Capitolo 22
Lexie si fissò allo specchio. Le sue mani scendevano lungo la linea del suo corpo. Le sue dita sfiorarono quella parte dove una volta c’erano delle cicatrici. Le cicatrici che segnavano il suo passato in una maniera inconfondibile. Ma ormai si era lasciata tutto alle spalle.
Il vestito bianco risaltava in una maniera spettacolare sulla sua pelle scura. Era un abito lungo fino ai piedi, morbido, leggero, che frusciava quando lei camminava. Un filo di perle e cristalli le delineava il seno.
“E’ perfetto” Jennifer sussurrò alle sue spalle. Teneva Callie in braccio, mentre Alex dormiva. Erano in quella boutique da ore. E poi quando stavano per rinunciare, Lexie aveva trovato l’abito che stava indossando. Le stava dannatamente bene, ma soprattutto le piaceva. Jennifer lo poteva vedere nei suoi occhi, che brillavano come gemme.
“E’ perfetto” ripeté Lexie. Jennifer sorrise, in parte contenta, in parte sollevata.
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“Glielo devi dire” Johanna lo fissava con i suoi lucenti occhi verdi. Zayn scosse la testa.
“Non ti volterà le spalle se glielo dirai, ne sono certa” Johanna lo fissava serio come faceva quando aveva otto anni.
“Mi ha chiesto molte volte della mia “origine”, ma ho sempre preferito non parlarne. L’unico bel ricordo della mia infanzia è quando mi avete accolto tu ed Edward” gli occhi del ragazzo iniziarono a coprirsi da un velo di lacrime.
“Diglielo, è meglio, Zayn. Nascondendogli la realtà non migliorerai le cose. Sicuramente le peggiorerai. Vai, muoviti” gli dette una pacca affettuosa sulla spalla che lui ricambiò con un piccolo bacio sulla guancia, come faceva da bambino. Appena fu fuori dall’edificio si smaterializzò a casa.
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Lexie e Zayn si smaterializzarono in quella casa quasi in contemporanea.
“Ho trovato l’abito” gridò lei, saltandogli addosso. Zayn riuscì a malapena a sorridergli, ma la strinse comunque tra le sue braccia. Inspirò profondamente un paio di volte e poi si face serio.
“Ti devo dire una cosa importante” anche il sorriso di Lexie si spense e il suo sguardo diventò scuro. Annuì come per dare la parola al fidanzato.
“Io sono un Nato Babbano. Dall’età di due anni ho vissuto sulla strada, sul marciapiede, a fare l’elemosina per mangiare le briciole degli altri. Ho vissuto n questa condizione per tre anni circa. Eravamo io e mia sorella più grande di cinque anni. Lei era una babbana. Un giorno lei fu investita da un’auto. Morì tra le mie braccia, tra le mie piccole e magra braccia. Era stata la mia maggiore fonte di sostentamento in quegli anni. Vissi di niente per una settimana, fino a che una coppia di maghi mi prese con loro. Erano belli, potenti e ricchi, ma lo sono tutt’ora, e avevano quella bellissima bambina dalla pelle chiara e dagli occhi verdi. Io a cinque anni pesavo quasi quanto lei che ne aveva uno, o poco più. Mi accolsero come un figlio a casa loro. Mi insegnarono a leggere e a scrivere, mi prepararono al meglio per vivere nel Mondo Magico, senza pregiudizi. Io ero in casa la sera che ci fu il rapimento della bimba. Avevo sentito dei rumori, ma credetti che fossero solamente i domestici che iniziavano a preparare la colazione. Da quel giorno in poi la madre divenne sempre più riservata, non passava tempo con me, usciva la sera a mezzanotte e tornava la mattina alle quattro esausta. Una volta la sentii discutere col marito che era in disaccordo con le per le decisioni che aveva preso. A undici anni fui mandato a Hogwarts, Corvonero, e di lì scoprii la vera origine della mia “famiglia adottiva”. I Lestrange erano Mangiamorte. E le uscite che Johanna faceva la sera era per partecipare alle riunione della nuova setta di Mangiamorte, capitanati da una coppia, marito e moglie, lei Nata Babbana e lui Puro Sangue. La moglie dopo poco tempo sparì e il marito è tutt’ora a capo della setta. Quando uscii da Hogwarts mi discostai dal Mondo Magico, così pieno di problemi, diventando il protetto di un famoso albergatore londinese. Quando lui morì, io divenni il proprietario di metà delle sue attività, insieme alla figlia, Julie, che è stata la mia ragazza per un periodo, ma questo non c’entra niente. Feci pace con Johanna quando Emma e James Potter soggiornarono in un mio hotel. La riconobbi subito, stessi capelli neri, stessi occhi brillanti, era identica a Johanna. E poi ho conosciuto te” Lexie lo guardava seria attenta.
“Ma manca la mia storia legata strettamente alla tua. Poco tempo dopo aver incontrato Emma, venni a conoscenza di una profezia strettamente legata alla tua. Questa, che molto probabilmente conosci, prevede la morte. La morte mia e di James, per mano del Signore Oscuro, per far modo che tuo figlio, ma anche mio o di James, possa riportare la pace nel Mondo Magico” gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
“Morirà il padre di mio figlio?” chiese tremante.
“La mia vita e quella di James sono nelle mani di Christian” Lexie baciò Zayn stringendolo a sé come se dovesse scomparire.
“Ti amo” sussurrò tra i baci.
“Anche io. E se dovessi morire, ricordati che io ti ho amato sopra ogni cosa, sopra tutte le altre. Tu sei la mia migliore amica” Lexie lo abbracciò. La verità, il loro destino le era stata buttata in viso, le era stata rovesciata addosso come una secchiata d’acqua gelata. Ora doveva scegliere tra gli amori della sua vita.
“Tu non morirai, amore mio” e per un momento fu sicura che lui non sarebbe morto.
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Christian entrò a piccoli passi nel grande castello scuro. Il sole illuminava a malapena le stanze fredde e disabitate. L’umidità pesava sulle sue spalle di diciassettenne e lo faceva tremare. Si strinse ancora di più nel suo mantello verde scuro che aveva preso in prestito dal padre. “Padre” cioè Edward. Sapeva che lui non era il suo vero padre e Johanna non era la sua vera madre. Ma l’avevano cresciuto tenendolo al sicuro, per quel poco tempo in cui è stato con loro. Salì le pesanti scale che conducevano alla sala principale. Al suo ingresso i bisbigli cessarono e tutti si voltarono a guardarlo.
“Salve Principe” un voce gutturale, meccanica arrivò dal fondo del salone. Una voce artefatta, confusa, come se il proprietario volesse confondere la persona con cui parlava. L’uomo aveva un pesante mantello scuro, col cappuccio celato sul viso. Christian inclinò la testa in segno di saluto.
“Salve” balbettò. La sua sicurezza, la sua tenacia, la sua forza si erano improvvisamente liquefatti. L’uomo fece un gesto con le mani e tutti si misero a sedere.
“Lo sa, vero, Mio Signore, perché è qui?” Christian annuì lentamente.
“Abbiamo aspettato per oltre vent’anni un giusto erede per Voldemort e tu ragazzo mio, hai tutte le qualità necessarie. Il sangue di Voldemort di scorre vivo nelle vene” un piccolo bagliore di intravide sotto il cappuccio. L’uomo stava sorridendo.
“Ha qualche richiesta milord?” L’uomo si era messo alle sue spalle.
“Voglio vedere il suo vero volto”
“Certamente, ma prima voglio che sappia una cosa; non appena saprò chi sono, sappia che uscirà di qui con un compito ben preciso. Dovrà uccidere due donne” Christian non aveva paura di uccidere.
“Va bene, ma voglio una bacchetta” L’uomo si tolse il cappuccio, pur rimanendo alle spalle del ragazzo.
“Va bene, provvederemo. Le donne che dovrà uccidere sono Johanna Lestrange e Alexandra Thomas” Christian si raggelò. Non aveva è paura di uccidere, ma le altre persone. Ora doveva mettere fine alla vita delle donne più importanti della sua vita.
L’uomo di mise davanti ai suoi occhi e lui ebbe un fremito. Dean Thomas gli stava sorridendo.
|Finalmente ieri, dopo settimane che fissavo il foglio bianco mi è arrivata l'ispirazione e ho scritto tutto il capitolo!
Spero vi piacca
I_really_love_me
vi lascio un piccolo spolier del prossimo capitolo:
"James aiutami sono tutta bagnata!" Emma scosse il marito.
"Cosa?" domandò lui con la voce impastata dal sonno.
"James, la bambina sta nascendo!"
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This our life
FanficJames aveva (quasi) diciassette anni. E diciassette lividi, tra addome e braccia e gambe. Il Quiddich a volte era doloroso. Ma il Quiddich era la sua vita. Lui era il cercatore dei Grifondoro. Come suo nonno James e suo padre Harry. Suo padre. Lo am...