Sbronza triste

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Per il ferragosto alcolico delle libraie matte, ecco la sbronza triste di un personaggio inaspettato.

Chi è? Non vi resta che leggere

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"Ne prendo un altro, Albert!" la voce impastata dai due Campari e Prosecco già bevuti a stomaco vuoto.

"Non credo che ti faccia bene, non vorrei riportarti a casa a spalla, non sei mica così leggera!"

"Smettila di fare lo stronzo e prendimene un altro. Pago io tanto!"

"Come vuoi, sei tu quella che avrà i postumi domani. Io mi fermo qui, non mi va di vomitare anche l'anima!" Albert è sempre stato riflessivo e posato. Siamo amici fin da ragazzini, dal giorno in cui mi salvò da un sicuro annegamento. Quel giorno... oddio non mi ricordo bene le circostanze... Come l'ho conosciuto?

Forse ha ragione lui, dovrei finirla qua, ma i capelli scuri e il sorriso sghembo, di quello che fino a ieri consideravo il mio fidanzato, tornano prepotenti ad affacciarsi nella mia mente e allora tutti i buoni propositi vanno a farsi benedire.

"Voglio il mio Campari ora, subito!" Battei il bicchiere sul tavolo, la voce più alta di un'ottava, le parole un po' impastate, la lingua intorpidita dall'eccesso di alcol.

"Ok, come vuoi tu, io ti ho avvertita però!" Mi passò il terzo bicchiere, sul quale mi gettai rapidamente, sgranocchiando le patatine che lui mi mise premurosamente davanti. Devo ricordarmi che in questo locale gli stuzzichini sono sempre scarsi... devo ricordare che non devo bere a stomaco vuoto e soprattutto devo ricordare che bere per dimenticare non porta mai a nulla di buono. Chi voglio ingannare (a darla a bere ci sto già pensando), se sono qui, in questo bar, dove gli stuzzichini sono scarsi e la compagnia è riluttante a versarti il terzo Campari e Prosecco, avrò le mie buone ragioni.

"Quanto sei bravo ragazzo, Albert..." dissi, sorridendogli in modo sbilenco "mi dovevo innamorare di te invece di stare dietro a quello stronzo!" Appoggiai la mia testa sulla sua spalla, ormai faticavo un po' a tenerla su; lo sguardo ubriaco e languido a posarsi sulle sue labbra piene e sui capelli morbidi, biondi e un poco lunghi. Era bello, certo, ma non era lui.

Chiusi gli occhi per un momento, mentre le immagini della nostra recente separazione scorrevano rapide nella mia testa annebbiata.

Ero corsa via appena dopo la prima e teatro, avevo scoperto dal vociare degli spettatori qualcosa che lui si era ben guardato dal dirmi. Avevamo fatto l'amore la sera prima, avevamo condiviso una rinnovata intimità dopo una separazione durata troppo a lungo, eppure si era guardato bene dal raccontarmi ciò che la sua collega aveva fatto per lui. Cazzo, avevo dovuto scoprirlo dalla mia vicina di palchetto!

Quando pensava di dirmelo?

Pensava di dirmelo o mi avrebbe tenuta come amante di riserva?

"Stronzo, stronzo bugiardo!" Strepitai versando un po' di liquido rosso sul tavolino candido e sulle poche patatine.

"Ma ti vuoi calmare? Mi stai facendo vergognare!" La voce tranquilla di Albert mi riportò a più miti consigli. "Ora poggi quel bicchiere e mi racconti cosa diavolo è successo ieri sera. E bada, il fatto che tu sia sbronza non ti esimerà dall'essere sincera!" Lo sguardo del mio migliore amico era calmo, ma le sue parole ferme erano segno che la sua pazienza stava arrivando al punto di non ritorno.

"E' tutta colpa sua, Albert!" piagnucolai mangiucchiando un'oliva verde denocciolata. "Quello stronzo mi ha mentito, non mi ha detto di quell'altra!" Lo sguardo del mio amico si fece sorpreso, si conoscevano da anni e dubito che lo considerasse in grado di un simile gesto.

"Non ci credo! Tu non sei lucida... ora ti ordino un caffè!" Ecco, appunto.

"E va bene, l'ho lasciato io, ok!" Strepitai, sputacchiando olive e facendo ondeggiare pericolosamente la ciotola di patatine alla paprica "Ma proprio non potevo... non potevo rimanere, non potevo non lasciarlo a lei!" Una grossa lacrima scese dai miei occhi, bagnando il tavolino. "Oddio, ho la sbornia triste, non ci posso credere!"

"Cosa? Chi non potevi non lasciare a lei, lei chi?" Albert appariva confuso, forse anche lui aveva bevuto troppo.

"Lei gli ha salvato la vita, lui poteva morire, capisci Albert? Non potevo non andare via, lei lo ama e sarebbe morta per lui!" Vidi il mio amico grattarsi la testa bionda. "Come fai a non capire? Eppure è tutto così chiaro!"

Era chiaro, giusto?

"Sì, dai, è un copione già scritto, già visto in qualche fiction... o era un anime?" Boh, non ci sto capendo molto, mi sento un tantino confusa. Forse Albert ha ragione, probabilmente ho davvero bevuto troppo.

"Ora come ora, capisco soltanto che hai bisogno di tornare a casa e smaltire la sbornia! Dio, Annie e Patty mi uccideranno!" Alzò la mano e fece segno al cameriere di portare il conto e un caffè bello forte.

"Non lo voglio, Albert!" protestai, "ho solo bisogno di bere un altro Campari".

"Tu berrai il caffè senza fiatare. Non posso portarti in spalla fino a casa, ti ricordo che abiti al terzo piano senza ascensore!"

Uscimmo dal bar che era notte fonda, incespicai nei miei stessi passi, sostenuta dal braccio di Albert, mi fermai sulla prima aiuola e vomitai il contenuto dell'ultimo Campari.

Dio, che schifo.

"Mi sento uno schifo ed è tutta colpa sua!" Se non mi avesse inseguito lungo quelle scale, se non mi avesse abbracciata forte, se non avesse mischiato il suo pianto al mio, se non avesse detto di amarmi immensamente, tutto sarebbe stato più facile. Più facile lasciarlo; più facile rassegnarmi a una vita senza di lui; più facile considerarlo lo stronzo che non era mai stato. "Ci amiamo, Albert, ma non possiamo più stare insieme, perché lei lo tiene per le palle ricordandogli ogni giorno ciò che non potrà più essere; ciò cui ha rinunciato per salvare la sua vita".

Una lacrima scese lungo la mia guancia e poi un'altra e un'altra ancora fino a che mi ritrovai a piangere a dirotto sulla spalla del mio amico.

"E' solo colpa sua!" singhiozzai. "Se non ci amassimo tanto, se non fosse così meraviglioso, sarebbe più semplice dimenticarlo. Maledetto! E solo colpa tua, è colpa tua, Terence!"

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