21. Hana

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— Attenzione —
Nel capitolo sono presenti diverse scene di violenza non esplicita che potrebbero tuttavia urtare la sensibilità di certi lettori. Ne verrà dunque segnalato inizio e fine attraverso l'uso di un asterisco (*). Buona lettura.




"Lei, ecco... doveva istruirmi alla vita che avrei vissuto lì, in quell'ambiente. Sono sempre stata una ragazza molto docile e obbediente, il che mi ha sempre risparmiato molte delle punizioni che le altre subivano periodicamente. Questo grazie ad Hana."

Lui mi guardava semplicemente in silenzio dandomi a capire di volermi ascoltare.

Il suo ricordo riportò contemporaneamente a galla tanta dolcezza e tanta rabbia in me.


"Sei tu la piccola star appena arrivata, eh?"

Ci trovavamo nella cosiddetta Stanza Nera, quella del padrone. Avevo appena 9 anni quando conobbi una delle persone più importanti della mia vita.

La sua melodica voce era gentile e dolce.
Il suo sorriso, poi, sarebbe stato uno dei ricordi migliori che avrei avuto di lei.

"Io sono Hana" si piegò sulle ginocchia in modo tale da avvicinarsi di poco a me, guardandomi sorridente negli occhi. "Tu, piccola, come ti chiami?"

Ricordo la paura e il mio tremolio.
Il padrone mi aveva appena tirato uno schiaffo perché non riuscivo a terminare il pasto completo. Dovevo prendere peso.

Ero un piccolo ed esile fantasma: la mia pelle era opaca e davvero chiara, i miei capelli erano mediamente lunghi e bianchi, i miei occhi neri come la pece. Al tempo non avevo ancora mangiato il mio frutto del mare.

Lei, invece, era così bella: aveva la pelle così rosea e profumata di fiori freschi, dei lunghi capelli castani ben curati e dei magnifici e profondissimi occhi di un color verde intenso che ricordava vagamente lo smeraldo.

Nonostante il suo gentile modo di porsi, venne ripresa con durezza dal padrone, il quale le intimò di piantarla con i convenevoli e di passare subito ad espormi le regole del complesso in cui avrei vissuto il resto della mia vita.

Avevo il viso arrossato dalle lacrime fuoriuscite a causa dello schiaffo ricevuto in precedenza, singhiozzavo e tremavo in balia della paura che scaturiva in me quell'uomo.

Il sorriso della donna però, assieme alla dolce carezza che mi diede, riuscì a tranquillizzarmi dopo qualche minuto.

Mi prese per mano e iniziammo a percorrere un lungo corridoio, allontanandoci di conseguenza dalla famigerata stanza del padrone.

"Vediamo..." la sentii parlare tra sé e sé mordendosi con fare pensieroso il labbro "per ora ti soprannominerò Scricciolo, almeno fino a quando non vorrai dirmi il tuo nome." terminò sorridendo e facendomi l'occhiolino.

Continuai a guardare davanti a me, ringraziando in silenzio quella sua dolce voce che cercava di ispirarmi calma.

Avrei tanto voluto dirle il mio nome allora... se solo me ne fossi ricordata in tempo, lo avresti usato più spesso, Hana.

Superammo differenti stanzini, ognuna occupata da due ragazze. Erano tutte molto belle ma i loro sguardi sembravano così inquietantemente vuoti. I loro volti erano sempre tutti rivolti verso il basso. Avrei presto capito il perché.

Mi accompagnò in una piccola stanzina. Nonostante il suo impegno nel tranquillizzarmi, sentivo il mio cuore battere ancora troppo forte nel petto.

Mi appartieni ||Trafalgar LawDove le storie prendono vita. Scoprilo ora