In via di guarigione

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Era passato qualche mese.

Mesi difficili.

Lo stress post traumatico di Tom ed Angel li aveva costretti a prendersi un periodo di inattività dalle rispettive professioni. Angel era stata costretta dal Berau a vedere uno psicologo, nonostante ripetesse che stava bene. Piuttosto, costrinse Tom ad andare a delle sedute. E lui stava migliorando. Fortunatamente si stava riprendendo in fretta, fisicamente parlando. Era passato quasi un anno, ormai, dalla sua liberazione. Il corpo di Tom era tornato alla perfezione originale, anche se ora c'erano delle cicatrici bianche, per ricordare ad entrambi che cosa era successo. Psicologicamente, si stava riprendendo a piccoli passi: un trauma come quello non si supera certo in un paio di giorni. Faceva meno incubi, e l'espressione assente che lo aveva caratterizzato nel periodo di reclusione con Angel stava lentamente sparendo.

Tom si stava riprendendo.

Angel, invece, combatteva ancora.

Letteralmente.

In questo momento si trovava sulla sedicesima, in una palestra che aveva frequentato con Derek pochi anni prima.
Una palestra molto piccola, adibita in particolare al boxing.

Ed Angel aveva bisogno di prendere a pugni qualcosa.

Non sapeva da quanto tempo stesse tirando pugni al sacco da boxe. Le mani le facevano male, probabilmente sanguinavano, ma a lei non importava. Il sacco da boxe non era solo un sacco: aveva preso la sua forma. Angel colpiva con rabbia, odio, disgusto. Odiava che lei fosse sopravvissuta all' esplosione, perché era uscita dalla finestra opposta a quella di Angel, la quale credeva fosse una delle caldaie. Era, invece, una via di fuga.

Stupida. Si diceva. Davvero ho creduto che non avesse un piano B? Che una sadica ossessivo compulsiva non avrebbe avuto un piano di riserva in caso le cose fossero andate male?

Questo era il mantra che rimbombava nella testa di Angel da mesi.

Invece quella donna era sopravvissuta. E ora, dovevano affrontare il processo.
Il dannato processo.
Che sarebbe durato almeno sei mesi tra una procedura burocratica e l'altra.

Maledetti burocrati. C'è davvero bisogno di un processo?

Il sacco intanto perdeva sabbia.

Lo ha ingannato, minacciato, torturato, rinchiuso e quasi ucciso. E nonostante questo vogliono un processo? Vogliono mandare in galera un mostro, certo, ma perché non mandarla e basta per il resto della sua vita? Perché aspettare così tanto? Perché devo ricordare e parlare ancora e ancora di questo? Perché-

Il fluire dei suoi rabbiosi pensieri fu interrotto dal sacco da boxe di bassa qualità che cadde a terra, aperto in due.

"Hey!" disse Frank, il proprietario della palestra, suo vecchio amico.

"Quello mi serviva ancora!"  urlò dall'ufficio, leggermente sopraelevato rispetto alla palestra.

"Scusa, Frank" si scusò Angel, guardando le sue mani. Solo in quel momento si rese conto di quanto avesse martoriato le sue nocche. Sanguinavano. E nemmeno poco. Bruciavano. Angel percepì solo in quel momento il dolore e la fatica. Si dovette appoggiare al muro per non cadere.

"Hey ragazza" la chiamò Frank, che si stava avvicinando a lei.

"Non vorrei essere chi ti stavi immaginando al posto del sacco" disse pensieroso, guardando sconfortato il sacco.

Angel alzò un sopracciglio dubbioso

"Lavoro qui da più di trent'anni, ragazza. Riconosco queste cose. E quando un pugile inizia a non controllare più la guardia né la forza dei pugni, ha qualcosa in mente. Ti ho lasciato fare, ti conosco troppo bene. E poi, non volevo prendermi un destro."

Il pericolo d'amareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora