Contro tutte le guerre, sperando nel domani.
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Il futuro. Non mi ero mai soffermato a pensare al mio futuro: ero troppo giovane o troppo squattrinato, per fare seriamente i conti con il domani.
Non avrei mai potuto permettermi una casa, né tanto meno una famiglia. Da dove venivo io, si viveva in strada, o se si era fortunati, in qualche topaia a poco prezzo; l'amore lo compravi, pagandolo pochi soldi, o ti vendevi al miglior offerente.
No, non avevo mai pensato di potermi permettere il lusso di pensare al mio futuro. Ora però... Ora che sentivo il freddo alito della morte soffiarmi dietro la nuca, il pensiero del domani si faceva strada spingendo con forza tra i miei pensieri.
Cosa ne sarà di me domani?
Potrò ancora vedere il colore del sole o le libellule librarsi nel cielo d'estate?
Potrò ancora correre sotto la pioggia, libero e senza costrizioni?
Riuscirò a tornare alla mia vita, a quella stupida, lurida, insulsa, bellissima vita che vivevo prima che tutto questo avesse inizio?
Domande cui non sapevo dare alcuna risposta; non conoscevo il mio futuro, probabilmente non avrei avuto un futuro, ma del resto, chi può dire di sapere cosa gli accadrà domani?
Certo in una vita normale, si può immaginare che domani, se mai ce ne sarà uno, le giornate scorreranno più o meno come oggi, monotone, ripetitive, con piccoli eventi a modificarne qualche dettaglio, ma non la struttura principale. In una vita come la mia, questo sogno è impossibile e Dio solo sa quanto vorrei quella monotonia ora. Ora, quando la mia vita è appesa a un filo e il futuro è incerto, forse inesistente.
Volevo l'avventura, mi dicevo, desideravo mettermi alla prova, ero fottutamente bravo in quello che facevo: una mira eccezionale; una forza e un'agilità invidiabili...
Tutti dicevano che quella sarebbe stata, per me, la scelta più appropriata; la scelta che mi avrebbe dato la possibilità di mettermi in luce; di andare via da questo buco di città che non poteva offrirmi altro che guai. Allora l'avevo fatto, avevo seguito il consiglio di chi diceva di amarmi e mi ero arruolato.
Avevo visto l'annuncio in televisione, una sera, non ricordo nemmeno io quando, e avevo deciso che sì, sarei entrato nell'esercito. Era una delle poche possibilità che avevano quelli, che come me, provenivano dagli strati più bassi della società: soldato o contrabbandiere; ragione o torto; giusto o sbagliato. Indossai l'impermeabile blu notte, che tenevo appeso all'attaccapanni vicino alla porta e uscii, incurante della pioggia che batteva, lieve come coriandoli sulla mia testa scoperta. Avevo deciso che sì, sarei stato dalla parte giusta della barricata, che non mi sarei fatto corrompere dal marciume che mi circondava e che vedevo ogni giorno attorno a me; avrei reso fiera la mia famiglia e magari avrei contribuito con il mio stipendio a salvarli da una povertà dilagante che li stava uccidendo, giorno dopo giorno.
Il centro di arruolamento non era poi tanto lontano, solo una decina di chilometri che percorsi a ritmo serrato, certo della mia decisione, sicuro che quello sarebbe stato il mio futuro, la mia vita.
Ora però, che la mia vita è a un passo dalla fine, che le mie ore sono contate, che avere un futuro è impossibile, rimpiango quella decisione presa di fretta, nell'entusiasmo dei miei vent'anni; ora, che la guerra che affronto è vera, che i nemici di fronte a me sono di carne, uomini, come me; non sono più certo di nulla, nemmeno se la parte della barricata nella quale combatto sia quella giusta.
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