Riuniti

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Angel stava sistemando le valigie.

Aveva passato una notte orribile, sostanzialmente rispondendo alle chiamate di tutta la squadra.
Disse loro che era seguita da uno stalker e che sarebbe dovuta andare in un posto isolato per un lungo periodo.
Angel aveva sentito piangere García; aveva sentito Derek urlarle contro chiedendole perché non aveva detto loro tutto; aveva sentito JJ sospirare preoccupata, seguita da Emily.
Reid sapeva cosa significava vivere un'esperienza come quella. La sua ragazza, Maeve, era stata seguita da uno stalker per molto tempo. Quando tutto sembrava finito e i due poterono incontrarsi, lo stalker la uccise.
David e Hotch erano rimasti in silenzio, invece.
Angel sospettò che Hotch avesse parlato con David della faccenda, il che non la sorprese. Rossi e Hotch erano colleghi e amici da molto tempo, se lo aspettava.

Le spezzò il cuore sentire la sua squadra chiederle spiegazioni e morire ad ogni parola, ma era necessario.
Voleva proteggerli e se questo era l'unico modo per farlo, l'avrebbe fatto.

Era primo pomeriggio quando uscì dalla doccia. L'ultima in quella casa, la stessa casa che aveva diviso con Tom per un anno. Quella casa era piena di ricordi: le cene con Tom, il primo bacio, i film visti insieme, alcuni dei suoi vestiti nell'armadio... Angel, poco tempo dopo che Tom se n'era andato, aveva cercato di liberarsi dei suoi vestiti e vari oggetti che le aveva portato dai suoi viaggi, ma non ce la fece. I vestiti profumavano ancora della sua colonia e gli oggetti erano ormai diventati parte integrante del suo cuore.

Il momento di nostalgia venne interrotto dallo trillo del campanello.
Strano, gli agenti sarebbero dovuti arrivare solo entro qualche ora, dopo il tramonto.

Si avviò verso la porta, mano sulla fondina (ormai aveva fatto l'abitudine).
Il campanello trillò di nuovo.
Angel guardò dallo spionciono.
Quasi svenne.

Tom's pov

Lei aprì la porta.
Se non l'avessi avuta davanti, avrei pensato di essere in un sogno.
Dio, quanto era bella.
Nonostante le occhiaie, i capelli spettinati e la tuta, era la visione più bella degli ultimi mesi.
Il suo sguardo passò dall'incredulo, alla gioia, alla rabbia più incontrollata.
Vidi la sua espressione passare di fase in fase, ma non mi aveva ancora sbattuto la porta in faccia, il che era un bene.

"Tu?" disse, con un tono spaventosamente secco.
"Che cosa fai tu qui dopo quattro mesi?"

La sua voce, nonostante il tono, mi era mancata. Ricordai le sere che passavamo insieme, abbracciati. Io che le accarezzavo il capo e lei che cantava dolcemente le nostre canzoni preferite.

"Angel..." fu tutto quello che riuscii a dire prima di scoppiare in lacrime.
Lei sembrò sorpresa della mia reazione. Mi squadrò da capo a piedi.
Ero dolorante e senza fiato, mi ero appoggiato al lato della porta. Mi tenevo un fianco con la mano libera, cercando di alleviare il dolore.

Il suo volto cambiò drasticamente, così come il tono della sua voce.

"Sei ferito?" domandò, spalancando i grandi occhi azzurri. Era diventata improvvisamente apprensiva. Allungò la mano verso di me e andò verso la mia, che teneva il fianco. Quando mi toccò, chiusi gli occhi. Era il primo tocco dolce e gentile dopo mesi. Mi beai di quel contatto per quanto durò. Poi lei mi interpellò di nuovo.

"Tom" mi chiamò. Aprii gli occhi e la guardai. Mi misi a singhiozzare. Solo Dio sapeva quanto mi era mancata.

Prese la mia mano e la condusse fino a che il braccio si appoggiò completamente sulle sue spalle, così da sostenermi. Poi strinse la mia mano.
Mi cinse la vita con l'altro arto e, lentamente, mi condusse all'interno.
Mi fece sedere sul divano e alzò la maglia. Una profonda ferita si era riaperta. Le bende ormai erano zuppe.

Il pericolo d'amareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora