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The Black Rose Game

Ritorno a casa, soddisfatta del piano che ho attuato.

A dirla tutta, non ho progettato nulla, però, suppongo, che Harry sia nel nostro appartamento.

Lo spero, più che altro.

Ho davvero bisogno di sapere cosa sta accadendo.

E quella voce che ho sentito ieri sera.

Faceva venire i brividi. Come può Harry essere amico di uno o una che non parla nemmeno con la sua vera voce?

Presumo si trovi in un bel guaio. O è dentro in qualcosa di losco.

Qualunque cosa sia, è necessario risolvere il problema.

Non solo per la sua incolumità, ma anche per la mia e per i cittadini di Londra.

Giungo presso la porta d'ingresso del condominio e, dopo aver setacciato la borsa alla ricerca di quel maledetto mazzo di chiavi, la apro.

Rapidamente, salgo le scale, non volendo perdere tempo.

L'ansia, mischiata alla rabbia, mi sta mangiando viva, come ieri, se non peggio.

Corro verso il mio appartamento e spalanco la porta, catapultandomi in sala per verificare che Harry sia qui.

Un sospiro di sollievo lascia le mie labbra quando lo vedo seduto sul divano a guardarsi la tv.

«Menomale» commento, girandomi indietro per serrare la porta.

«Devo parlarti» dico seria, ritornando in sala.

Indossa lo stesso abbigliamento di ieri, ha i capelli scompigliati e sembra essere rilassato.

Già. Sembra.

Perché appena menziono il fatto di dover parlare con lui, noto che si irrigidisce all'istante.

«Di cosa?»

«Di ieri sera» immediatamente, alle mie parole, prende con foga il telecomando e spegne la televisione, buttando, poi, l'oggetto, sul divano, e alzandosi.

«Cosa sai, di preciso?» si avvicina a me, allarmato, gli occhi leggermente sgranati.

«Hai origliato?»

«Certo che no!» replico velocemente, la voce più acuta del solito.

Si para davanti a me, in tutta la sua altezza -e che altezza!-.

Devo alzare il viso all'insù per poterlo guardare negli occhi.

«Allora come fai a sapere di ieri sera, uh?» mi accusa, adesso accigliato.

Arriccio il naso e corrugo la fronte, confusa.

Pensavo fosse preoccupato.

Fino a qualche secondo fa, lo era.

«Ero sveglia, ok? Non riuscivo a dormire» mi giustifico, incrociando le braccia al petto.

«E tu invece? Che hai da dire in tua difesa?» lo attacco, pretendendo una risposta.

«Non sono affari tuoi» esclama e cerca di scappare, ma gli afferro il braccio.

«Sì che lo sono» dico di rimando, dura.

«Cosa hai sentito?» mi chiede con apparente calma, spostando la mia mano dal suo braccio.

Per quanto cerchi di nascondere il nervosismo, la sua impazienza è troppo evidente nella sua voce.
E io non sono così stupida da non cogliere certi dettagli.
«Tutto».

The Black Rose game || H.S [IN SOSPESO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora