentre muovo l'alfiere. Sto giocando a scacchi con Amras, mentre Falathar, disteso sul divano, contempla il nulla. 

"I confini sono sbarrati, e tuo padre non ha mandato altre lettere. Scacco matto"" risponde Amras sconfiggendomi miseramente. 

"Quest'attesa è estenuante" dichiara Falathar alzandosi e iniziando ad andare su e giù per la stanza. La scorsa settimana ci siano scusati a vicenda. Eravamo entrambi scossi e preda delle emozioni. Provare rancore era inutile, fare pace la cosa migliore.

"Concordo" dichiaro sistemando i pezzi al loro posto.

"Vuoi fare un altra partita?" mi domanda mio marito.

"Per perdere nuovamente?" con molta pratica, un po' con Amras ed un po' con Falathar, sto migliorando. Ma sono lontana dalla vittoria.

"Perdendo si impara" facile dire così, lui non perde mai. 

"Nim, se tu non vuoi giocare, prendo io il tuo posto" mi propone Fal.

"Perfetto!" esclamo alzandomi e lasciandogli il posto. Mi accomodo sul divano e mi perdo nei miei pensieri. Torno a quelle sere in cui Aredhel era ancora qui, quando giocavamo tutti insieme a giochi stupidissimi ma che ci divertivano tanto. La sua risata era contagiosa, non mi sorprende che Falathar si sia invaghito così velocemente di lei. Era una persona solare e gentile, per tanto tempo è stata il mio unico supporto, la mia unica amica. Ed ora non c'è più. Mio padre me l'ha portata via. 

A GAME JUST FOR A QUEENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora