ero un libro aperto

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Lexa
Dopo essere uscite dal palazzo andammo a fare un giro al lago, scoprii che anche lei ci andava da piccola e che come me amasse come quel posto riuscisse a calmarla e a farla sentire protetta.
Riuscii a dire qualcosa su quel posto, ricordi e sensazioni, ma stando molto sul vago. Era già qualcosa.
Piano piano nella serata Alie scavalcò il muro che mi ero costruita per isolarmi e parlammo naturalmente, la voce usciva liscia come l'olio e io sfruttai quel momento per buttare fuori tutto il veleno che avevo dentro da mesi.
Parlai un sacco. A fine serata avevo la bocca secca e mal di gola, ma ero contenta di essermi tolta quel peso.
Arrivò circa mezzanotte, lei mi salutò perché l'indomani si sarebbe svegliata presto come al solito e aveva bisogno di risposare, dopo averla salutata rimasi al lago. Era troppo presto per tornare a casa, ma troppo tardi per chiedere a qualcuno di fare un giro. Mi sentivo stranamente sociale quella sera. Nonostante questo, mi stesi per terra vicino alla riva del lago, mi tolsi le scarpe e lasciai che l'acqua bagnasse i miei piedi mentre i miei occhi verdi riflettevano il cielo stellato. Ho sempre amato le stelle. Sin da piccola sognavo di poterle toccare, di sera controllavo sempre se c'erano tutte le costellazioni e quando non riuscivo a prendere sonno mi mettevo a contarle. Una volta sono arrivata a 1439 mila stelle, poi ho perso il conto e sono andata a dormire. Mi ricordo quando le guardavamo insieme le stelle, mi raccontavi ogni cosa, le cose che mi dicevi le sapevo già, ma vederti concentrata a spiegarmi gli astri mi faceva ridere, perciò non ti ho mai detto niente.
Ripensai alle parole di Alie, 'se ti manca scriviglielo, digli che l'hai perdonata e fai il primo passo, ci sarò io a prenderti in ogni caso'.
Feci un respiro profondo
"Voi che ne dite le scrivo?" chiesi alle stelle
"Sapete, lei mi manca, tanto, ma quello che ha fatto..."
"Non guardatemi così, lo so che dovrei fare il primo passo, ma potrebbe farlo anche lei"
"Io ho ragione, non è che se vi coalizzate tutte insieme allora ho torto"
"Secondo voi le scrivo?"
"Dite chiamata eh... e cosa le dico sentiamo"
"Se le dico la verità finisco per fare la scena della sottona e finisco a fare il mignottone pazzo per il resto dell'estate"
"E se mi chiede perché l'ho chiamata?"
"E va bene ma non urlate ora ci penso"
Parlare alle stelle è la cosa che più mi libera. Potrei sembrare pazza, ma è stupendo. Me l'ha insegnato mia nonna, mi disse che se avevo qualche segreto o avevo bisogno di chiarirmi le idee loro mi avrebbero ascoltato e aiutato, le risposte me le do da sola, ma mi piace pensare che siano loro.
Chiusi gli occhi e mi concentrai sul rumore del lago, il canto dei grilli, l'aria fresca che entrava ed usciva dai miei polmoni e l'acqua che mi bagnava i piedi.
Presi il telefono e senza pensarci due volte alzai la cornetta

Clarke
Quella sera la famiglia Jaha aveva dato una festa al maneggio, dove noi eravamo ovviamente invitati. Era più o meno mezzanotte, con altri ragazzi stavamo giocando ad un gioco di cui non mi ricordo il nome, ma dove ti facevano delle domande sulla storia e cultura generale quando sbagliavi dovevi bere uno shottino di qualche super alcolico.
Wells non era il tipo da festa, infatti fu l'unico a rimanere quasi sobrio, nonostante fosse un tipo da vino rosso bevve qualche birra, inutile dire che reggeva meglio di me l'alcol, io ero già partita da un po'.
Mentre i 'grandi' erano nella sala ristoro del maneggio a parlare o a giocare a Monopoli, noi eravamo accampati con le tende e l'occorrente per un falò in un campo lì vicino.
Dopo il mio turno mi allontanai da gruppo per raggiungere Wells, era seduto in disparte con un libro in mano, mi fece tenerezza
"Ehy" dissi senza preoccuparmi del tono della mia voce e barcollando
"Ehy ci sei andata pesante oggi" affermò squadrandomi
"L'alcol fa dimenticare" dissi, sedendomi goffamente vicino a lui
"E chi vuoi dimenticare? Lexa?"
"Shhhhhh, non rovinarmi la serata"
"Se pensi che evitarla fino alla fine dei 5 anni al college sia il modo per risolvere tutto allora mi spiace distruggerti i sogni ma non è così"
"Perché devi sempre trovare il lato filosofico in tutto? È una bella serata d'estate, c'è l'alcol è da divertirsi, quindi divertiti"
"Mi sento un po' come alle feste delle medie di un cugino che ti sta antipatico"
Feci una smorfia e appoggiai la mia testa sulla sua spalla
"Mi sa che tra poco o vado in coma etilico o vomito anche l'anima" ammisi facendo un piccolo rutto.
In quel momento il mio cellulare iniziò a vibrare nella tasca dei miei pantaloni, non ero abbastanza sobria per vedere cosa ci fosse scritto quindi diedi il telefono a Wells e gli dissi di rispondere per me mentre io andavo a stendermi nella mia tenda.

Lexa
Dopo una serie infinita di squilli finalmente qualcuno rispose, quel qualcuno però non eri te
"Pronto?"
"Pronto cercavo Clarke"
"Scusa ma chi è?"
"Sono Lexa"
La voce dall'altra parte era di un ragazzo, di sottofondo sentivo urla e schiamazzi, dedussi che potevi essere a una festa e qualcuno di avesse preso il telefono.
Dopo qualche minuto di silenzio senti la voce del ragazzo di nuovo
"Eccomi scusa, li c'era troppo baccano, comunque sono Wells il migliore amico di Clarke, ora è andata in tenda a stendersi un attimo sennò va in coma etilico da quanto ha bevuto"
"Ah.." quando mi vengono fuori le palle succede sempre qualcosa. Destino perché ce l'hai con me?
"Posso parlare io a nome suo però, so tutto"
"Ah.." non mi sentivo del tutto a mio agio, volevo buttare giù e lanciare il telefono in mezzo al lago
"Sai Clarke mi ha parlato molto di te"
"In negativo immagino"
"Ultimamente un po', ma dopo una rottura è normale"
"Una pausa" lo corressi
"Una pausa che va avanti da 5 mesi?"
"Un po' alla One Direction"
Sentii che dall'altra parte Wells rideva, mi piaceva la sua risata, mi sembrava un ragazzo tranquillo
"Come sta lei?" chiesi un po' timidamente
"Ci sono stati giorni migliori, se non fosse che la tiro a forza fuori dalla sua camera, probabilmente si isolerebbe lì a disegnare.. te come te la passi?"
"Dopo 3 settimane la mia psicologa mi ha convinto a chiamarla, per il resto più o meno come lei, solo che io piango" ammisi senza nessuna vergogna, non so cosa fosse, ma sapevo che il ragazzo dietro la cornetta non mi avrebbe giudicato
"Ti va di raccontarmi cos'è successo, ho il punto di vista di Clarke ma non il tuo"
Iniziai a raccontare tutto dall'inizio, il primo incontro in camera di Lincoln, la serata insieme, il nostro primo bacio, i nostri sguardi, le chiamate quando eravamo in vacanza, la biblioteca, tutto, ero un libro aperto.

Foreste nell'oceanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora