MAGGIE’S POV
Non riesco a capire cosa sia successo.
In quel momento, al locale, mi sentivo come se stessi vivendo un sogno, o più precisamente un incubo.
Nella mia mente, quelle scene continuano a scorrere senza pausa, mentre io continuo a non capire, sopraffatta dal dolore e dalla confusione. Ho la vista completamente annebbiata dalle lacrime, mentre la mia testa è in completo black-out, non riesco a pensare ad altro.
Senza che me ne accorgessi, Remy mi ha portata fino a casa, e ora sono seduta sul divano e tremo, non so se di freddo, di paura o di dolore.
O forse di tutte e tre le cose messe insieme.
Non so dove sia ora Remy, non so cosa devo fare o cosa devo pensare.
Non ho la forza per combattere ora.
Sento come lentamente scivolo su un fianco, fino a che la mia testa non trova un cuscino su cui appoggiarsi.
Mai mi ero trovata in questa situazione.
Sento che all’improvviso mi alzo per dirigermi forse verso la porta d’ingresso.
Non l’ho deciso io, è come se il mio corpo avesse preso vita, e ora si muovesse senza attendere i miei ordini.
Non so se sia il dolore che sento, la confusione o chissà cos’altro, so solo che quasi mi sembra di non essere più in me stessa, letteralmente.
Non ho più la percezione del mio corpo, nè di quello che mi sta intorno.“Cazzo Maggie, un secondo prima eri sul divano e un secondo dopo non c’eri più, mi fai prendere un colpo così”
Eccolo, mancava solo lui a rimproverarmi.
"Scusa" gli rispondo istintivamente senza nemmeno girarmi, senza pensare molto a quello che ho effettivamente risposto.
Non ho per niente voglia ne forze per l
litigare, men che meno con lui.
“Non importa, torna dentro, è meglio andare a dormire. Domani parleremo con calma” dice lui leggermente irritato, mentre io lo seguo in silenzio, senza ribattere.Mi sveglio senza trovare nessuno al mio fianco, e forse è davvero meglio così.
Dopo essermi svegliata per bene, decido di uscire sulla terrazza che da direttamente sul mare, dove scordo un biglietto di Remy.
“Buongiorno tesoro, sono uscito a comprare delle brioches per fare colazione, torno subito. Ti amo”
Mi viene spontaneo sorridere amaramente, nemmeno io so per quale ragione.
La prima cosa che mi viene in mente è di uscire a fare una corsa, o anche semplicemente una passeggiata per schiarire le idee, ma solo il pensare in che modo si potrebbe arrabbiare Remy mi convince a posticipare questo appuntamento con me stessa, perciò decido di sedermi ed aspettare pazientemente l’arrivo delle brioches.“Eccoti finalmente” esulto non appena vedo Remy comparire da dietro l’angolo
“Sono felice che mi aspettavi così volentieri” mi sorride lui mentre appoggia il cibo sul tavolo già apparecchiato.
“Io aspettavo solo la mia brioche” confesso sinceramente, con una vocina innocente e una smorfia in volto a mascherare il tutto, mentre afferro il mio pacchetto e corro via ridendo.
Non sono proprio dell’umore giusto per scherzare, ma penso sia l’unico modo che ho per non litigare con lui.Sono passate un paio d’ore e Remy è uscito per un set fotografico.
Mi ha chiesto di accompagnarlo per scattare qualche foto, prima che stasera torni a Madrid, ma ho deciso che prima voglio cogliere quest’occasione per rimanere un po’ da sola.
Dopo ieri sera ne ho davvero bisogno.
E poi, dopotutto non mi andava per niente di andare con lui.
Sento che qualcosa nel rapporto con Remy si è rotto irreparabilmente, non si merita di essere trattato così.
So che ormai non c’è più modo per riparare le cose, ma sono stata una stupida a pensare che quello che c’era tra noi potesse tornare quello di una volta.
La verità è che il mio cuore non è mai stato suo, e mai lo sarà.NAJWA’S POV
La vibrazione di un telefono mi riscuote dai pensieri.
Mi alzo dal divano per cercarlo, quando mi rendo conto che il mio lo tengo nella tasca posteriore dei miei jeans.
Deduco automaticamente che sia quello di Alba, che ora è in cucina a cercare non so cosa, a suonare.
Come previsto, noto la sua cover azzurra sul tavolo, e la vibrazione proviene proprio da lì.
“ALBAA” urlo dal salotto.
“Ti suona il telefono, vieni a prenderlo” continuo dopo aver sentito un suo “mhh” in risposta.
“Non posso hermana, ho combinato un casino con il gelato per il pranzo” mi urla lei di rimando.
“Pff, e che faccio, te lo porto?” le chiedo ancora.
“No, rispondi te. Ma se è un numero sconosciuto lascia stare. E anche se è Bea, non rispondere, non la voglio sentire”
Sbuffo, alzandomi in fretta prima che la persona chiuda la chiamata, e notando che il nome è salvato in rubrica, dato che non appare il numero di telefono, rispondo immediatamente.
Appena schiaccio sul pulsante verde, dei singhiozzi stremati arrivano al mio orecchio.
“Pronto. Chi è?” chiedo sottovoce.
“Alba, Alba sono io, ho bisogno di te, non posso. Ho ricordato tutto. Credo di avere un attacco di panico.”
In un attimo, non so se sono arrivata in paradiso o nell’inferno.
Sentire la sua voce, mi rende la persona più felice sulla faccia della terra.
Sentirla in queste condizioni, la peggiore.
So che la causa sono io, ma non so a cosa si riferisce quando ha detto che “ha ricordato tutto”.
Vorrei tanto trovare la forza per parlarle, per sussurrarle attraverso uno stupido telefono quanto la amo e quando mi senta in colpa per essere la responsabile di tutto.
Sarei anche disposta a incassare tutti gli insulti che sicuramente mi urlerebbe contro pur di farle sapere che al di là di quel telefono che tiene tra le mani tremanti ci sono io.
E per un momento, per la prima volta nella mia vita, quasi come se fossi sotto incantesimo, seguire ciò che dice il mio cuore diventa più importante che seguire ciò che mi dice la ragione.
So che se le dicessi che sono io, mi chiuderebbe la chiamata in faccia, perciò decido di sfruttare a mio vantaggio il fatto che ancora non mi abbia riconosciuta, almeno finchè dura.
“Ei calmati. Che cosa hai ricordato?” le chiedo cercando di essere il più imparziale possibile, considerando che devo recitare la parte di Alba.
E’ vero che sono un’attrice, ma la cosa mi risulta alquanto difficile dal momento in cui non sono in grado di sapere come si comportano loro solitamente.
Il silenzio dall’altra parte però mi fa preoccupare notevolmente, soprattutto dato che continuo a sentire in sottofondo suoi singhiozzi insistenti.
“Sei tu…”
Lo dice con uno strano tono, ferito e leggermente stremato, con una venatura di rabbia in sottofondo.
“Alba sa cosa avrei dovuto ricordare” mi spiega, placando la mia curiosita, per la quale avevo paura di domandare.
“Io-” balbetto cercando qualcosa da dire in modo da non farla scappare, ma lei mi precede.
“Lo sai cosa avrei dovuto ricordare?” sussurra lei con un tono decisamente ferito e rabbioso.
“Quello che è successo il quel puto ristorante, con te. Ho ricordato quello che lo svenimento mi ha portato via. Quello che hai causato tu. Perchè è tutta colpa tua.”
Mi sussurra dall’altra parte del telefono.
Odio il fatto che la sua voce sia leggermente udibile.
Avrei preferito mille volte che si fosse messa a urlare, ad insultarmi.
Così, percepisco solo il dolore che le ho provocato e la sua stanchezza.
Una volta, sentii dire da qualcuno che conoscevo che quando una persona si incazza è perchè anche una minima parte ci tiene ancora a te.
E quanto diventa impassibile nei tuoi confronti, che devi iniziare a preoccuparti.
Ed è così che si sta comportante lei.
A meno che, invece, deve essere decisamente troppo stanca di soffrire, ma mi rifiuto di credere che non tenga più a me.
“Mi sono ricordata di come mi hai urlato in faccia che non te ne frega un cazzo di me, e per quanto non lo vorrei, mi hai fatto terribilmente male per la seconda volta” continua lei con il sussurro minaccioso, che sembra essere diventato il suo unico modo per comunicare.
Sento le guance bagnate dalle lacrime di dolore che hanno iniziato a scendere dai miei occhi.
Mi sento terribilmente impotente, non so cosa fare.
Da una parte vorrei terribilmente dirle la verità, scusarmi per tutto e dirle che la amo.
Ma la mia testa prevale come sempre, e mi autoconvince che peggiorerei solo le cose.
Poi, una lampadina mi si accende in testa.
Ancora non so dove si trova, e mi maledico per non averlo chiesto prima.
Sto per parlare, quando il bip che segnala la fine della chiamata riempie le mie orecchie.
Con gli occhi spalancati, porto il cellulare davanti agli occhi e constato che si, la donna bionda aveva bruscamente chiuso la chiamata.
Instintivamente, porto il telefono al petto, all’altezza del cuore, e mentre le lacrime continuano ad uscire incessanti e prepotenti, mi accascio sul divano, dove lascio uscire tutto il dolore.
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RINASCITA
Fanfiction"È nella solitudine, scevra da ogni sorta di condizionamento, che ognuno di noi può ritrovarsi e conoscere appieno se stesso." e questo Maggie lo sa bene. o meglio, sentirà la necessità di scoprirlo.