Il diavolo in bianco

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Clarke
Stavi dormendo. Eri bellissima mentre dormivi, la luce della luna si appoggiava sulla tua pelle e quasi sembravi un angelo, quasi perché con tutti i pensieri impuri che ti passano per la testa Gesù e la gang sacrosanta di rivolterebbero.
Sfruttai questo momento di calma per farti un ritratto come mi avevi chiesto qualche ora fa in modo scherzoso. Decisi di farlo col carboncino, non feci una cosa troppo elaborata dato che volevo che fosse già pronto appena ti svegliavi e dato che te avevi il sonno leggero, decisi di fare con questo metodo abbastanza veloce.
Dopo una quindicina di minuti buona finii il mio ritratto, ero contenta perché nonostante fosse molto semplice era venuto davvero bene.

Come avevo previsto ti svegliasti poco dopo, eri così carina con i capelli tutti arruffati e le labbra ancora rosse e un po' gonfie per tutti i baci che ci eravamo scambiate

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Come avevo previsto ti svegliasti poco dopo, eri così carina con i capelli tutti arruffati e le labbra ancora rosse e un po' gonfie per tutti i baci che ci eravamo scambiate.
"Che ore sono?"
"Penso sia l'una, direi ora giusta per andare a cena" risposi, stavo morendo di fame, non avevamo neanche mangiato e se prima mi bastavi te per essere sazia, ora il mio stomaco reclamava la sua parte.
"Si ho fame anche io" risposi te battendoti una mano sulla pancia
"Comunque questo è il ritratto che mi avevi chiesto" dissi mentre ti davo il disegno
"Clarke, ora non voglio interrompere il tuo percorso creativo ma... non ho la faccia così sproporzionata" dissi ridendo mentre io facevo finta di mettere il broncio
"Dai sembro Squiddy qui, mi manca solo il naso a melanzana" continuasti te ridendo contagiandomi.
"Allora ridammelo che te lo rifaccio" dissi buttandomi sopra di te per prenderti il disegno
"Sei adorabile quando fai la finta offesa" mi sussurrasti all'orecchio iniziando a mordermi il lobo. Sapevi che quello era il mio lato più sensibile e se cercavi di provocarmi ci stavi riuscendo, data l'umidità che si stava creando nei miei slip.
Ti lasciai un bacio poco casto sulle labbra prima di mettermi a sedere, dovevo parlarti della cosa del tutor e ora mi sembrava il momento adatto.
"Lexa dobbiamo parlare di una cosa" dissi mettendomi seduta
"Mi vuoi lasciare?"
"Ma no scema" esclamai dandoti una manata in faccia
"Sai che per entrare al corso ho dovuto fare dei test su delle materie"
"Si" la tua voce era seria e ora mi stavi guardando
"Ecco, sono passata in tutte tranne che in matematica"
"Vabbè ti faccio io ripetizioni" dissi con tono innocente
"Ecco di questi volevo parlati.. il professore Strandler mi ha dato una lista con i nomi di eventuali persone che potevano farmi da tutor e te eri tra questi.. solo che ho scelto Bellamy"
"Non credo di aver capito, perché hai scelto lui e non me? Guarda che sono brava" il tuo tono non era arrabbiato era più.. incredulo
"Non lo metto in dubbio, ma sai che se me le facessi te le ripetizioni la matematica sarebbe l'ultima cosa a cui penseremmo.. Bellamy mi aiuterà a capirla e finalmente supererò quel maledetto test.." almeno lo speravo, questa era la scusa che continuavo a ripetermi da 3 giorni ma che comunque non mi aveva ancora convinto appieno
"E perché mi dici questo?" il tuo tono era nervoso, l'argomento Bellamy non ti andava proprio giù
"Perché so che tra di voi, o almeno dalla tua parte, non scorre buon sangue con lui, quindi volevo dirtelo io"
Non risposi subito, ti buttai sul letto a pancia all'insù e iniziasti a fare respiri profondi guardando il soffitto
"Sei arrabbiata?" sinceramente non ne vedevo il motivo, ma viste le circostanze
"Se solo quel coso prova a toccarti, a baciarti o anche solo a guardarti il culo o le tette gli tirò un destro che si ritrova senza denti"
Feci una piccola pausa
"Comunque no, non sono arrabbiata, ma ora ho bisogno di respirare e sfogarmi, qui dentro non si respira" dissi secca alzandoti per uscire dalla biblioteca.
Non mi opposi, non ti fermai. Sapevo che in quei momenti bisognava sbollire e ragionare un po' prima di dare risposte.

Lexa
Bellamy. Lei e Bellamy in una stanza da soli. Bellamy, quello sgorbio insignificante che non faceva neppure matematica ora diventava il suo tutor.
Sarà che sono gelosa di Clarke come fosse il mio ossigeno, sarà che lo odio, ma la situazione non mi andava giù.
Non ero arrabbiata con Clarke, in effetti anche se quella del 'la matematica sarebbe l'ultima cosa a cui penseremmo' era una scusa era anche la pura verità, ma il fatto che tra tutti fosse Bellamy a farle ripetizioni proprio no.
Uscita dalla biblioteca e poi dai portoni della scuola mi misi le cuffiette e iniziai a camminare per le viuzze di Boston, la macchina la si poteva prendere solo il weekend o quando si partiva o tornava dalle vacanze e anche se non avevo voglia di camminare, la musica di Avinci, Post Malone, i Maroon 5 e Justin Bieber mi invogliò un po'. Era musica depressa, adattata a quella sera fredda e buia, se sera si può chiamare data l'ora. La playlist partì da sola e io iniziai, passo dopo passo, ad andare da qualche parte che non conoscevo neanche io. Di solito io ascolto musica afro-americana, reagge o comunque cose pimpanti e rimtmate e ascoltando quella playlist mi sentivo una bambina delle medie depressa perché il fidanzato l'aveva scaricata.
Che schifo le relazioni. Ti fanno sempre soffrire inutilmente. Giuro che io vivrei di scopamici se solo non avessi incontrato Clarke.. Clarke, Clarke, Clarke. La mia biondina preferita. Clarky. Odiavo quel soprannome, un po' come la gente che mi chiama 'Lexy', anche se lo faceva solo Costia.. Costia, Costia, Costia. La bionda più irritante che abbia mai conosciuto. Con il suo faccino innocuo, i suoi capelli dorati e i suoi occhioni blu che non erano neanche la metà di quelli di Clarke.
Fu il borbottio del mio stomaco ad avvisarmi che stavo divagando, così decisi si entrare in un bar a caso e prendermi un toast. L'unico bar aperto che conoscevo era un pub nella 13esima, un postaccio frequentato solo da ubriaconi o persone che cercano del sesso. Lì conosco praticamente tutti, prima del college mi sono presa una camera d'hotel a inizio estate qui a Boston, e dopo la rottura con Costia che ancora mi tormentava, venivo qui.
Arrivata, come sempre ad accogliermi la classica scritta led "DaEnzo&Vincenzo" che nome stupido. Non ci vuole una laurea per capire che era un posto gestito da due Italiani. Entrai e mi sedetti nel lurido balcone una volta superata la massa di persone sudate e ubriache.
"Ehy Ale da quanto tempo" disse William con un sorriso stampato sulla faccia
"Ehy Willy" risposi battendogli il pugno come ci era solito fare
William lo conosco da quando mi sono trasferita qui, ha la mia stessa età e lavora qui per potersi pagare gli studi, dato che come me vive con i nonni.
Io e lui abbiamo un sacco di cose in comune, oltre al fatto che entrambi siamo gay entrambi viviamo con i nonni, entrambi in quel periodo eravamo stati scaricati ed entrambi avevamo bisogno di una spalla su cui piangere.
Io di spalle su cui piangere ne avevo sei (Anya, Lincoln e Luna) ma sapete quando si ha bisogno di una persona che non ti conosce e proprio per questo non ti giudica? Ecco di cosa avevo bisogno.
Una cosa che mi era mancata era lui che mi chiamava Ale, di diminutivi ne avevo un sacco: Ally per i miei nonni, Lexa per tutti praticamente, Lex qualche volta e Ale solo per Willy. Ormai nessuno mi chiamava Alexandra, tranne beh... Costia quando non mi chiamava Lexy. È per questo che odio così tanto quando la gente pronuncia il mio nome, anche se non lo fa con cattiveria, ma mi irrita lo stesso.
Mi mangia una manciata di arachidi per chiudere il buco sullo stomaco e nonostante gli alcolici in quel bar fossero permessi dai 23 anni in su, Willy mi fece in vodka-lemon, che era la prima cosa che mi era venuta in mente. Ci misimo a parlare del più e del meno, progetti futuri e cose così, senza toccare l'argomento relazioni, mentre lui si beveva il suo mojito e io il mio vodka-lemon.
"Alla fine come va con quella cosa dei polsi?" mi chiede timido, quasi avesse avuto paura della risposta. Lui è davvero un bel ragazzo. Ha gli occhi grigi, ma davvero grigi grigi, ha dei lineamenti da sogno, i capelli castani rossicci, la pelle molto chiara e piena di lentiggini. Alto, snello, corpo da sogno, se entrambi non fossimo gay probabilmente passerei le notti a pensare a lui.
"Sta migliorando" risposi senza guardarlo negli occhi
Lui mi regalò uno dei suoi sorrisi stupendi prima di allontanarsi un attimo per prendere delle ordinazioni
"Un Malibù, bel giovanotto"
"Parlando del diavolo spuntano le corna" bisbigliai a bassa voce, non avevo bisogno di vedere chi avevo di fianco, mi era bastato sentire la sua r moscia e l'ari a di colonia di rose per capire che di fianco a me avevo il diavolo in bianco.

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