𝗦𝗮𝗻 𝗦𝗶𝗿𝗼

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"Noi siamo ancora qui."

Mia madre mi scuote, metto in pausa la playlist e sfilo dalle orecchie i miei auricolari neri.
Non riesco mai a stare tranquilla quando ascolto musica, quando faccio qualsiasi cosa la riguardi.
Per colpa sua.

-Sempre con questa musica, è un'ora che ti chiamo.
Dobbiamo prendere le ultime cose, sali in macchina.-

Apro la portiera, dopo aver salutato mia nonna, mi siedo sul sedile posteriore e mi guardo nello specchietto.
Le occhiaie marcate descrivono alla perfezione il mio stato d'animo attuale.
Mi butto con la testa all'indietro sul sedile e penso a quanto la vita possa cambiare, stravolgersi da un momento all'altro per una cazzata.
Se si può chiamare così. Cazzata.
Un'altra volta. Mio fratello Anas è dentro un'altra volta.
E come sempre invece di affrontare i problemi scappiamo.
Credo che la forma di addio peggiore sia quella non detta.
Mia madre non mi ha nemmeno dato la possibilità di salutarli per un'ultima volta.
Sento la vibrazione del telefono dalla tasca della felpa che mi ha regalato Mattia al mio quindicesimo compleanno, quando era tutto perfetto, almeno all'apparenza.

VALERIO
Preparati piccola, non crederai ai tuoi occhi.

Fisso il messaggio per un tempo indeterminato cercando di dargli un senso logico.
Sento le lamentele di mia madre in lontananza, da quando ha messo piede a Milano non ha smesso nemmeno per un secondo di farmi la predica più pesante dei miei ultimi 17 anni.

-Sara mi stai ascoltando?
Sei uguale a tuo padre e a tuo fratello.
Siete marci dentro.
Ora te ne vieni a Torino con me e il mio compagno per sempre...-  si blocca per un istante -Che diavolo è?-

Frena di botto facendomi spaventare e finalmente capisco tutto. Il messaggio. Sono pazzi.
Esco correndo dalla macchina e sento le gambe cedere cominciando ad inciampare.
Sami mi afferra il gomito sostenendomi senza guardarmi.
I suoi occhi neri come quelli del resto dei ragazzi sono puntati su mia madre, che sotto shock è ancora dentro la macchina.
In pochi minuti il traffico della strada per entrare in Via Zamagna aumenta fino a far riempire di clacson tutta la zona.
Hanno bloccato la strada per impedirmi di arrivare a casa di mio padre.

-Forza ragazzi!- mi volto in direzione della voce di Aziz, la prima persona ad accennare parola.
Senza darmi il tempo di realizzare sono tutti seduti per terra bloccando definitivamente la strada.
Non so per quando tempo rimango così.
Abbastanza perché le lacrime cominciano a scendere.
Abbastanza da capire che questi ragazzi sono la mia famiglia.
Mi guardo intorno e noto Zaccaria che mi sorride con il suo ghigno di chi la sa lunga.
Inevitabilmente sorrido. C'è anche lui.
Questa è la felicità.
Mattia e gli altri si alzano e si avvicinano alla macchina di mia madre prendendo parola.

-Sua figlia Sara e Anas meritano molto di più di questa vita.
E noi siamo pronti. Siamo pronti a dargli il meglio.
Ma Sara deve restare qua, non deve pagarla anche lei.-  si ferma un secondo e prende uno striscione appendendolo a due pali della luce.

NON ABBIAMO PAURA DI MORIRE GIOVANI.
ABBIAMO PAURA DI MORIRE SENZA AVER FATTO NULLA DI SIGNIFICATIVO.

La frase che ho scritto per il video della canzone di Mattia.
Quest'ultimo mi rivolge un sorriso carico di speranza e di incoraggiamento.
Prendo parola.

-Mamma, questa è casa mia.
Questa è la mia famiglia e tu non mi impedirai di stargli vicino.-

Mi avvicino agli altri e mi siedo per terra davanti alle macchine.
Se vale la pena rischiare, io mi gioco tutto fino all'ultimo.
Restiamo lì fin quando arriva la polizia.
Mia madre scende dalla macchina e prima di andarsene ci rivolge uno sguardo indignato, senza parole.

-Se è questa la vita che vuoi fai pure.
Ma quando ti volteranno le spalle non venire da me.-

Mi avvicino.

-La famiglia non ti volta le spalle.
Non siamo perfetti come vorresti tu ma almeno siamo uniti.-

Le rivolgo un'ultima occhiata prima di scappare.
Scappare dalle sirene.
Scappare da questa vita.

-Ci vediamo davanti al Beccaria.-

Vado in macchina con Sami.
Mi prende per mano e non la lascia nemmeno per cambiare le marce. Come se fosse incollata alla sua.

-Grazie per essere la mia famiglia, non dovevate.-

Mi guarda scioccato ridendo.

-Scherzi? Non dovevamo? Senza di te saremmo persi.
E tuo fratello ha bisogno di te, specialmente in questo periodo.-

È un brutto periodo, non una brutta vita mi ripeto.
Ci guardiamo per due secondi e non abbiamo bisogno di parole in più.
Arriviamo davanti al carcere e i ragazzi mi prendono in braccio.

-Fagli sentire che ci sei Sara.-

Prendo più fiato possibile.

-Anas! Anas!- dopo vari tentativi mio fratello si affaccia in preda alle lacrime dietro le sbarre.

-Anas sono qui! Sarò sempre qui!-

E per una volta gli occhi di tutti non sono morti.
Sono affamati.
Affamati di successo, di gioia.
E io mi sento a casa.
In una zona di Milano massacrata di insulti, false voci, invidia.
Zona 7.

La famiglia è come i rami di un albero. Ognuno può prendere strade diverse, ma le radici saranno sempre le stesse.

One shot ; 𝘁-𝗿𝗮𝗽𝗽𝗲𝗿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora