CAPITOLO 19

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Entro in una stanza piccola, i muri sono marroncini e le decorazioni essenziali. Alla mia sinistra c'è un divanetto, mentre davanti a me un grande letto, con mio padre seduto sul bordo che mi guarda. Indossa gli stessi vestiti di ieri tranne per la giacca, che è appoggiata affianco a lui.

"Mi chiedevo quando saresti venuta a scusarti" dice con sguardo impassibile. Sto pensando a come rispondere, voglio mantenere la calma ma dimostrandomi forte e sicura di me. Con calma di dirigo verso il divano, sedendomi lo avrò proprio davanti agli occhi ma a distanza di sicurezza.

"Non sono qui per scusarmi, ma per parlare" affermo con voce ferma e sicura. 

"Non ti scuserai?"

"Si chiede scusa quando si commette un errore, io non ne ho commessi"

"Far imprigionare tuo padre non è uno sbaglio?" 

"Non se il padre in questione siete voi"

"Come osi?" ma perché si arriva sempre a questa domanda?

"Padre, questa conversazione non andrà come sperate. Quindi, perché non cerchiamo entrambi di comportarci come si conviene?"

"Io mi comporto sempre come si conviene"

"No! Non è vero, non con me!" il no lo urlo presa dalla frustrazione, poi abbasso il tono e concludo la frase. 

"Come scusa?" spero sia una domanda ironica. 

"Mi avete sempre trattato come un oggetto, mai come vostra figlia. Non ho ricevuto un briciolo di affetto da parte vostra"

"Non ne meritavi"

"Perché sono donna?" 

"Anche"

"Cosa vi hanno fatto le donne per considerarle così inferiori?" il sessismo fa proprio schifo. Considerare inferiore qualcuno a prescindere è insensato.

"Tua madre non è stata in grado di darmi l'erede che desideravo e tu sei stata inutile fin quando non ti sei sposata"

"La mamma non si meritava il trattamento che le avete riservato, e io sono stata inutile perché voi mi avete reso tale"

"Non accetto critiche da una ragazzina"

"Non sono più una ragazzina" urlo alzandomi. Lui però di reazione fa lo stesso. Prendo un lungo respiro e torno a sedermi.

"Questo lo dimostra" dice indicandomi e riappoggiando le chiappe sul letto.

"Questo non dimostra nulla"

"Se lo dici tu" non so come ribattere. Ho così tante risposte nella mia testa, ma tutte portano a dei discorsi che ora come ora, non sono importanti. 

"L'avete mai amata?"

"L'amore non esiste, è una favola inventata per tenere buone le bambine"

"Non è vero, esiste. Ne sono certa"

"Tu cosa ne sai dell'amore?"

"Ne so più di voi! Ho ricevuto molto amore in questi anni. Dalla mamma, quando mi pettinava i capelli, quando mi raccontava le favole e quando giocava con me. In tutti i suoi sorrisi, in tutte le sue carezze c'era amore. Ho ricevuto amore da Dairon, da Aredhel, che proprio ieri mi ha dimostrato tutto il suo affetto frapponendosi fra la vostra mano ed il mio viso e da Amras, che mi ha trattata con più affetto in questo mese di quanto voi abbiate mai fatto in 19 anni. Questa lista è breve, sono poche persone. Ma sono persone importanti e tra queste manca solo un individuo: voi! Non sapete quanto ho desiderato ricevere un minimo d'amore da voi. Me ne sarebbe bastato poco. Invece avete continuato a deludermi. Giorno dopo giorno, senza mai smentirvi" urlo tutto questo, senza pause. Le lacrime si presentano e non faccio nulla per fermarle perché queste non sono lacrime di debolezza, ma di forza. Perché ho subito tanti torti, tante sofferenze ma sono ancora qui a raccontarlo, più forte che mai. 

A GAME JUST FOR A QUEENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora